Omaggio a Corbucci e al western, tra tv e spaghetti

L'atteso film di Quentin Tarantino ha debuttato in concorso a Cannes, con la richiesta di non rivelare la trama che riscrive la storia della drammatica vicenda di Sharon Tate


CANNES – La richiesta di non rivelare la trama, già anticipata su Twitter da Quentin Tarantino con la campagna #NoSpoilersInHollywood, viene ribadita prima della proiezione in Sala Debussy con uno dei collaboratori storici del Festival di Cannes, il veterano delle conferenze stampa Henri Behar, che sale sul palco per leggere un messaggio del regista e della produzione (vedi foto), accolto a dire il vero con qualche contestazione dalla platea di giornalisti, che si sono sottomessi al rituale di una lunga coda – oltre un’ora per i più fortunati, quelli con le tessere rosa con pastille gialla – mentre molti sono rimasti fuori.

E’ dunque difficile scrivere di Once upon a Time in Hollywood, uno dei più attesi titoli del concorso, nono film diretto dal regista di Pulp Fiction (25 anni fa il film iconico vinse qui la Palma d’oro) che ha effettivamente un’ultima mezz’ora sorprendente. Diciamo solo che il regista americano si diverte, come aveva fatto in Bastardi senza gloria, a riscrivere la storia dando un finale diverso, spiritoso e paradossale, a una vicenda drammatica e sanguinosa, e lo fa a modo suo con un bel po’ di splatter e molta ironia, grazie anche a un lanciafiamme e un cane feroce. Ma il film, che sarà nelle sale italiane il 19 settembre con Warner Bros, colpisce anche per l’omaggio al cinema italiano, che il cinefilo Tarantino ama quanto quello hollywoodiano se non di più. E così oltre alla tv di fine anni ’60, protagonista della vicenda (a un certo punto si dice che gli americani hanno imparato a uccidere dalla tv), il regista sfoggia la sua conoscenza del nostro B movie e non solo. Nei titoli di coda ringrazia Sergio ed Eleonora Corbucci, porta i due protagonisti Leonardo DiCaprio e Brad Pitt (un divo di western televisivi ormai in declino e la sua fedele controfigura) in Europa dove girano quattro film d’azione in sei mesi tra Roma e l’Almeria. I registi dei film in questione, citati dalla voce fuori campo e omaggiati anche da locandine d’epoca, sono Sergio Corbucci – definito “il secondo miglior regista di western all’italiana” evidentemente dopo Sergio Leone – che dirige Nebraska Joe (in realtà nel ’66 realizzò Navajo Joe), Calvin I. Padget alias Giorgio Ferroni, Antonio Margheriti e Rafael Romero Marchent.

Ambientato nella Los Angeles del 1969, C’era una volta… a Hollywood, che dura due ore e 41 minuti e ha una prima parte un po’ farraginosa, immagina che l’attore televisivo Rick Dalton (DiCaprio) e la sua inseparabile controfigura e autista Cliff Booth (Pitt), abitino in una villa adiacente a quella di Roman Polanski e Sharon Tate (Margot Robbie) e qui, senza dire altro, si può immaginare che l’intreccio preveda anche l’apparizione della setta di Charles Manson. Nel cast anche Dakota Fanning, Al Pacino, Kurt Russell, Emile Hirsch e Tim Roth.  

Intanto la Croisette sembra impazzita per il film e sono tantissimi i cinefili che oggi pomeriggio esponevano cartelli con accorate richieste di biglietti in regalo per la proiezione ufficiale. Quando Brad Pitt e Leo DiCaprio – che nel film sfoggiano una notevole somiglianza fisica accresciuta dal trucco – sono arrivati sulla montée des marches è esploso il delirio di autografi e selfie. Domani la conferenza stampa ufficiale. 

Cristiana Paternò
21 Maggio 2019

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