Girl, adolescenza transgender

Girl, l'opera prima del belga Lukas Dhont, premiata quattro volte all'ultimo Festival di Cannes, è costruita sul corpo e attorno al corpo del giovane protagonista, lo straordinario Victor Polster


Il corpo può essere alleato o diventare un nemico, può trasformarsi sotto i colpi del bisturi e per una feroce disciplina autoimposta, fino a sanguinare e spezzarsi. Girl, l’opera prima di Lukas Dhont, vista in Un Certain Regard all’ultimo Festival di Cannes, premiata quattro volte (con la Caméra d’or al miglior esordio, con il premio all’attore, il sorprendente Victor Polster, oltre che con il Premio Fipresci della critica internazionale e con la Queer Palm), è costruita appunto sul corpo e attorno al corpo del giovane protagonista, una ragazza/ragazzo e sulla sua intensa, disperata ricerca di identità non come dato naturale e acquisito una volta per tutte, ma come prodotto della volontà e determinazione.

Il film, che uscirà in Italia con Teodora il 27 settembre, ha come protagonista Lara, un’adolescente bellissima e umbratile, piuttosto taciturna, che vuole diventare ballerina. Si è appena trasferita in una città fiamminga del Belgio col padre e il fratellino di 6 anni e si è iscritta a una prestigiosa scuola di balletto. Nel frattempo sta seguendo un programma medico per arrivare all’intervento che farà di lei una ragazza a tutti gli effetti. Lara – e questo è uno degli aspetti più convincenti e originali del film – non è avversata dalla famiglia o dalla società. Il padre single la sostiene in ogni modo nel suo non facile percorso, con grande empatia e rispetto. Gli insegnanti cercano di inserirla al meglio in un programma didattico che renda possibile al suo corpo, alto e muscoloso, la ferrea disciplina della danza classica e la ‘leggerezza’ del balletto sulle punte. I medici e lo psicologo la seguono passo passo quasi amorevolmente. Solo i più piccoli sembrano rappresentare una smagliatura nel quadro all’apparenza perfetto: il fratellino che talvolta ancora la chiama con il suo vecchio nome, Victor, suscitandone la rabbia; le compagne di scuola, adolescenti curiose del suo sesso, non maldisposte ma insensibili come a volte sanno essere i gruppi di coetanei.

Ma il conflitto che spinge avanti il film è in realtà tutto interno e interiore: un corpo a corpo tra Lara e il suo sesso, quel pene che viene occultato con i cerotti fino a escoriare la pelle, il seno che non cresce nonostante le dosi di ormoni femminili, la scoperta di una sessualità ancora incerta, come sempre accade a quest’età e ancora il guardarsi allo specchio e non riconoscersi. In tutto questo il 27enne Lukas Dhont – già apprezzato per i cortometraggi Corps perdu e L’infini – ha saputo focalizzare lo sguardo su Victor Polster, a cui certamente va ascritto gran parte del fascino e della potenza di Girl, con una macchina da presa innamorata del suo (s)oggetto e pronta a sedurre anche lo spettatore e la spettatrice.   

Ispirato a una storia vera, il film nasce dal “desiderio di raccontare la storia di un personaggio capace di sfidare una società in cui genere e sesso sono ancora inevitabilmente connessi, dal bisogno di dire qualcosa su come percepiamo il genere, sulla femminilità e la mascolinità. Ma soprattutto sulla lotta interiore di una giovane eroina che mette a rischio il proprio corpo per diventare la persona che vuole essere”. E il regista racconta: “Quando ero bambino mio padre voleva fare di me un boy scout. Ogni due settimane mi lasciava insieme a mio fratello a giocare nel fango con gli altri bambini e campeggiare. Ma tutti e due odiavamo andarci. Entrambi preferivamo recitare, cantare, ballare, a noi sembrava che fosse questo il modo per esprimere noi stessi con sincerità. Siamo rimasti disorientati quando, poco dopo, abbiamo scoperto che queste cose erano viste come femminili, per bambine. Alla fine ho smesso di farle perché non volevo che mi ridessero dietro”. 

Cristiana Paternò
13 Settembre 2018

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