Vanzina: racconto la Roma che Sorrentino non ha colto

“Sorrentino ha fatto un film potentissimo da un punto di vista visivo, ma non ha fotografato l’essenza di Roma. Voleva fare qualcosa di molto più ambizioso, un film sul tempo"


MILANO – Al Noir in Festival per presentare il suo ultimo romanzo edito da Mondadori, La sera a Roma, Enrico Vanzina racconta di quanto di autobiografico ci sia nella storia di uno sceneggiatore di successo, Federico, che fa anche il giornalista e si trova suo malgrado coinvolto in un giallo in cui l’omicidio di un aspirante attore si intreccia con un’intricata trama di segreti, relazioni clandestine, innamoramenti mai confessati e tradimenti. “Nel corso della mia vita ho scritto tante cose, ma non trovavo il passo del romanzo. Quando ho iniziato a scrivere il libro volevo fare un giallo che fosse  al tempo stesso divertente, e ho capito che per riuscirci dovevo essere io il protagonista, così mi sono completamente messo in scena. Ho scelto, inoltre, di citare alcuni personaggi utilizzando il loro vero nome e cognome, come Mimmo Calopresti o Carlo Lizzani, perché volevo che il lettore pensasse che è tutto vero, dal momento che il tema del romanzo è anche il rapporto tra finzione e realtà”.

Nel libro si sovrappongono di continuo il piano di ciò che il protagonista vede, con quello che sta accadendo e ciò che potrebbe accadere, in un gioco caleidoscopico di specchi che va avanti per tutto il romanzo, mentre sullo sfondo si agita una Roma elegante e decadente, differente da quella raccontata da Paolo Sorrentino ne La grande bellezza, che viene citata nel libro come un racconto non riuscito sulla città: “Sorrentino ha fatto un film potentissimo da un punto di vista visivo, ma non ha fotografato l’essenza di Roma. Voleva fare un’opera molto più ambiziosa, una sorta di Recherche di Proust, un film sul tempo e sul confronto continuo di alcune persone con esso, qualcosa di molto diverso da La dolce vita di Fellini cui il film è stato più volte paragonato. Fellini aveva Flaiano accanto che conosceva bene Roma e gliel’ha trasmessa, permettendogli di trasformarla poi in qualcosa di misterioso in cui, da romano, mi riconosco. Nel film di Sorrentino, invece, quella che vediamo sulle terrazze non è Roma, è qualcosa di profondamente diverso”. Perché la Capitale, per Vanzina, è piuttosto la città complessa che viene fuori dalle battute di chiusura del suo libro: “A Roma è così. Il brutto viene macerato dal bello. Da secoli e secoli. E si finisce per confondere finzione e realtà. Quasi per dispetto”. 

Riguardo ai progetti futuri lo scrittore e regista sottolinea  che, pur amando molto il western, gli piacerebbe a questo punto fare un film noir, “uno dei generi di cui io e mio fratello abbiamo più goduto. L’immaginario della letteratura noir, in fondo, ha contaminato tutto il grande Cinema, che è in buona parte soprattutto noir”. 

Carmen Diotaiuti
03 Dicembre 2018

Noir in Festival 2018

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