Vivienne Westwood, icona multiforme

La regista Lorna Tucker esordisce nel lungometraggio con un documentario su e con Vivienne Westwood: dalla famiglia d’origine troppo povera, al sovvertimento del concetto di rapporto d’amore


“Preferisco parlare a ruota libera perché se mi interrompi…”: queste le primissime parole di Vivienne Westwood, 77 anni, protagonista del documentario WESTWOOD: PUNK, ICONA, ATTIVISTA.

Nella sua casa-studio, dove anche la stanza da letto ha le pareti arredate con decine di piccoli fogli su cui sono schizzati bozzetti e idee creative, Vivienne Westwood riflette sulle cose della (propria) vita: “a volte mi chiedono se mai mi ritirerò. La gente va in pensione e fa quello che vuole, io già faccio quello che voglio”, precisa lei, dando così un ennesimo puntuale tratto della sua personalità.

WESTWOOD: PUNK, ICONA, ATTIVISTA mostra tutt’altro che una vecchietta al tramonto: memoria di ferro, rispetto assoluto per la propria creatività, nessun pelo sulla lingua, questa è la Vivienne Westwood che subito “si presenta”, in particolare in una sequenza tratta dal dietro le quinte della preparazione della settimana della moda londinese. La personalità di Vivienne Westwood non è, e non è mai stata, solo quella di una creativa prestata al mondo del fashion ma, come racconta il titolo stesso, la sua biografia la riconosce anche come attivista, profilo di cui la stilista stessa rivela l’origine: è stata la scoperta della storia di Gesù Cristo, non di quel Gesù bambino edulcorato che le raccontavano i suoi genitori, ingannandola, ma di una vicenda ben più complessa e drammatica, ad essere una rivelazione: “Mi sono detta, non posso fidarmi della gente, queste cose non devono accadere, devo trovare da sola la mia strada. Sentivo di dover diventare un cavaliere, per impedire alle persone di farsi del male. E penso abbia a che fare con lo stile dei miei abiti … bisogna prepararsi ad agire ed impegnarsi”, un passaggio che visivamente concerta dettagli pittorici di carattere religioso, in mezzo a ritagli di tessuto e modelle al trucco, a ben rendere la vita circolare e multiforme della Westwood.

Fu consigliata dal suo insegnante di educazione artistica, a nemmeno 17 anni, a frequentare l’accademia d’arte, dove  rimase: “solo un semestre, perché la mia famiglia era troppo povera … allora mi sono iscritta al corso per insegnanti scegliendo arte come materia principale e tentando di diventare un’artista. Alla peggio sarei diventata un’insegnante”, ricorda. Cresciuta dapprima con l’idea della monogamia, di cercare l’uomo giusto per la vita, Westwood dice: “Ho capito che erano tutte stronzate”. Sposata a 21 anni, l’anno successivo ha avuto il figlio Ben, che anche lui nel film racconta la Westwood madre, come lo è anche di un secondo bambino, Joe, figlio di Malcom McLaren, colui con cui ha iniziato a creare vestiti, che vendeva allo store “Let It Rock”, un nome destinato a cambiare spesso, cambiamento che dettava anche quello dello stile, in perpetuo divenire. “E’ come cambiare collezione ogni volta … Malcom decise che avremmo sfidato il sistema usando il sesso”, racconta lei.

Questo racconto è diretto da Lorna Tucker, che esordisce qui nel lungometraggio, ed è costruito sull’intervista centrale con Vivienne Westwood che, nel rispetto della sua anima impetuosa, anche nel video spesso non nasconde di spazientirsi nel ricordare, addirittura suggerendo espressamente di recuperare le informazioni da materiali d’archivio, perché, tra le altre cose, non vuole parlare dei Sex Pistols: “non mi va, non so dove andremo a parare”. È anche tramite la modalità di “collaborazione” all’intervista che Vivienne Westwood si racconta: guardiamo un documentario non solo celebrativo e biografico, ma in qualche modo immersivo da parte della protagonista, che dentro il progetto audiovisivo non si limita a narrare ma anzi “interpreta se stessa”, non in maniera artificiale, semmai molto, molto naturale. “Durante questi tre anni in cui abbiamo girato il film – a partire dal 2013, siamo riusciti a riprendere diversi aspetti della vita di Vivienne: abbiamo trascorso del tempo con lei al Circolo Polare Artico per la missione di sensibilizzazione di Greenpeace verso i pericoli del cambiamento climatico, negli stessi mesi ci siamo immersi in rotoli di tessuto osservando come una collezione prende forma dall’inizio alla fine … Vivienne non è solo un’artista, una fashion designer e un’attivista, ma anche il simbolo di un brand mondiale e una potente donna di successo”, la definisce la regista. Vivienne Westwood è una che il giorno dell’apertura del suo nuovo punto vendita a Manhattan ha scelto di fare un sit-in contro il riscaldamento globale, perché è una stilista e un’attivista, una che ha altre passioni oltre ai vestiti.

WESTWOOD: PUNK, ICONA, ATTIVISTA esce in sala il 20 febbraio, con Wanted Cinema e Feltrinelli Real Cinema.

Nicole Bianchi
08 Febbraio 2019

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