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TRIESTE - È in una sorta di “terra di nessuno” che si muovono i cinque titoli selezionati alla 29esima edizione di Trieste Film Festival per concorrere al Premio Salani 2018. Opere indipendenti, difficilmente incasellabili per genere o formato e per questo affini allo spirito e all’idea di cinema del cineasta scomparso, scelte tra quelle realizzate nel 2017 e ancora in attesa di distribuzione: Country for Old Men di Pietro Jona e Stefano Cravero, Il cratere di Silvia Luzi e Luca Bellino, Karenina & I di Tommaso Mottola, Uno sguardo alla terra di Peter Marcias, L’uomo con la lanterna di Francesca Lixi. Ad accomunarle è un senso latente di incertezza che si traduce in spazi dai confini mobili, astratti o in personaggi in movimento, in affannosa ricerca, in viaggio, non sempre con una destinazione precisa.

Anche se forse una meta ce l’avevano i circa quindicimila cittadini americani emigrati in Ecuador, alcuni dei quali intercettati da Pietro Jona e Stefano Cravero durante la realizzazione di Country for Old Men. Uomini e donne di età avanzata che, nel tentativo di mantenere il proprio tenore di vita dopo il fallimento dell’American Dream, decidono di fare le valigie per emigrare all’estero. E provare a sognare ancora, a Cotacachi, in un villaggio situato tra due vulcani dove il costo della vita è molto più basso rispetto agli Stati Uniti e il sole splende tutto l’anno. La ricerca dell’Eden, tuttavia, è più faticosa del previsto. “Per noi che siamo cresciuti nutrendoci dei simboli e dei miti della cultura che lo aveva generato – affermano gli autori, che a Trieste hanno ottenuto una menzione speciale della giuria – raccontare le conseguenze della crisi del sogno americano attraverso una storia prettamente americana è parso il modo migliore per avvicinarci a un fenomeno divenuto ormai familiare anche nelle nostre vite di cittadini europei”.

Il sogno, però, non è un’esclusiva “made in Usa”. La chimera del riscatto, l’illusione o la speranza in una vita migliore, albergano ovunque. Anche in Italia, anche a Napoli, in una Napoli insolita, fotografata sotto una prospettiva inusuale. Nell’hinterland partenopeo, tra la città e il Vesuvio. In una terra di nessuno, appunto, che Silvia Luzi e Luca Bellino hanno battezzato Il cratere. È qui che Rosario Caroccia, padre pigmalione, ambulante nella zona fieristica della periferia di Napoli, coltiva l’ambizione di trasformare la figlia Sharon (che a febbraio vedremo in gara a Sanremo Young) in una diva del neomelodico. Il sogno però diventa ossessione e si scontra con il desiderio di libertà di una bambina ormai vicina a superare la linea d’ombra (l’adolescenza, in senso lato un’altra terra di mezzo).

In Karenina & I l’attrice norvegese Gørild Mauseth accetta la sfida impossibile di interpretare Anna Karenina in russo al Gorky Drama Theater di Vladivostok, nella patria di Lev Tolstoj. Con quest’obiettivo intraprende un lungo viaggio sulla Transiberiana, per imparare la lingua e scoprire le ragioni profonde che sottendono il romanzo, operando a tratti una sorta di transfert con il suo personaggio. Il viaggio, allora, non si limita a essere mero spostamento, ma diventa occasione di trasformazione e di crescita, di maturazione e conquista di una nuova consapevolezza. “Testimoniare il lavoro di Mauseth - racconta Mottola - ha significato per me esplorare i sentimenti primari di cui è fatto un essere umano. Abbiamo capito che Tolstoj scriveva di sé nella storia e che in essa sono celati molti dei suoi pensieri più reconditi. Uno dopo l’altro Gørild li ha trovati: un destino segnato dall’orfanotrofio, il bisogno d’amore, la necessità della fuga alla ricerca di un’identità, il treno come soluzione finale a tutti i dolori”.

A modo suo anche Uno sguardo alla Terra rappresenta un viaggio, un viaggio nella Sardegna di Fiorenzo Serra a partire dalla visione del film censurato nel 1965 L’ultimo pugno di terra, ma anche nella natura stessa del cinema, attraverso lo sguardo di alcuni tra i più affermati documentaristi italiani e internazionali. Le voci di Vincenzo Marra, Claire Simon, Wang Bing, Brillante Mendoza, José Luis Guerin e altri, si alternano e si interrogano sullo stato dell’arte del cinema documentario e sulla direzione del loro lavoro. “Un film Torre di Babele – lo definisce Marcias -. Un’opera faticosa e senza confini. Un progetto lungo senza una fine, un unico discorso lungo una vita. L’amore per il cinema e per lo sguardo verso la Terra e i popoli”. Ed è ancora un viaggio senza approdo certo il fulcro nevralgico de L’uomo con la lanterna di Francesca Lixi, vincitrice del Premio Salani di questa edizione. La fascinazione subita dall’autrice nei confronti dello zio Mario Garau, bancario vissuto tra gli anni '20 e i '60 e distaccato in Cina dal Credito Italiano tra il 1924 e il 1935, nel periodo delle Concessioni Internazionali, è la molla che scatena questo percorso di ricerca alla scoperta delle proprie origini e di una figura familiare dai tratti quasi mitologici. Tra cimeli esotici, fotografie, filmati d’epoca e coincidenze sbalorditive, riaffiora il passato di un uomo misterioso, testimone di un mondo rimosso e sconosciuto.

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