Stefania Sandrelli: quel set mancato con Vittorio De Sica

Ulivo d’Oro alla carriera al Festival del cinema europeo, l'attrice ripercorre la pluripremiata carriera di oltre 130 titoli, con il rimpianto di non avere interpretato Il giardino dei Finzi Contini


LECCE. Da tempo il Festival del cinema europeo l’aspettava per dedicarle un omaggio e l’Ulivo d’Oro alla carriera e questa volta Stefania Sandrelli non ha mancato l’appuntamento. Ha appena terminato a Napoli le riprese dell’opera prima di Marco Mario De Notaris La tristezza ha il sonno leggero (titolo provvisorio), tratta dal romanzo omonimo di Lorenzo Marone che già ha ispirato La tenerezza di Gianni Amelio. “E’ una commedia realistica ambientata all’epoca della caduta del Muro di Berlino e diretta da un esordiente – rivela l’attrice – e io sono molto disponibile nei confronti di chi è al suo debutto nella regia. Interpreto un personaggio che è un po’ la sintesi di tutto quello che ho fatto al cinema: una donna della mia età, dunque nonna, madre, moglie. La sua vicenda si svolge nell’arco di una sera durante una cena di famiglia allargata, organizzata da Renata per dare una notizia, un annuncio che non riuscirà a comunicare”.

A Lecce l’attrice ripercorre la sua lunga e intensa carriera. Il debutto a soli 15 anni, grazie a un concorso di bellezza e alla copertina di un settimanale, in Gioventù di notte di Mario Sequi e ne Il federale di Luciano Salce, entrambi del 1961. Ma la consacrazione arriva lo stesso anno con Divorzio all’italiana di Pietro Germi nei panni della cugina seduttrice, apparentemente ingenua, che fa innamorare il barone Fefé. Da allora oltre 130 interpretazioni, 3 David e uno speciale; 7 Nastri d’argento, il Leone alla carriera nel 2005. Manca un importante riconoscimento internazionale ad eccezione di un premio del Festival di San Sebastian. Resta la soddisfazione di aver lavorato con tanti grandi del nostro cinema: Scola, Bertolucci, Germi, Pietrangeli, Brass, Muccino, Virzì, Monicelli, Montaldo.

“Ho fatto questo lavoro in grandissima libertà, facendo esordire tanti registi, del resto quando mi fido mi affido”. Una straordinaria ballerina in bilico tra commercio e arte, senza mai mettere il piede saldamente da una parte o dall’altra, dice di lei Marco Müller, giurato al Festival di Lecce. Lei apprezza e si ricorda di una definizione datale da un giornalista, “il termometro del cinema italiano”, perché capace di attraversare con successo le tante stagioni del grande schermo nazionale. Un film a cui è molto legata? Io la conoscevo bene di Antonio Pietrangeli, uno dei pochi da protagonista della sua carriera. “Bello il ruolo di Adriana, di questa giovane dolente, che viene a Roma a fare del cinema e tanti approfittano di lei così candida e disponibile”.

C’è poi il rimpianto di due film desiderati per i quali sembrava destinata. Innanzitutto Il giardino dei Finzi Contini di Vittorio De Sica: “Stavo lavorando con Dominique Sanda sul set de Il conformista di Bertolucci, lei sapeva che ero in trattative per il ruolo di Micòl, e un giorno mi prese da parte, eravamo in confidenza: “Stefania ti devo dare una brutta notizia, io interpreterò il film dal romanzo di Bassani”. Mi prese un coccolone, ma nonostante il dispiacere ero contenta per lei. Quand’ero ragazzina è accaduto a volte che rifiutassi dei ruoli per vedere come le altre mie colleghe se la cavavano. Una follia che mi potevo permettere perché avevo tante richieste”. E’ anche dispiaciuta di non essere stata la Mara de La ragazza di Bube di Luigi Comencini, “un regista che non ha potuto realizzare tutto quello che avrebbe voluto. Avevo letto il libro bellissimo di Cassola e il ruolo mi stava a pennello, ma toccò alla Cardinale girare il film prodotto, tra gli altri, da Cristaldi, compagno dell’attrice”.

Nel cinema non ama tanto piangere, le piacciono le cose non dette, non viste. “Ridere è più difficile ma è più bello, trovo un po’ imbarazzante, eccessivo rappresentare il pianto. Ricordo ne La prima cosa bella di Virzì alcuni primi piani di pianto accennato, purtroppo poi tagliati, molti più intensi di una scena di pianto esplicito”. Denuncia il fatto che le attrici siano pagate meno dei loro colleghi maschi e sul movimento di denuncia #MeToo dice: “In passato c’è stata una verità sottaciuta anche per colpa di noi donne per le nostre paure, compresa quella di essere condannate dalla vita stessa. Però bisogna andarci piano”.

Dieci anni fa il debutto dietro la macchina da presa con Christine Cristina. “Un film difficile perché in costume e dunque lungo e costoso, ma ho girato nelle otto settimane previste. Lo spunto è venuto durante la scelta dei regali di Natale quando ho trovato per caso tra gli scaffali di una libreria la biografia di questa poetessa, Cristina da Pizzano”. Nonostante il ricordo di un’esperienza importante, “non ci sarà una seconda volta da regista anche perché non ho il tempo, mi basta avere diretto questo piccolo grande film che di tanto in tanto rivedo”.

Stefania Sandrelli in L‘ultimo bacio di Gabriele Muccino (photo Angelo R. Turetta)

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