Barbera: “Netflix è il futuro del cinema”

Il direttore Alberto Barbera e il presidente Paolo Baratta fanno un bilancio della Mostra e rispondono su alcuni temi chiave, da Netflix all'assenza di italiani tra i premiati


VENEZIA – Numeri in crescita per la 75esima Mostra, con 181.700 presenze nelle varie sale, comprese le minori (+11%), 81.000 biglietti venduti (+ 12%) e 8.000 accrediti (+ 25%). 10.309 i visitatori della sezione dedicata alla Virtual Reality, 27.000 quelli della mostra sulla storia del festival all’Hotel des Bains con 1.200 visite guidate. 6 mln di persone hanno visualizzato contenuti sui social generando 900mila interazioni.

Il presidente Paolo Baratta è soddisfatto e, con una certa dose di ironia, cita tre episodi che confermano il trend positivo: “Abbiamo superato lo stress test nella giornata in cui i fulmini hanno fatto saltare tutto il sistema elettrico ma il pubblico e le delegazioni hanno mantenuto la calma. Abbiamo superato l’esame severo degli abitanti del Lido, che ci hanno promosso. Poi ringrazio tutti per aver accolto l’invito a un embargo volontario, questo dimostra lo stile di una manifestazione davvero di classe”.

Alberto Barbera parte invece dai dati del Venice Production Bridge con 2.400 professionisti contro i 2.100 dello scorso anno. “C’è stata una crescita progressiva dal 2012 a oggi. Abbiamo riportato a Venezia compratori, venditori, sales agent che non venivano più. Questo è un risultato di straordinaria importanza perché una mostra d’arte cinematografica ha bisogno della presenza degli operatori commerciali”. Ed ecco l’opinione di Barbera su varie questioni. 

Il tema del giorno dopo, però, è quello della vittoria di Netflix. “Qualche polemica ci sarà, anzi c’è già stata, a partire da Cannes. Ma vorrei rispondere con le parole di David Cronenberg: ‘tutte queste polemiche di oggi sulle trasformazioni che il cinema sta subendo sono solo effetto di una nostalgia, è invece importante guardare avanti’. Bisogna confrontarsi con la nuova realtà, Netflix, Amazon, e gli altri soggetti che nasceranno. Netflix ha annunciato che per alcuni film è prevista una distribuzione anche commerciale: Roma, 22 July e The Ballad of Buster Scruggs usciranno anche in sala. Seguiranno altri film visto che la loro politica è investire nel cinema d’autore e nessun autore rinuncerà a questo supporto ma neanche alla sala. Tra l’altro pare che stiano trattando per acquistare una catena di sale negli Usa. Occorre dialogare e stabilire nuove regole, questo è il futuro del cinema”.

L’assenza di film italiani dalla rosa dei premiati: “I verdetti delle giurie non si discutono, sono frutto della mediazione dei punti di vista di nove persone che vengono da paesi diversi. C’è stata convergenza totale su alcuni titoli, su altri c’è stato un voto a maggioranza. Alcuni titoli italiani sono stati discussi, e comunque i nostri film hanno ottenuto riconoscimenti da parte della critica internazionale. Questo conta al di là dei singoli premi”.

La durata del festival. “Venezia ha un giorno in meno di Cannes, dieci in tutto. È una grande macchina da tutti i punti di vista, finanziario, organizzativo, gestionale, e dobbiamo ancora dire tanti no alle produzioni che vorrebbero essere al festival. Scendere sotto i dieci giorni significherebbe impoverire il festival”.

Concorso sempre più mainstream, mentre tocca a Orizzonti, il secondo concorso, dissodare altri terreni cinematografici e altre aree geografiche. “Roma non è The Shape of Water. È un film in bianco e nero, parlato in messicano, austero, senza il concorso sarebbe uscito in una piccola sala d’essai di alcune grandi città senza mai arrivare in provincia. È vero però che negli ultimi anni c’è stata un’apertura dei criteri con cui vengono selezionati i film, siamo meno rigidi che in passato, meno legati a un’idea di cinema d’autore che oggi coesiste con altri modelli. Ad esempio, ci siamo aperti ai film di genere. Una mostra deve avere anche il polso di un cinema che si sta disarticolando sempre più e si esprime attraverso una ricchezza di linguaggi crescente, segno per me di grande vivacità del cinema contemporaneo. Le giurie, specie nelle ultime due edizioni, hanno compreso il disegno che sta dietro a queste scelte di programmazione, non per piaggeria, ma riflettendo sulla ricchezza del cinema contemporaneo”.

Virtual Reality nella competizione ufficiale. “La VR non può entrare nella competizione perché non è prolungamento o il futuro del cinema ma è una nuova realtà espressiva, un nuovo medium ancora in fase sperimentale che sta cercando una propria identità. Quindi è stata una scelta vincente inaugurare un concorso a parte”.

Cristiana Paternò
09 Settembre 2018

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