Aleksandr Sokurov: la mia Seconda Guerra Mondiale

Il regista russo, Ulivo d’Oro alla carriera al Festival di Lecce, è impegnato per il nuovo film nella ricerca di materiali di repertorio negli archivi del mondo, tra cui quello di Luce Cinecittà


LECCE. Insolita coincidenza per il regista Aleksandr Sokurov che è arrivato al Festival del Cinema Europeo per ricevere l’Ulivo d’Oro alla carriera mentre da ieri è in viaggio dalla Russia una colonna di camion che trasportano l’installazione che l’artista, su proposta del Museo Ermitage, ha progettato e curato per il padiglione russo della Biennale d’arte che verrà inaugurato l’8 maggio. L’installazione, “Gli addii e gli incontri”, s’ispira al quadro “Il ritorno del figliol prodigo” di Rembrandt, custodito all’interno del museo di San Pietroburgo.

E Sokurov sta anche lavorando al nuovo progetto cinematografico di cui è anche sceneggiatore, titolo provvisorio La risata tra le lacrime, al momento impegnato nella ricerca di immagini di repertorio, non materiali inediti, di Hitler, Mussolini, Stalin e Churchill nei vari archivi del mondo, tra cui quello dell’Istituto Luce. Personaggi che verranno ritratti nelle circostanze più insolite e nei momenti meno noti, ma rivelatori della loro natura umana. “Vorrei spiegare a noi comuni mortali quello che è successo con la Seconda Guerra Mondiale; come alla base di eventi disastrosi ci sia il carattere delle persone. Non capiterà mai di trovare all’inferno chi ha ucciso milioni di esseri umani, sì invece chi ha ammazzato solo una persona”.

Del resto nel corso dell’affollata masterclass il regista russo ha ricordato come il carattere dell’individuo sia la cosa più misteriosa, l’enigma vero. “Spesso le grandi decisioni di chi è al potere sono manifestazioni non dell’intelletto, ma del carattere. Quando si elegge un presidente alla guida di uno Stato, nessuno presta la giusta attenzione alla parte caratteriale della persona. E il caos storico della società è il segno tangibile della natura ingovernabile del carattere”.

Sokurov torna a parlarci, dopo la tetralogia filmica (Moloch, Toro, Il sole, Faust) del potere, di come più una persona salga ai vertici e più perda la propria umanità. Ogni potente altro non è che lo specchio in cui si riflettono migliaia di individui e le tante persone che ha accanto rivelano la loro ingovernabilità. “Nessun personaggio storico non solo non riesce a stare al passo con il tempo, ma non gli sopravvive, perché l’imprevedibilità del processo storico è la tragedia del nostro mondo”.

E Sokurov durante la sua intensa masterclass, ha parole dure sui pericoli del cinema: “Spesso è un grande alleato dei regimi totalitari che arrivati a maturazione hanno bisogno del suo sostegno. Perciò è importante insegnare innanzitutto al futuro regista più quello che non si può e non si deve fare”. E l’artista se la prende con quel cinema che inocula veleno nell’animo dei giovani mostrando scene di violenza. “Vi avverto, non gettatevi nelle braccia del regista, non affidatevi totalmente allo schermo. Vi sono registi che sono degli eccellenti mestieranti, in verità sono dei veri diavoli”.

A chi gli chiede un ricordo del regista e scrittore Andrej Tarkovskij, suo mentore, Sokurov parla di un’amicizia importante, purtroppo breve perché se ne è andato ancora giovane. “Andrej mi ha dato un decisivo sostegno fisico e morale quando ho avuto i primi problemi con lo Stato sovietico. E sono anche riconoscente verso Marco Müller che in quegli anni ha aiutato il mio cinema”. Sokurov ricorda inoltre di Tarkovskij la precarietà economica della famiglia, l’invidia dei colleghi, l’ossessione di essere spiato dal KGB. “Purtroppo i suoi film non realizzavano grandi incassi al botteghino, avevano più successo i suoi commenti sulle istituzioni politiche sovietiche”

A una domanda seria, anzi seriosa, sul rapporto tra Dio e il cinema, il regista russo abbandona per un attimo il tono alto della discussione e s’immagina cosa accadrebbe a chi attore o regista si trovasse a bussare alle porte del Paradiso: “Porte spalancate per Anna Magnani e Aleksandr Dovženko, a Ingmar Bergman, nonostante i peccati, la richiesta di pentirsi, quanto a Fellini sarebbe già nel Consiglio di amministrazione del Paradiso”. 

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