Sergio Rubini e il cielo sopra Taranto

Presentato al Bif&st e in uscita il 9 maggio Il grande spirito, nuovo film dell'attore e regista pugliese, con Rocco Papaleo. Un western metropolitano che denuncia anche i veleni dell'Ilva


BARI – Il cielo sopra Taranto. Si potrebbe parafrasare Wenders per sintetizzare le atmosfere de Il grande spirito, il nuovo film di Sergio Rubini presentato al Bif&st. Un western metropolitano dalla parte degli indiani ambientato nella città sui due mari con sullo sfondo le ciminiere fumanti dell’Ilva, famigerata seminatrice di morte. Prodotto da Domenico Procacci (come, tra gli altri, l’opera prima di Rubini La stazione) e interpretato dall’attore e regista di Grumo Appula insieme a Rocco Papaleo, il film arriva in sala il 9 maggio distribuito da 01 Distribution in 200 copie. Singolare la storia raccontata, quella di Tonino, un ladro sfigato soprannominato il Barboncino dopo che ha ucciso un cane durante una rapina andata male anni prima. Tornato al crimine ma inviso ai suoi complici scappa con un cospicuo bottino e si rifugia sul tetto di un palazzo per sfuggire alla banda di malviventi che lo cercano e vogliono farlo fuori.

Alcolizzato e mal in arnese, dopo una rovinosa caduta, Tonino viene soccorso da un matto (Rocco Papaleo) che si fa chiamare Cervo Nero e crede di appartenere alla tribù dei Sioux, un poveraccio preso in giro dai vicini di casa e aiutato solo da una giovane donna che pulisce le scale dello stabile. Ma nella convivenza forzata con Cervo Nero, Tonino scopre un mondo diverso, a suo modo magico, e finisce per affezionarsi davvero a quell’improbabile amico che un cugino avido vorrebbe far ricoverare per appropriarsi dei suoi beni. “Volevo raccontare una sorta di western metropolitano – spiega Sergio Rubini – dove c’è un mostro (l’Ilva), una fabbrica gestita dagli yankee, e poi ci sono gli indiani, ovvero, tutti i tarantini, tranne quelli che collaborano con i bianchi. Ma questa – aggiunge – è anche una storia cristologica, dove c’è un agnello sacrificale e, infine, anche una storia di amicizia tra due ultimi”. E aggiunge: “Cervo Nero non è così diverso dal pensionato bullizzato a Manduria”.  

“Da bambino – dice Rubini che farà Moschiettieri del Re 2 – mi piacevano gli indiani perché mio padre mi aveva raccontato che erano loro le vittime. Quando giocavo ai cowboy facevo sempre il pellerossa. Amavo la tragicità della loro storia, mi sembravano portatori di una grande saggezza. Da tempo avevo questa storia nel cassetto e parlando con Rocco Papaleo ho capito che avrebbe potuto fare di quel personaggio qualcosa che io non avrei mai potuto perché i comici sono gli attori più completi e lui ha messo in campo la sua umanità. Volevo che incontrasse un altro ultimo come lui con una visione completamente diversa del mondo”. Per sé ha ritagliato il personaggio di Tonino che è quello “di un topastro di fogna che non crede alle stelle, mentre Cervo Nero vive di sogni a contatto con il cielo. L’indiano abita sulla terrazza e osserva i flussi migratori degli uccelli. Perciò l’incontro tra due idee del mondo così opposte è comico ma c’è anche una sorta di osmosi. Un incontro può salvarti la vita, ma per salvarsi bisogna faticare. Nella storia degli indiani c’è anche la loro tragedia: gli yankee decidono di costruire una strada ferrata che avvelena il loro territorio, così come l’Ilva avvelena Taranto”. 

“Ho mandato al governatore della Puglia, Michele Emiliano – prosegue l’attore e regista – un video che mostra, in sintesi, il senso di questo film con al centro il problema dell’Ilva. A Taranto c’è la più alta percentuale di morti per tumore. Ora mi aspetto molto da una sua risposta e dalla proiezione de Il grande spirito che ci sarà proprio a Taranto il 7 maggio”. Non casuale anche la scelta di usare un dialetto pugliese molto stretto, tanto da richiedere l’uso di sottotitoli. “Volevo dare al dialetto una dignità di lingua”.

“L’arte deve fare questo, deve andare in missione, andare in soccorso, deve agevolare la rivoluzione. E Taranto mi sembra il campo di battaglia dove mettere in azione le forze migliori per cercare di vincere questa guerra”, sostiene Rocco Papaleo. “Questo non è un film politico – spiega l’attore lucano – ma contiene un messaggio molto forte, tra le righe. È quello che fa la poesia, che non parla direttamente delle cose, ma con l’uso della metafora racconta, esprime il disagio e indica forse anche una via. Io penso che il grande spirito di Taranto – aggiunge l’attore – sia la risoluzione di questo problema grandissimo, perché il problema di Taranto naturalmente è questo mostro che inquina e avvelena e che però è anche un sostegno economico forte per la città. Ho scoperto una città bellissima che vive questo dramma, quindi una città che meriterebbe quantomeno un’attenzione maggiore da parte dell’opinione pubblica e di trovare il modo di uscire da questa impasse”.

 

Cristiana Paternò
03 Maggio 2019

Bari 2019

Bari 2019

Laudadio: “Al Bif&st manca solo Benigni”

"Di tutti i grandi che sono venuti manca Benigni e prima o poi l'avremo". Lo ha detto il direttore artistico del Bif&st, Felice Laudadio, durante la conferenza stampa di chiusura del Bari International Film Festival in cui è stato fatto un bilancio dell'edizione che si conclude stasera, con qualche anticipazione della edizione 2020, in programma dal 21 al 28 marzo

Bari 2019

Valerio Mastandrea: “Schivo i colpi della vita”

Bagno di pubblico per Valerio Mastandrea, che ha deliziato il pubblico del Petruzzelli di Bari nell'ultima masterclass del Bif&st 2019. "Un attore del passato che amo? Walter Chiari. Mentre il mio film preferito è Non pensarci di Gianni Zanasi, con cui condivido l'amore per i personaggi buffi"

Bari 2019

Bif&st: Premio Nuovo Imaie a Eleonora Conti

L'attrice, protagonista di Zen sul ghiaccio sottile di Margherita Ferri, segnalata come miglior interprete emergente insieme a Matteo Olivetti per La terra dell'abbastanza

Bari 2019

Del Brocco: “Così dimenticammo l’Orso d’oro”

L'amministratore delegato di Rai Cinema è stato protagonista di una masterclass al Bif&st in cui ha raccontato molti aneddoti tra cui uno legato alla vittoria a Berlino di Fuocoammare. "Solo quando eravamo sull'aereo ci rendemmo conto di aver lasciato al ristorante la statuetta vinta dal film di Gianfranco Rosi"


Ultimi aggiornamenti