Antonio Albanese: “Un film sulle religioni? Rischio di essere gambizzato”

Prossimo argomento per il comico, protagonista di una divertente masterclass al Bif&st, le religioni: “Un argomento molto difficile, rischio di essere gambizzato"


BARI –  Prossimo argomento per Antonio Albanese, dopo l’immigrazione di Contromano, le religioni: “Un argomento molto difficile, rischio di essere gambizzato. Ho in mente un personaggio, che riassumo in una frase: ho una gran voglia di pregare ma non trovo la posizione giusta”. Il comico, siciliano di origine ma cresciuto a Lecco, l’ha annunciato durante la masterclass al Teatro Petruzzelli di Bari. Prima della sua lezione, la proiezione di Qualunquemente. Un film che spara a zero contro certo malcostume tipicamente italiano, per esempio il voto di scambio o le vane promesse elettorali (più pilo pe tutti). Ma Albanese avverte: “Non è satira politica. Tra l’altro io sto alla politica come Polifemo sta allo strabismo. La satira ride degli altri, io mi sento più umorista, cioè rido con gli altri. Il personaggio di Cetto La Qualunque è quindi puro umorismo, non ho mai pensato di fare il verso a Berlusconi né ad altri”, ha detto in apertura dell’incontro moderato da Marco Spagnoli al Bif&st, dove riceverà il Federico Fellini Platinum Award. “Qualunquemente – ha aggiunto il popolare attore/regista – fu invitato al Festival di Berlino, nella sezione Panorama, e durante la proiezione nessuno rideva. Pensai che con quel film una risata te la fai anche se hai una malattia grave… E invece niente. Alla fine, però, scoppiò un applauso fragoroso. Nel dibattito che seguì, uno spettatore tedesco si alzò e mi disse: Non ho mai visto nulla di più drammatico!”.

Il personaggio di Cetto La Qualunque è nato, come diversi altri, nel programma televisivo “Non c’è problema”. “L’abbiamo inventato scherzando con un amico di origini calabresi. Volevamo raccontare un Sud che non è mai cambiato. È un personaggio che ancora mi diverto a riprendere in teatro, come pure tutti gli altri, da Epifanio (che è stato il primo e quello cui sono più affezionato) ad Alex Drastico, da Perego al Sommelier e a Alain Tonné, questi caratteri crescono e si modificano con me, ad esempio il protagonista della mia nuova serie tv I topi, Sebastiano, è una evoluzione di Alex Drastico, ignorante come una bestia e senza l’ingenuità di quello”. I topi è una serie di sei puntate di 30′ che racconta di una famiglia di latitanti chiusi dentro un bunker e andrà in onda su Raitre in ottobre.

Quanto a Alain Tonné, chef dalle strampalate invenzioni gastronomiche, ha ispirato un libro uscito pochi mesi fa, “Lenticchie alla julienne”. “Alain Tonné è nato 15 anni fa, ben prima di Masterchef, che peraltro io non ho mai visto. Io in realtà amo molto la cucina ma certe cose le trovo incredibili. Pensate che avevo inventato una ricetta, il ‘brodo alla griglia’ e poi ho scoperto che esisteva veramente, è un brodo che viene congelato in certi recipienti che sembrano vasi etruschi e poi scongelato davanti al cliente con una specie di fiamma ossidrica. Ed esiste anche la ricetta di un’oliva che viene spremuta, diventa liquida e poi viene riportata alla sua forma originale. Questi chef sono persone sole e disperate, non hanno nessuno con cui parlare”.

Albanese ha tenuto banco al Petruzzelli facendo ridere il pubblico con gag fisiche e imitazioni dei dialetti italiani, dal calabrese al foggiano. “L’ho imparato crescendo accanto a una vicina che era originaria di Taranto. A me il pugliese mi ricorda il blues, quando lo parlo mi sento James Brown!”. Ma cosa fa ridere Antonio Albanese? “Vado a periodi. In questo momento mi fa ridere il mondo del web, leggo delle cose davvero ridicole, c’è una cattiveria spaventosa. E poi mi fanno ridere le cose elementari, come una caduta. Ma soprattutto mi fa ridere la spocchia di certa ‘intellighenzia’, il sapere elevato a postura. I veri intellettuali sono persone semplici, educate, come Giuseppe Pontiggia che ho avuto l’onore di conoscere. Invece l’intellettuale di sinistra teorizza su ogni cosa, anche una scoreggia, e poi cita Ovidio”. E cosa lo indigna? “L’egoismo, l’ignoranza, la stupidità, l’essere modaiolo, chi si compora furbescamente”.

L’attore, nei cinema con la sua nuova regia Contromano, ha parlato del suo amore per il teatro. “Mi piacerebbe fare Zio Vanja, ma penso che il teatro debba inventare qualcosa di nuovo, raccontare il paese, anche questo periodo che è uno dei periodi più volgari che abbiamo vissuto”. Sui suoi attori preferiti: “Sono sempre molto attento al lavoro dell’attore, più che al regista o alla messinscena. Amavo Philip Seymour Hoffman, in certi momenti mi è sembrato di vedere in lui il talento totale, assoluto. Ho provato un po’ di invidia per Corrado Guzzanti o il primo Paolo Villaggio, artisticamente sublime, era qualcosa di assolutamente nuovo per me”. E tra le donne ha citato Paola Cortellesi, partner ideale in scena.

E ancora: “Sono attore per caso ma il teatro mi piace da sempre, mio fratello maggiore mi ci portava spesso da piccolo, ho visto Dario Fo e tanti altri. Ma lo spettacolo che mi ha folgorato è stato Elementi di struttura di un sentimento di Gabriele Vacis, lì ho capito che sarei voluto salire su un palco. Così, insieme a un’amica, mi sono iscritto a un corso serale di recitazione e poi alla Scuola d’arte drammatica Paolo Grassi di Milano che stavo per lasciare al secondo anno per motivi economici, sono figlio di un operaio, ma sono rimasto perché il direttore mi ha minacciato”.

Poi ha parlato dei suoi incontri al cinema: “La prima volta è stato con Giuseppe Bertolucci che mi ha diretto in un video, Il congedo del viaggiatore cerimonioso, tratto dalle poesie di Giorgio Caproni. Poi sono arrivati Carlo Mazzacurati, Pupi Avati, Gianni Amelio, i fratelli Taviani, Giovanni Veronesi, Silvio Soldini, Francesca Archibugi… Mi è capitato di rifiutare diversi ruoli, anche importanti, solo perché durante il colloquio con il regista mi ero rotto le scatole, c’era antipatia. E quindi sapevo che mi avrebbero atteso due mesi e mezzo di noia e di fastidio sul set”.

Cristiana Paternò
24 Aprile 2018

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