Una storia di accoglienza e rinascita nell’Italia liberata

La casa dei bambini di Francesca Muci restituisce la memoria della comunità di Selvino dove trovarono ospitalità, nel dopoguerra, 800 bambini ebrei orfani dei genitori sterminati nei lager nazisti


La casa dei bambini racconta una storia importante e poco conosciuta, è un film che si discosta dalla produzione con al centro la Shoah perché descrive una storia di vita, di salvezza pur nel dolore – dice Roberto Cicutto, presidente e AD di Luce Cinecittà all’anteprima del documentario di Francesca Muci al cinema Barberini di Roma, in una sala affollata, presenti i rappresentanti della comunità ebraica e personalità della cultura e del cinema come Corrado Augias, Gianni Romoli, Tilde Corsi, Lucia Poli, Marina Piperno. “Anche questo, come tutti i documentari ai quali partecipiamo, rappresenta per me un figlio. E utilizzare, come avviene in questo film, i preziosi materiali del nostro Archivio Luce rendendoli parte della storia narrata fa diventare la memoria parte della nostra vita quotidiana”, aggiunge Cicutto.

Memoria restituita e trasferita alle giovani generazioni per voce, nel film distribuito da Luce Cinecittà, degli anziani ebrei che all’epoca erano bambini e adolescenti rimasti orfani a causa dei campi di sterminio dove le loro famiglie hanno trovato una terribile fine. Ne arrivano circa 800, dall’estate ’45 fino a quella del ’48, trovando ospitalità nella colonia di Selvino, un paese a 30 chilometri da Bergamo, costruita nel 1933 per i giovani fascisti, i balilla milanesi, e attrezzata di palestra, piscina, sala cinematografica, parco. La struttura è messa a disposizione dalle autorità politiche e militari dell’Italia liberata d’accordo con i responsabili della comunità ebraica milanese.

Ad accoglierli Moshe Zeiri, un soldato 30enne di origini polacche e appartenente a una compagnia inglese, che si occupa, insieme a Matilde Cassin ed Eugenia Cohen, dell’educazione, delle attività di studio, culturali, sociali di questa giovane comunità. L’obiettivo è quello di restituire a queste esistenze ferite dal dolore e dalla perdita innanzitutto affetto e protezione, oltre a condizioni di vita accettabili. Fondamentale diviene infondere loro fiducia e speranza, ricreare un futuro possibile, imparando anche un mestiere e la lingua ebraica. La tappa finale di questa rinascita in una comunità dove i compiti sono equamente distribuiti – prologo di una futura esperienza in un kibbutz – è il trasferimento nel neonato Stato di Israele verso il quale i giovani abitanti della colonia di Selvino nell’estate del ’48 partiranno. Sono infatti 23mila i giovani ebrei che salperanno, clandestinamente e non, dai porti italiani verso la Terra Promessa.

La casa dei bambini ricostruisce attraverso le testimonianze lucide e commoventi degli anziani, un tempo ospiti della comunità bergamasca, quell’indimenticabile periodo della loro esistenza che aveva al centro Moshe Zeiri. “Lui era il direttore, la guida, il comandante, il padre. Era il nostro istruttore, sapeva suonare, cantare narrare storie”, dicono tutti i testimoni. La struttura che li ha ospitati allora è da tempo abbandonata, ma finalmente con un decreto del MiBAC è stata posta sotto tutela e diverrà prossimamente un luogo dedicato alla memoria di quegli eventi.

Il film, racconto appunto di memoria e di viaggio, di Storia e di vita presente, si snoda su due linee temporali parallele e, nello stesso tempo, capaci di incontrarsi. Due territori che si uniscono, l’Italia con la moderna Tel Aviv, un moderno kibbutz accanto ai ricordi della colonia italiana. Per l’autrice del film “si tratta di una vicenda passata che deve continuare a vivere, una storia del cuore e di accoglienza più che mai attuale con al centro l’infanzia”. E un ringraziamento particolare va al giornalista Piero Marrazzo, inviato RAI in Israele, “che – come sottolinea Gady Castel – ha raccolto la mia proposta di questa storia e subito si è impegnato nella sua realizzazione. Io vengo dall’altra parte del sipario, avevo in testa da più di 40 anni questa vicenda, che mi aveva raccontato Moshe Zeiri in persona, il tenente direttore della colonia di Selvino. Ho capito che andava narrata da coloro che erano ancora in vita, anche perché durante la lavorazione del film ben 5 testimoni sono morti. Non se ne è andato per fortuna ed è qui tra noi stasera Sidney Zoltak, che ha affrontato, nonostante l’età, un viaggio dal Canada”. E Zoltak dice di aver deciso, appena contattato, di partire subito con un volo , “ogni volta che vengo in Italia mi sento a casa, con affetto e rispetto non dimentico gli abitanti”.

In chiusura Francesco Gesualdi, che ha prodotto La casa dei bambini per Camelot 2014, ringrazia per la collaborazione e il sostegno Rai Cinema. Magda Film, Roma Lazio Film Commission, MiBAC, Luce Cinecittà e soprattutto la regista Francesca Muci, “artefice di questa bellissima avventura la cui idea è partita da Gady Castel”.

Stefano Stefanutto Rosa
05 Febbraio 2019

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