Peggio per me: la voce dell’infanzia anni ’80

Arriva in sala una commedia esistenziale che riflette sull’importanza di non perdere mai la propria voce interiore


Roma, anni ‘80. Francesco e Carlo hanno dodici anni e sono amici per la pelle, giocano a creare audio remix di televendite televisive e film porno. Ridono ma la madre di Carlo, resasi conto di quello che sta succedendo, li sgrida e li separa per sempre. Trent’anni dopo Francesco è in piena crisi: la moglie lo ha mollato, la figlia lo vede come un perdente e ha anche perso il lavoro. Carlo, depresso da anni, vive barricato in casa con la madre che detesta. Sta per buttarsi giù da un ponte quando lo ferma la voce di un bambino, che come nella più tradizionale delle favole (e nel film di Susanna Nicchiarelli tratto dal romanzo di Walter Veltroni La scoperta dell’alba o in quello con Bruce Willis Faccia a faccia) si rivela essere quella del sé stesso di tanti anni prima.

Presentato in anteprima nazionale nel 2017 al Taormina Film Fest, Peggio per me è una commedia esistenziale che riflette sull’importanza di non perdere mai la propria voce interiore. Con un divertente gioco di rimandi tra passato e presente – sullo sfondo dei sempre mitici anni ’80 – Riccardo Camilli racconta parte di quella generazione cresciuta con il walkman e il Nintendo: i quarantenni di oggi, spesso squattrinati e senza valide opportunità all’orizzonte. Interpretato, tra gli altri, da Claudio Camilli, Tania Angelosanto e Angela Ciaburri il film vede la partecipazione straordinaria di Angelo Orlando e sarà al cinema da giovedì 12 luglio con Distribuzione indipendente. “Probabilmente ho un desiderio di paternità inespresso – si racconta il regista in conferenza stampa – mi piace lavorare coi bambini e mi sento un bambinone io stesso.

E’ dura alla mia età anche fare cinema, lavoro come montatore a Milano e probabilmente tornerò a fare quello dopo questo film, ho visto andare avanti tanti colleghi e riuscire a fare film con budget stratosferici ma ho capito in età tarda che non potevo mettermi a fare quel confronto, o si rischia il manicomio. Bisogna concentrarsi su sé stessi e fare sempre meglio di quello che si è fatto prima. Questo film l’ho fatto con 6mila euro, tutto da me, gli altri film li ho fatti tutti in maniera indipendente e questa è la mia opera prima. Ma non voglio usare giustificazioni: quando si arriva in sala il film è bello o è brutto, prende o non prende, al di là del budget. Non ho avuto molte altre occasioni, ho sentito dirmi di tutto, che non sono abbastanza cattivo, o competitivo, o che rischio di perdere la mia purezza se messo alla prova con budget più consistenti. Credo che un regista debba essere lasciato lavorare, se gli si mettono alle calcagna editor pagati apposta per stroncarlo è finita. Ad ogni modo sono soddisfattissimo del risultato, volevo raccontare con leggerezza la voce dell’infanzia e questo ha coinciso con la mia, che si è svolta negli anni ’80. Per chi è stato bambino in quegli anni era un’epoca spensierata, solo chi aveva venti o trent’anni ne ha visto gli aspetti più oscuri. Tutto è nato dalla scena del ponte, che ho sognato. Un sogno benedetto, su cui ho costruito tutta la pellicola”.

Qui il trailer:

Andrea Guglielmino
05 Giugno 2018

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