Guadagnino: il mio ‘Suspiria’, sulle orme di Fassbinder e Balthus

In sala dal 1° gennaio con Videa il Suspiria di Luca Guadagnino, ispirato al classico di Dario Argento ma molto lontano dal concetto di ‘remake’


VENEZIA – Sarà in sala dal 1° gennaio con Videa il Suspiria di Luca Guadagnino, ispirato al classico di Dario Argento ma molto lontano dal concetto di ‘remake’ con cui, per semplicità, è stato fin troppo spesso classificato. Trattasi di un omaggio, di una nuova storia, dove il regista reduce dall’Oscar per la miglior sceneggiatura a Chiamami col tuo nome, che questo progetto lo insegue da oltre dieci anni, inserisce istanze storiche e politiche, cambiando l’ambientazione – da Friburgo a Berlino – e il ruolo delle protagoniste. Molto lungo, molto elegante, tematicamente molto ricco e forse sovraccarico, il film non manca di stile, sorprese e scene suggestive, tra cui si segnalano le sequenze di ballo/sabba e alcuni exploit ‘gore’ che lasceranno soddisfatti gli amanti dell’horror. Anche se il concept ruota piuttosto attorno a un orrore psicologico che affonda le radici nel senso di colpa di chi è sopravvissuto a una guerra al posto di una persona cara, di chi ha dovuto rinnegare la propria madre per affermarsi e sopravvivere, portandone dietro inevitabilmente i segni.

Nel cast ci sono, oltre alla protagonista Dakota Jonhson, Tilda Swinton – che verosimilmente ricopre tre ruoli, di cui solo uno ufficialmente creditato, gli altri due sono quelli del professor Josef Klemperer, accreditato al a fantomatico Lutz Ebersdorf, l’altro quello di una orribile megera – Chloe Moretz e Mia Goth. Piacevole ritrovare in un ruolo piccolo ma significativo anche Jessica Harper, che fu Susie nel film originale.

“Volevo assolutamente che il film fosse ambientato nell’anno in cui usciva quello di Argento – spiega Guadagnino in conferenza – vale a dire il 1977. Nei film di Dario la cosmogonia si muove attorno alle città del ‘male’, quindi Torino, Friburgo e New York. Fa parte dell’immaginario argentiano e ci siamo voluti distanziare, ci piaceva Berlino, la Berlino divisa dal Muro, come luogo della storia dove macerano il concetto di colpa e quello di memoria. Il luogo di uno scontro generazionale”.

E la ricostruzione è in effetti ineccepibile, così come l’equilibrio, delicatissimo, nei rapporti tra donne nella comunità matriarcale della scuola di ballo dove la vicenda si svolge. Sono davvero streghe? Credono solo di esserlo? All’inizio il film evita una risposta, riservandosi di dipanare la questione più avanti nella trama. “E’ un territorio scivoloso – dice ancora il regista – perché rischio la banalità. Ma la storia è piena di ritratti di donna incredibili realizzati da uomini così come di sontuose cineaste donne che hanno rappresentato il maschile in maniera terminale”.

“Il cinema non ha genere – fa eco Swinton – in tutti i sensi. E’ uno stato libero, e allo stesso modo non è maschile né femminile. C’è da dire che ci sono molte registe donne che meriterebbero tanta rilevanza e invece non ce l’hanno. A gennaio abbiamo perso Kira Muratova, una grande regista moldava, ma la notizia non ha avuto nessun clamore”.

Guadagnino torna poi sull’ambientazione: “aggiunge tensione. L’autunno tedesco è stato per la Germania quello che per noi sono stati gli anni di piombo. Mi ha ispirato il film Germania in autunno, in particolare il corto di Fassbinder che ne faceva parte. E naturalmente trattandosi di un film dell’orrore parla anche dell’inconscio. Con il direttore della fotografia ci siamo ispirati molto alla pittura di Balthus e alle sue ‘cinquanta sfumature di marrone’, dice ammiccando a Dakota Johnson e al suo coinvolgimento nella saga di Cinquanta sfumature di grigio”.

Per la colonna sonora, con l’ingrato paragone dei leggendari Goblin sulle spalle, è stato scelto Thom Yorke, leader dei Radiohead. “Ho sempre usato musica di repertorio – racconta ancora il regista – tranne che per Melissa P. dove però il compositore mi era stato imposto, dunque con tutto il rispetto per lui posso dire che questa è la prima volta che collaboro con un musicista. Si dice che non bisognerebbe mai incontrare i propri miti ma ero io qui ad avere paura di deluderlo”.

Le attrici sono tutte entusiaste di aver lavorato con lui: “Ero una sua fan – dice Goth – mi ha molto emozionata lavorare con lui, sa dirigere le donne e tirare fuori il meglio di ciascuna, anche quando tu stessa non credi in quello che fai”. “Lo conoscevo – spiega Moretz – e volevo lavorare con lui, finché un giorno mi ha proposto il ruolo di Patricia e mi ha permesso di trasformarmi in qualcosa di speciale. Ho un aspetto diverso nel film, e anche un suono molto diverso, anche perché parlo un’altra lingua. Questo ti spinge a diventare migliore. E’ una storia molto lugubre e che mette i brividi. Volevo questo, un ruolo che mi facesse nuovamente sentire paura, non essere sicura di poterlo fare, spingermi oltre i miei limiti”.

“Quando mi ha chiamata – continua Harper – ho subito detto ‘sì’! Avevo già capito tutto. Solo dopo mi ha chiesto se potevo recitare in tedesco. Ho detto sì ancora, ma non avevo mai parlato una sola parola di tedesco, ma è così gentile e generoso che tutto è possibile, solo seguendo l’istinto. E’ un ruolo che ha a che fare con la perdita e la tensione, non poteva che essere così. So che Luca è rimasto impressionato dal primo Suspiria da bambino e da allora ha sempre pensato di fare qualcosa che spaventasse allo stesso modo. Nel frattempo sono cambiate tante cose, lui e Dario sono registi molto diversi, entrambi grandissimi. Sono contenta che dopo quarant’anni questa storia sia tornata a ossessionare anche me”.

“E’ un tipo di film che amo sia fare che guardare – ha detto Johnson – ho costantemente bisogno di emozioni forti, è questo che deve fare il grande schermo, farti provare qualcosa, in qualsiasi direzione.”

Possibilista su un sequel – e d’altro canto le ‘madri’, antiche e malvagie streghe, sono tre. Sospiriorum, Tenebrarum e Lacrimarum – Guadagnino chiude proprio su argomento ‘materno’: “E’ una frase consolatoria pensare che la madre sia sempre una santa. Un’autentica bugia. La madre peggiore è quella a cui viene rifiutata la possibilità di essere crudele come parte costitutiva della santità. E’ quella la ‘mater terribilis’”. Sviate invece le domande sui potenziali altri due ruoli di Swinton (“quali altri ruoli?”, dice) all’interno del film, e sul parere di Argento. “Se lo incontrate – invita Guadagnino – chiedetelo a lui”.

Andrea Guglielmino
01 Settembre 2018

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