Sordi segreto, da Mussolini a Sancho Panza

La rivista “bianco e nero” dedica un numero monografico ad Alberto Sordi


“bianco e nero”, lo storico quadrimestrale del Centro Sperimentale di Cinematografia, dedica la sua edizione n.592 ad Alberto Sordi, intitolando la rivista Sordi segreto. Dall’editoriale a cura del direttore della rivista, e presidente del CSC, Felice Laudadio, passando per l’introduzione di Walter Veltroni – presidente onorario Fondazione Museo Alberto Sordi – il volume monografico curato da Alberto Anile conta 182 pagine tutte dedicate all’attore, con molte, moltissime preziose chicche, dal ricordo di Francis Ford Coppola che lo ebbe ospite a cena a casa sua, passando per Setareh Sinema, la rivista persiana di cinema che nel 1960 gli dedica addirittura lo spazio del “personaggio della settimana”.

“Il numero si basa sull’immenso giacimento del Fondo Sordi, 20mila pezzi differenti: film, sceneggiature, materiali stampa, che sono stati analizzati dal personale del CSC, che ha creato una prima base di ricognizione su cui ha lavorato Alberto Anile”, ha così introdotto Felice Laudadio, nella presentazione fatta ieri sera, 28 gennaio, presso la Casa del Cinema di Roma. “Il numero conta pezzi pregevoli e Sordi segreto significa ad esempio un numero di sceneggiature mai realizzate, che sarebbero state delle sorprese: lui avrebbe voluto fare Mussolini o Sancho Panza con Gassman nella parte di Don Chisciotte”, ha continuato il direttore. “Sordi segreto si riferisce anche al tanto lavoro di scrittura fatto con Rodolfo Sonego, anche per un film dedicato al Brasile, di cui esistono 109 minuti di un autore/operatore anonimo con cui Sordi ha realizzato riprese nei luoghi, come un atto antropologico preparatorio al film”, ha continuato Laudadio.  

Oltre al materiale inedito e all’analisi critica, Alberto Sordi, in questa serata a lui dedicata, ha contato anche sul racconto di un amico, Carlo Verdone, che escludendo più prevedibili aneddoti ironici e comici, ha generosamente raccontato un episodio familiare molto intimo e delicato, che ha permesso di conoscere un altro aspetto “segreto” di Alberto Sordi. “Ho avuto 15/16 anni di tempo in cui l’ho potuto frequentare, siamo stati molto molto amici: sempre lo stesso ristorante, Apuleius, sempre lo stesso tavolo, sempre lo stesso piatto. Era molto monotono. Amava stare con pochi: Scola, Sonego, Piccioni. In casa era una persona completamente diversa da come il pubblico lo poteva immaginare: era un monaco, la casa era austera, come anche la luce, per le serrande abbassate, ‘perché la luce dà fastidio ai quadri, me li rovina’ diceva Alberto”, così lo presenta Verdone, che poi entra nel vivo di un amarcord personalissimo: “Lo voglio ricordare nell’84, quando mia madre da 4 anni stava male, per una malattia neurologica: una sera, lei, che non capiva più niente, ebbe un attimo di lucidità, e disse le sarebbe piaciuto salutare Sordi. Avrei fatto di tutto per lei, anche se era molto impressionante, pesava 39 chili, ma ci provai… lo dissi ad Alberto, premettendo che se m’avesse detto di no ero il primo a capire, e invece mi disse: ‘Carlé, qual è il problema? Vengo’. Alle 20.30 è arrivato, in camera da pranzo s’è chinato, l’ha baciata, gli son venute le lacrime perché non la immaginava in quello stato, ed è rimasto ben 20 minuti”. Quel gesto, a casa, noi lo ricorderemo per sempre con grande grande affetto: nessuna amica di mia madre veniva più, per non vederla in quello stato. Voglio ricordare l’umanità di un grande attore, uomo, amico. Lo ricorderò sempre come una persona che mi ha voluto molto bene, come io a lui. Quando uscì In viaggio con papà fece una proiezione alla Fono Roma: con mio grande stupore non aveva tagliato niente… di quello che avevo fatto io, ma s’era tagliato lui. Lì ho capito la generosità dell’uomo, che faceva il tifo per un giovane attore dell’82, che ero io. Non morirà mai, perché è una maschera, e come tutte le maschere non può morire; no, non sono il suo erede, non si può essere l’erede di una maschera”, ha concluso Carlo Verdone.

Il Sordi segreto s’è profilato in questo racconto di svelamento che la presentazione ha concesso, come anche nella parole del curatore, Alberto Anile: “Il titolo è stato scelto perché di Sordi s’è detto e scritto tantissimo e la scommessa era di parlarne in modo differente. Ho chiesto a personaggi anche non immediatamente a lui collegati di dare un ricordo, per l’importanza di parlare di Sordi al di là dei luoghi comuni. È da riscoprire, anche nella Roma/Italia di oggi, pensando al suo cinema morale, che cercava di andare oltre l’apparenza”.

Ha fatto eco alle parole del curatore Walter Veltroni, nelle doppie vesti istituzionali di presidente onorario della Fondazione dedicata all’attore e di amico: “Dobbiamo salvare uno dei grandi ‘pezzi’ del Novecento. Sulle piattaforme non si trovano i suoi film, la tv non li programma: è sparito. Eppure è stato L’attore italiano. Va ricostruita la memoria: chi non conosce Sordi ha perso molto della vita. Sordi è sempre attuale, era un dadaista, sovvertiva i linguaggi: sembrava un pazzo ed era un genio. Sordi ha inventato quasi una lingua: il romano moderno, l’ha inventato nei tempi. Lui è energia pura, è iconoclasta, è cambiamento del linguaggio, per questo è un grande attore, anche tragico, è anche quello di Un borghese piccolo piccolo”, ha detto l’ex sindaco capitolino.

Nell’imminenza del centenario dalla nascita di Sordi, 15 giugno 1920, Felice Laudadio, con riferimento al progetto editoriale del CSC, ha precisato che: “c’è una quantità di materiale che volendo permetterebbe di realizzare ancora un paio di volumi di ‘bianco e nero’ a lui dedicati”. 

Nicole Bianchi
29 Gennaio 2019

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