Skin, sulla pelle dell’America razzista

In anteprima europea a Berlino (Panorama) e nelle sale italiane da aprile con Sun Film Group, Skin di Guy Nattiv, interpretato da un irriconoscibile Jamie Bell. Storia della straziante trasformazione


BERLINO – Sulla pelle di Bryon Widner c’è tutta la sua storia: neonazista fanatico, xenofobo pieno di odio e rabbia, skinhead pentito. A portare sul grande schermo la sua vera storia Guy Nattiv con Skin, in anteprima europea a Berlino (Panorama) e nelle sale italiane da aprile con Sun Film Group. 

Interpretato da un irriconoscibile Jamie Bell, celebre per il ruolo di Billy Elliot nell’omonimo film e qui in scena completamente ricoperto da tatuaggi, la pellicola è stata presentata anche al Toronto International Film Festival dove si è aggiudicata il Premio Fipresci della Critica. Storia della straziante trasformazione di Bryon Widner, un uomo che ha subito un cambiamento fisico e mentale apparentemente impossibile. Giovane naziskin appartenente ad una ferocissima famiglia di skinheads, che decide di cambiare vita, passando da un quotidiano fatto di droga, alcool, pestaggi e prove di coraggio, a una dimensione familiare anche grazie all’incontro con una giovane donna madre di tre figlie con cui mette su casa.

Una scelta coraggiosa e non certo facile per l’uomo che viene visto dalla sua banda di naziskin come un traditore da perseguitare, e non riesce a trovare un ruolo nella società anche a causa dei tanti tatuaggi su volto e corpo, simboli indiscussi dell’ideologia nazista.  Aiutato da un attivista di colore, Bryon dopo alcune fughe e cambi di città, alla fine ce la fa, ma solo dopo essersi sottoposto ad un lungo percorso di rimozione dei tatuaggi: un processo doloroso e necessario a purificarsi sia fisicamente che emotivamente. Un percorso durato ben due anni e dal salatissimo conto saldato dal Southern Poverty Law Center, movimento per i diritti civili dell’Alabama.

“Sono cresciuto in Israele ascoltando le storie di mio nonno sul nazismo e tutto quello che aveva passato”, racconta Guy Nattiv che per la realizzazione del film ha conosciuto il vero Bryon Widner con cui si è scambiato opinioni e ha discusso per circa quattro anni via Skype. “Mi ha molto toccato vedere qualcuno che è riuscito a venirne fuori trovando una via di uscita, alcune persone meritano una seconda possibilità”. Quando ha iniziato a scrivere la sceneggiatura, sottolinea il regista, Obama era stato eletto per il suo secondo mandato e molte persone pensavano che i fascisti e il White Power esistessero a malapena negli USA. “Ma sfortunatamente la mia ricerca mi ha mostrato che c’è davvero uno strato prominente di razzismo e violenza in America – dice – L’elezione di Trump ha fatto sì che ora la gente se ne rendesse conto”.

Carmen Diotaiuti
11 Febbraio 2019

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