Roberto Capucci: “Dissi no ad Anna Magnani”

Istituto Luce Cinecittà distribuirà in dvd il documentario di Ottavio Rosati dedicato al creatore di moda che realizzò i costumi per Silvana Mangano e Terence Stamp in Teorema di Pasolini


C’è un evidente, lampante rapporto tra le creazioni di Roberto Capucci e l’arte contemporanea nelle sue varie forme, plastiche ma anche cinematografiche. E il documentario di Ottavio Rosati La moda proibita – Roberto Capucci e il futuro dell’alta moda lo mette in luce portando lo spettatore dentro un mondo incantato e incantevole da cui non si vorrebbe più uscire.

Il film sarà distribuito in dvd da Istituto Luce Cinecittà, che si occupa anche della distribuzione internazionale. Spiega l’ad e presidente Roberto Cicutto “portare la bellezza e la cultura italiana in giro per il mondo fa parte della nostra mission e mettere insieme varie forme d’arte è fondamentale, in questo Roberto Capucci è il meglio del made in Italy”.

Il documentario, dopo l’anteprima assoluta per Altaroma, è stato presentato martedì 9 aprile all’Ara Pacis di Roma nel corso di una serata evento dedicata a celebrare questa figura di stilista anzi di “creatore”, come sottolinea la storica della moda Adriana Mulassano. “La vulgata contemporanea ci ha assuefatto all’appellativo di ‘stilista’ per definire chi disegna abiti. Ma fino agli anni ’50 si parlava soltanto di creatori da Paul Poiret a Schiapparelli, da Worth a Chanel, da Balenciaga a Madame Grès. A questa genia dal piglio artistico, dal gusto della ricerca colta, dalla creatività senza fini di lucro, appartiene a tutto tondo Roberto Capucci. I suoi abiti sono opere d’arte che coniugano lo spirito del bello rinascimentale con un personalissimo talento enfatico nella scelta dei tessuti, nello studio delle forme scultoree, nella maniacale cura delle lavorazioni del plissé e delle sovrapposizioni, nella ricerca unica dei colori pieni usati in gradazione o a contrasto quasi sempre con un gusto più indiano che europeo”. In questo senso significativa è una foto che ritrae Capucci accanto a una donna indiana accucciata a terra e avvolta in stoffe dai colori sgargianti e contrastanti, colori che lui stesso aveva unito in un abito che destò perplessità per l’arditezza degli accostamenti. 

Grande disegnatore, con un archivio che conserva 500 illustrazioni firmate e 22mila disegni originali e schizzi, Capucci ha esposto nei musei di tutto il mondo, dalla Venaria Reale di Torino al Kunsthistorisches Museum di Vienna, dal Nordiska Museet di Stoccolma al Museo Puškin delle Belle Arti di Mosca, dal Philadelphia Museum of Art alla Biennale di Venezia. Ottavio Rosati ha utilizzato una serie di incontri avvenuti nel giro di due anni in occasione di eventi internazionali come la mostra “Alla ricerca della regalità” presso la Venaria Reale di Torino o “Roberto Capucci e i giovani” al Palazzo Moraldo di Milano. Tra gli intervistati Anna Fendi, la principessa Maria Pace Odescalchi, Sylvia Ferino (director of the Picture Gallery al Kunsthistorisches Museum di Vienna), Eike Schmidt (direttore degli Uffizi a Firenze), il soprano Raina Kabaivanska, lo scienziato Pierluigi Luisi, il pittore tessile Sidival Fila. “Roberto – dice ad esempio Anna Fendi – può essere considerato il Dio della moda”. E c’è anche una giovane sposa che, non potendo permettersi una creazione del couturier, racconta di essersi fatta chiudere apposta alla Venaria per passare una notte raggomitolata dentro un suo abito, “Sposa Rossa”, luogo foriero di sogni e immagini.

Nato a Roma il 2 dicembre 1930, Capucci esordì quasi adolescente: nel 1951 presenta per la prima volta le sue creazioni presso la residenza di Giovanni Battista Giorgini a Firenze. Inviso ai colleghi, viene ‘promosso’ da Oriana Fallaci che gli dedica un articolo pieno di entusiasmo sul settimanale ‘Epoca’ dove lo descrive “piccolo ed esile come un fantino”. Ma già a 26 anni viene definito da Christian Dior su Vogue “il miglior creatore della moda italiana”. Molti, e spesso legati al cinema, gli aneddoti raccontati. Come il “no” detto ad Anna Magnani che aveva ordinato cinque mise ma si era rivelata subito scostante con le venditrici della maison chiedendo di essere servita da uomini anziché da donne. O viceversa l’innamoramento per Silvana Mangano abbigliata insieme a Terence Stamp per Teorema di Pasolini. E ancora l’abito con le ali e la coda pensato per la cerimonia del Nobel di Rita Levi Montalcini. La scienziata era un po’ a disagio per la coda ma lui le disse: “Sarete l’unica donna a ritirare il premio e dovete essere la regina della serata”.

Abiti scultura che raccontano storie fiabesche e personaggi immaginari che guizzano tra le sequenze del racconto, quelli esposti a Firenze nella mostra “Capucci dionisiaco” diventati sorprendenti cartoni animati. “Per sette anni – rivela Ottavio Rosati – abbiamo seguito Capucci nei suoi numerosi viaggi in Europa in giro per musei e mostre. Ho capito subito che non avevo a che fare con uno stilista come gli altri, che costruisce il suo impero economico con gli abiti. Capucci stesso dice: ‘Dovevo decidere se diventare ricchissimo o essere me stesso’. Il mio film è la prova che è un artista prestato alla moda. Un artista che si serve del denaro delle sue clienti per finanziare abiti-scultorei come Oceano, dove sono stati impiegati 200 metri di seta plissettata ridotti in 1.500 pezzi di tessuto in 30 sfumature dei colori del mare. Cinque mesi e cinque sarte per realizzarlo”.

La moda proibita è prodotto da Plays in collaborazione con Jean Vigo.

Cristiana Paternò
10 Aprile 2019

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