Gabriele Mainetti: cinema e videogiochi, gemelli diversi

Film che ricordano l’estetica e le dinamiche del videogioco e giochi che puntano sulla costruzione narrativa. Questo il tema affrontato nell'incontro programmato dal RomeVideoGameLab


Film che ricordano l’estetica e le dinamiche del videogioco e giochi che puntano sulla costruzione narrativa. Questo il tema affrontato da “Cinema e videogiochi: gemelli diversi”, uno degli incontri programmati all’interno dell’ultima giornata del RomeVideoGameLab ospitato negli studi di Cinecittà. Ad aprirlo Adrian Wootton – ceo di Film London e The British Film Commission – che ha subito ricordato che quattro anni fa la British Film Commission ha aperto una divisione dedicata ai videogiochi dopo che dal settore è venuta una richiesta di aiuto. Così una delle prime iniziative è stata la creazione del London Games Festival. Ma per quanto riguarda il rapporto tra le due industrie siamo ancora agli inizi, perché difficilmente i registi e i produttori considerano il videogioco una forma d’arte. Del resto è più facile al momento che il successo arrivi quando i film sono trasferiti e trasformati in videogiochi che non l’opposto.

A ostacolare questo scambio necessario per Roberto Cicutto – presidente e AD di Istituto Luce Cinecittà – c’è quello stesso snobismo che il mondo del cinema ha riservato per lungo tempo alla produzione televisiva. Oggi anche i grandi registi sono affascinati dalle serie tv, cioè dalla possibilità offerta di una narrazione ampia e lunga. Cicutto si chiede perché non far conoscere il nostro patrimonio cinematografico alle giovani generazioni attraverso il videogioco, magari immaginando una sorta di remake dei grandi film classici italiani, per esempio il western di Sergio Leone. Ma la condizione preliminare è che la filiera dell’audiovisivo apra le porte senza diffidenze e preconcetti al settore industriale e creativo dei videogame. Non a caso Luce Cinecittà ha allargato la propria mission anche al mondo dei videogame, ospitando nei propri studi per il secondo anno consecutivo il RomeVideoGameLab.

Quello snobismo che per il moderatore Simone Arcagni – docente e giornalista ed esperto di new media – è stato messo da parte da registi del calibro di James Cameron e John Woo che hanno collaborato alla realizzazione di videogame di successo dai loro film.

Chris Darril – artista italiano e autore di videogiochi – ha ricordato come il grande cinema, da Shining a Il silenzio degli innocenti, da Rosemary’ s Baby a Il signore delle mosche, abbia influenzato il suo lavoro di creazione di videogiochi che trovano la loro forza e ragione d’essere nello storytelling. L’importante è sapere che il videogame non è solo intrattenimento ma anche una forma d’arte, tant’è che da qualche anno il Tribeca Film Festival di Robert De Niro gli ha aperto le porte. Insomma cinema e videogioco fanno parte, secondo Darril, di un’unica grande famiglia.

Il regista di Lo chiamavano Jeeg Robot  Gabriele Mainetti rivendica un’intensa e passata frequentazione dei videogame, ai quali si è riavvicinato con l’utilizzo dello smartphone, “ora ne sono un fanatico”. Per lui tra il cinema e il videogame vi sono differenze e punti di contatto, la diversità innanzitutto sta nel tipo di fruizione. Il cinema prevede uno spettatore passivo che si affaccia a questa finestra sul mondo; il videogame ti consente invece di vivere dentro la storia, di interagire. Il cinema ha aiutato il videogioco a sviluppare la narrazione, ma quest’ultimo non deve scimmiottare il film e viceversa. E allora se per Wootton è importante che continui il dialogo creativo tra le due forme artistiche, per Mainetti il modo di narrare, lo storytelling deve coniugarsi con il mezzo artistico scelto, valorizzandone le caratteristiche.

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