Dick Cheney, alle origini di Trump

Christian Bale e il regista Adam McKay sono a Berlino per presentare Vice L'uomo nell'ombra, che passa fuori concorso


BERLINO – “Se i premi aiutano a far parlare di questo film, ben vengano gli Oscar”, così Christian Bale incontrando la stampa a Berlino, dove Vice L’uomo nell’ombra (leggi il nostro articolo) viene presentato fuori concorso. Il film di Adam McKay (candidato a ben otto statuette) mostra in azione e dietro le quinte una coppia diabolica che ha in qualche modo cambiato i destini degli Stati Uniti e del mondo: Dick Cheney e la moglie Lynne, colei che mette in riga quel ragazzone del Wyoming più attratto dalla bottiglia che dal potere trasformandolo in uno degli uomini più influenti del mondo. Neanche i numerosi infarti (il primo a 37 anni) fermeranno il vice di George W. Bush, ruolo tradizionalmente insignificante che si rivela un asso nella manica perché il vicepresidente non è soggetto né al controllo della Camera né a quello del potere giudiziario: di qui le basi per un teorema che smantella garanzie democratiche dopo l’11 settembre.

“Dick Cheney ha portato l’America e il mondo alle conseguenze che ora stiamo vivendo, Trump è il risultato di quanto è accaduto negli ultimi 50 anni”, spiega McKay in conferenza stampa. Regista e interprete si fanno attendere parecchio dai giornalisti, ma poi si concedono alle domande, tutte politiche. E Bale non si lascia sfuggire una battuta: “Se dovessi interpretare Trump, mi ispirerei alla serie dei libri sui Dummies”. Ma aggiunge: “Cheney, che è uno dei personaggi più terribili che abbia mai fatto, è diverso da Trump: il primo lavorava nel silenzio e nell’ombra, l’attuale presidente nella sovraesposizione”.

Vice – L’uomo nell’ombra – che prosegue e rinnova la straordinaria tradizione del cinema civile americano – abbraccia circa cinquant’anni di vita pubblica negli States, dall’amministrazione Nixon al presente: in questo lasso di tempo Christian Bale (come pure la sua partner Amy Adams) si trasforma, invecchia, prende peso, perde innocenza nello sguardo allenato all’intrigo, mettendo a segno una performance da applauso proprio perché poco appariscente. “E’ stato Adam a volermi come Cheney – spiega l’attore – e guardandomi non è la prima cosa che viene in mente! Lui però ha una visione. Nei panni di Cheney mi sentivo come un bulldozer: potevano darmi pugni ovunque e non li avrei sentiti… Non era la prima volta che prendevo peso per un ruolo… Per il corpo sono variazioni shock, forse si muore presto se si continua a fare così!”.

Silenzioso, sempre un passo indietro, costantemente in sordina, Dick Cheney diventa l’ombra malefica del giovane e poco esperto George W. Bush (Sam Rockwell), rampollo determinato a seguire le orme del padre, e accanto a lui scatena guerre, mette a punto la dottrina di un esecutivo svincolato da ogni controllo grazie a giuristi compiacenti e tecniche di marketing, triplica i proventi dell’azienda di cui era stato amministratore delegato. Basta non parlare di tortura ma di “interrogatorio potenziato” e il gioco di Abu Ghraib e Guantanamo è fatto. E dopo l’attentato alle Torri Gemelle tutto diventa possibile in nome dell’imperativo della sicurezza. Tra le sue “invenzioni” spicca la nascita di Fox News con la morte della par condicio e l’avvento dei “fatti alternativi” alla Trump.

Bale interviene anche sul ruolo della moglie nella parabola di Cheney. “Senza Lynn non sarebbe diventato il vice che conosciamo…”. Uomo di infinite contraddizioni, dolce in famiglia, efferato in politica. “È l’eterno mistero di questi personaggi. A quanto pare non ha mai avuto rimorsi e ha sempre dichiarato che avrebbe rifatto tutto… guerre comprese. Ha anche detto di non avere demoni notturni, ma vogliamo credergli? I mostri arrivano in forme diverse”.

Dopo La grande scommessa, Adam McKay continua a sperimentare linguaggi e contaminare generi, il tono satirico ibrida il mockumentary e la denuncia alla Michael Moore; finzione e ragionamento politico si integrano e si sostengono l’un l’altra, con una voce narrante affidata a un cittadino qualsiasi – che si rivelerà avere un ruolo fondamentale nella vicenda – con uno scambio di battute in pentametri giambici tra moglie e marito e persino con un film nel film con tanto di titoli di coda che sembra proporre un lieto fine impossibile. “È vero – dice il regista – ci sono toni diversi, tragedia, commedia, ma eviterei di parlare di generi”. E ci sono state reazioni da parte di Trump? “No, dubito che sia riuscito a vedere un film che dura oltre due ore! Quando Christian ha ringraziato il diavolo per averlo ispirato, la figlia Mary Cheney ha iniziato a seguirmi su Twitter ma senza commentare”.

Cristiana Paternò
11 Febbraio 2019

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