La prima pietra di Ravello: “Un film di Natale 2.0 sulla mancata integrazione”

Al cinema dal 6 dicembre con Warner Bros, la commedia con Corrado Guzzanti è tutta ambientata in una scuola


ROMA – “Questo è un film di Natale 2.0, in cui tutti i personaggi danno e prendono schiaffi, senza sconti per nessuno. La cosa più difficile è stata proprio trovare la neutralità: in questa storia capisci tutti, a tutti dai torto ma anche ragione”. In sala dal 6 dicembre in oltre 200 copie con Warner Bros, La prima pietra, terzo film da regista di Rolando Ravello dopo Tutti contro tutti e Ti ricordi di me?, potrebbe anche intitolarsi “Scontro di civiltà per un sasso in una scuola multietnica” ed è una commedia tutta ambientata in un istituto scolastico dove sta per tenersi la recita di Natale. Mentre il preside (Corrado Guzzanti) è in fermento per l’imminente esibizione dei bambini, che vive come il suo grande momento di ribalta da “regista”, un alunno lancia un sasso su una finestra, spaccando il vetro e ferendo il bidello e sua moglie (Valerio Aprea e Iaia Forte).

Quasi come un Carnage comico giocato tra le quattro pareti della presidenza, La prima pietra vede esplodere il conflitto tra il preside, il bidello e la moglie, la maestra buddhista (Lucia Mascino) e la mamma e la nonna musulmane del bambino che ha scagliato il sasso (Kasia Smutniak e Serra Yilmaz), in un’escalation in cui si arriva addirittura a chiamare in causa il Mossad e i Fratelli Musulmani, per non parlare dell’Isef (come uno dei protagonisti chiama l’Isis).

“Questo film è la naturale evoluzione del mio esordio alla regia Tutti contro tutti, su cui Scola mi fece il complimento più bello: mi disse che lo aveva amato perché era un film politico – ha spiegato Ravello, che non ha dimenticato di ricordare affettuosamente Ennio Fantaschini – Ci si chiede chi ha tirato la prima pietra, ovvero chi innesca quotidianamente questo sistema, e la risposta è che non ci sono colpevoli… oppure sono tutti colpevoli. Insomma, non c’è nessuno che si salva. Il punto è che ci muoviamo su un terreno di paura, ma paura di che? Di chi? I bambini questi problemi non se li pongono, la politica dà esempi sbagliati con termini sbagliati, e noi dovremmo smettere di parlare di convivenza e iniziare a parlare di condivisione”.

Sostenuto dall’ottima recitazione di un cast di alto livello, La prima pietra cerca (e trova) il lato comico di quel confronto sfiancante (e quasi mai risolutivo) tra pregiudizi opposti che caratterizza i nostri tempi. Una progressione che raggiunge picchi esilaranti – come nella scena in cui Guzzanti “interpreta” il bue del presepe – tra fazioni nemiche che si arroccano sempre più ottusamente sulle loro posizioni.

“Il mio preside – commenta Guzzanti, che torna sul grande schermo a tre anni da A Bigger Splash di Guadagnino – è l’anima di una scuola multiculturale, è uno che vorrebbe far sì che tutti si rispettassero, ma la realtà è che dei bambini gli interessa poco. Alla fine i più piccoli sono solo il pretesto e le vittime di questa vicenda”. Il “musical” che ha organizzato come recita natalizia è infatti uno spettacolo che include tutte le religioni possibili, ma il cui protagonista è Sant’Agostino. “I mezzucci del preside sono il segno di una ricerca dell’integrazione molto superficiale: manca un lavoro culturale profondo che vada oltre i simboli religiosi”.

Prodotto da Domenico Procacci con Fandango con circa due milioni di euro, La prima pietra è tratto da un testo teatrale di Stefano Massini, già autore di 7 Minuti (diventato un film per la regia di Michele Placido) e di Lehman Trilogy, presto in scena al National Theatre di Londra per la regia di Sam Mendes.

Michela Greco
03 Dicembre 2018

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