Cineaste russe, tra fiaba e realtà

Prosegue, alla Mostra di Pesaro, la ricerca sul cinema russo contemporaneo, quest'anno cinque registe offrono un panorama che va dal documentario alla finzione con molti spunti di riflessione


PESARO – Paesaggi unici, dalla forte spiritualità, fiabe e folclore, un rapporto intenso e ricco tra giovani e anziani, ma anche osservazione di una realtà dura e a tratti sconfortante, emarginazione e isolamento, assenza di figure maschili di riferimento. La Mostra di Pesaro continua a scandagliare la cinematografia della Federazione Russa con un nuovo capitolo della poliennale ricerca, una sorta di festival nel festival, curato da Pedro Armocida insieme all’esperta Giulia Marcucci.

Quest’anno si torna a dedicare la sezione agli sguardi femminili con le opere di cinque giovani registe tra finzione e documentario e Giulia Marcucci ne sintetizza le tendenze: “La realtà è predominante, a volte si tratta di film senza una sceneggiatura. Molto presente il tema della memoria e del rapporto tra le generazioni. Si parla tanto di spiritualità, anche di religione, che in epoca sovietica era stata messa da parte e oggi è tornata alla ribalta”. Irina Borisova, rappresentante del Centro dei festival cinematografici e programmi nazionali, si è detta felice di portare alla presenza degli spettatori italiani questa selezione: “Il pubblico di Pesaro si è sempre mostrato vivamente interessato al nostro lavoro, è un pubblico di specialisti che ha sempre voglia di discutere sia prima che dopo la visione dei film”.       

Tra i film La rete (Nevod) di Aleksandra Streljanaja, autrice di San Pietroburgo con una formazione anche come direttore della fotografia – qualità messa in risalto dallo smalto visivo del film che racconta il viaggio verso il Mar Bianco, nell’estremo Nord, di un giovane che sta cercando una ragazza fugacemente incontrata in città e si muove in compagnia di un vecchio. Visivamente il film sfrutta la vastità degli spazi e una luce nordica, dalle caratteristiche uniche. “E’ stato un film laboratorio costruito senza regole con un gruppo di attori e collaboratori con cui sto continuando a lavorare anche nel mio film successivo”, ha detto la cineasta, ora alle prese con una storia urbana ma con personaggi che vengono dall’estremo Nord.

Per Lidia Sejnina, psicologa, giornalista, ingegnere, sterratore durante spedizioni archeologiche organizzate dall’Ermitage, il cinema ha una funzione in primis terapeutica. “Credo che più che il processo creativo sia importante l’impatto sul pubblico, spero che dopo la visione le persone si sentano meglio”. Con Armonia racconta la storia vera di Nina Petrovna, una donna anziana, abituata a vivere sola, affezionata al silenzio, all’ordine e alla sua collezione di fotografie come pure agli oggetti della sua giovinezza, che deve ora ospitare sua nipote Nadia e quattro pronipoti che portano il caos nell’appartamento. “E’ un documentario tragicomico – spiega la regista – che prosegue il percorso del mio primo film, La mamma, che parlava della mia famiglia e di me stessa e che è stato ben accolto dagli spettatori. Ho messo a frutto gli studi fatti con Marina Razbezkina e Mikhail Ugarov alla scuola di documentario e teatro documentario”.

Lisa Kozlova, nata nel 1989 a Mosca, laureata in geografia, si è diplomata alla stessa scuola, che ha frequentato quasi per caso. “Il metodo che ho appreso lì, ci impone di rinunciare alla sceneggiatura. Scegliamo una persona, un eroe, e lo seguiamo per avvicinarci alla sua interiorità”. A Pesaro ha portato Nell’occhio del ciclone, che osserva la crescita e le peripezie di Natascia, una dodicenne che deve affrontare una calamità naturale. Svetlana Cernikova, laureata alla celebre scuola Vgik, vive a Mosca ma è originaria di Voronezh. Il suo cortometraggio Colera affronta in toni poetici il tema della memoria di una persona defunta, la moglie di un pescatore che ora vive da solo sulle coste deserte del lago Onega. E la regista ricorda una maestra del cinema, l’ucraina Kira Muratova, scomparsa il 6 giugno scorso. “La amavo per la stranezza dei suoi personaggi ma anche per la loro umanità e verità – dice – e mi piace sottolineare la sua nazionalità ucraina”. Infine Pagani di Lera Surkova, attrice e regista, si ispira all’opera teatrale di Anna Jablonskaja, e studia il conflitto generazionale tra un’anziana nonna molto devota e i membri più giovani della famiglia che non sembrano disposti a condividere la sua fede. Un’opera prima che ha ottenuto in patria molti premi. 

E se la forte presenza di autrici nel nuovo cinema russo fa ben sperare in termini di rinnovamento di sguardo, Lisa Kozlova sottolinea la difficoltà di girare documentari per la mancanza di fondi. “Ci sono pochi produttori in questo campo e viviamo molte restrizioni rispetto all’uso del linguaggio perché non sono ammesse espressioni oscene o volgari, che spesso però nel documentario contribuiscono proprio al valore della testimonianza e fanno parte del vissuto dei personaggi. Spesso i nostri film non vanno in tv, dove si mostra solo ciò che è positivo. Invece vengono marginalizzati”.

Cristiana Paternò
21 Giugno 2018

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