Dio esiste ed è donna (in Macedonia)

Un'attrice esordiente, Zorica Nusheva, lascia il segno in God Exists, her Name is Petrunya, curioso film macedone molto applaudito nel concorso di Berlino


BERLINO – Un’attrice esordiente, Zorica Nusheva, lascia il segno in God Exists, her Name is Petrunya, curioso film macedone molto applaudito nel concorso di Berlino. Diretto da Teona Strugar Mitevska – che lavora insieme a fratelli e sorelle impegnati con lei in vari ruoli produttivi e creativi – è la storia di Petrunya, che deve il nome a una santa romana, Petronilla: ormai 32enne, laureata in Storia, la giovane donna dalla scarsa autostima vive ancora con i genitori (la madre invadente dispensa consigli non richiesti) e cerca invano un lavoro. Un giorno, dopo l’ennesimo colloquio andato male (“non sei buona neanche per andarci a letto, sei troppo brutta”, le dice il boss maschilista e viscido), la ragazza, un po’ sovrappeso e poco disposta a uniformarsi ai cliché, si imbatte in una processione religiosa: un pope getta un crocifisso nell’acqua gelida del torrente e gli abitanti del villaggio si tuffano per recuperarlo. Ma è proprio la goffa Petrunya a ripescare l’oggetto sacro, suscitando l’indignazione di tutti perché a una donna non è concesso. Così finisce al commissariato dove viene trattenuta, pur senza aver commesso alcun reato, mentre una anchor woman di Skopjie (Labina Mitevska) decide di cavalcare il caso mediatico (qui il film diventa un po’ di maniera, specie nei battibecchi tra la giornalista e il riottoso cameraman).

Teona Mitevska, già a Berlino con When the Day Had no Name, costruisce un’azzeccata satira balcanica dal gusto femminista che a partire dalla società macedone tocca aspetti più generali, perché la mentalità patriarcale non è retaggio solo di un piccolo villaggio isolato. La regista racconta di essersi ispirata a una storia vera: “E’ tradizione dell’Epifania ortodossa raccogliere una croce gettata nell’acqua, si dice che porti fortuna e prosperità. Nel 2014 è stata una donna a recuperarla, non una femminista militante ma una donna normalissima animata però da un forte senso della giustizia, essendo stata più brava dei maschi, non voleva restituire la croce nonostante le pressioni e ne è nato un caso. Secondo me in quell’episodio si è manifestato lo Zeitgeist dei nostri tempi e così ho deciso di scrivere una sceneggiatura su questo fatto”.

Mitevska si è detta interessata anche al modo di trattare il caso sui media: “Non c’è stato alcun dibattito sugli aspetti di discriminazione di genere e questo mi ha scandalizzato e fatto riflettere. Il mondo è costruito su standard patriarcali e le donne sono definite dagli uomini. Credo che noi donne abbiamo una comprensione più profonda dell’ingiustizia e dell’eguaglianza. Fin da piccole siamo costrette a giustificare la nostra esistenza, i nostri desideri e il nostro ruolo”.

A proposito della scelta di una protagonista esordiente, la regista dichiara: “Stavo cercando una donna che avesse questa forza interiore, una forza silenziosa che smuove le montagne. E Zorica ha questa energia, indipendentemente dalla sua esperienza”. Interviene l’attrice per spiegare come “ogni donna possa ritrovare se stessa in Petrunya, in un mondo marcato dal potete degli uomini. Ho molti punti in comune con il personaggio, anch’io sono cresciuta in un villaggio e so che gli stereotipi esistono e che contano molto”.

Il film, che è una coproduzione tra Macedonia, Belgio, Francia, Slovenia e Croazia, lancia un affondo anche sui temi religiosi e sulla discriminazione che le donne vivono in molte tradizioni di fede. “Chi dice che Dio sia maschio?”, sintetizza la regista, che nel film mette in scena in forma di commedia, ma con qualche spunto sentimentale come nel rapporto tra Petrunya e un giovane poliziotto, la ribellione dell’individuo donna contro istituzioni come la Chiesa e lo Stato.

Cristiana Paternò
10 Febbraio 2019

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