La dura vita dell’ultima buttera

Marco Amenta porta al Biografilm il documentario The Lone Girl che proprio a Bologna l'anno scorso aveva vinto come Miglior progetto italiano di Bio To B. In scena la tenacia, il candore della giovane


BOLOGNA. Sarebbe dovuta venire al Biografilm Festival ma alla fine ha scelto di restare ad occuparsi della raccolta del grano, l’ennesima urgenza del suo lavoro. Roberta, protagonista del documentario The Lone Girl di Marco Amenta (La siciliana ribelle, Magic Island), presentato nella sezione Biografilm Italia, è innanzitutto una giovane buttera, mestiere ereditato dal padre scomparso. Nella campagna laziale di Tolfa, si occupa delle vacche maremmane che vivono allo stato brado e della doma dei cavalli, una vita non facile per una donna, alle prese con un mestiere per eccellenza maschile e con problemi quotidiani economici come la fuga improvvisa di un toro. Un imprevisto che mette in forse la sua scelta di vita, quello spazio di autonomia e libertà che faticosamente sta costruendo in uno scenario che Amenta ci mostra scandito dal ritmo delle stagioni, dal cambiamento improvviso del tempo meteorologico, da una natura a volte forte, non soggiogata dall’uomo.

“Grazie a un avvocato che ha scritto e si è occupato dei butteri del Lazio, in particolare della zona di Tolfa, ho trovato delle storie possibili per il grande schermo”, spiega il regista del film che proprio a Bologna l’anno scorso aveva vinto come Miglior progetto italiano di Bio To B. “Quella di un giovane elettricista che perso il lavoro in città, l’aveva ritrovato in campagna, emblema di una singolare inversione di tendenza, di chi disoccupato cerca il lavoro dei campi. Quella di tre anziani fratelli, senza eredi, che continuano a occuparsi della campagna nonostante l’età avanzata. E alla fine la giovane Roberta, la cui storia mi ha subito colpito per il suo candore e ingenuità infinite, e per la grande libertà”.

Roberta è consapevole di tramandare l’esperienza paterna, ma sembra non voler vedere le difficoltà che una donna può incontrare nel lavoro del buttero, per tradizione maschile. Si confronta ogni giorno con la madre che, preoccupata delle loro sorti economiche, vorrebbe vederla impegnata in un lavoro più sicuro e meno faticoso, magari bidella in una delle tante scuole a cui l’ha obbligata a fare domanda. E Roberta si confronta anche con i colleghi maschi che la invitano a trovarsi un fidanzato con il quale dividere il lavoro del buttero. “Sto bene da sola, mi autogestisco” è la risposta per tutti.

“Roberta crede nel suo lavoro nonostante i problemi, ha un approccio femminile, direi quasi materno con gli animali. Il suo è un animo gentile, è un po’ alla Candide – sottolinea Amenta – La sua visione della vita in campagna ha un sapore etico, umanista. “E’ restia a sbarazzarsi delle vecchie vacche, destinate al macello, preferisce che continuino a vivere nella sua campagna. Sono un po’ le sue figlie, hanno il marchio che il padre ha impresso loro. E quasi come fosse un figlio, vive la sparizione improvvisa del toro Ercolino”.

Più che a uno stile documentaristico classico, The Lone Girl rimanda al film di finzione. “Mai sguardi in macchina dei protagonisti, nessuna intervista, nessuno commento o voce fuori campo. I soggetti fanno la loro vita, e noi filmiamo il reale con due cineprese, facendo in modo che si dimentichino della nostra presenza, il meno possibile invasiva. Lasciamo scorrere le situazioni, facendo in modo che i personaggi non si mettano in scena e siano invece il massimo naturali. Fino al punto che, come avvenuto sul set, la madre di Roberta trova il coraggio di affrontare la figlia, rimproverandola per non essersi impegnata a cercare un lavoro alternativo a quello di buttera. E’ allora che il nucleo drammaturgico di ciascun soggetto, l’evento imprevisto come in questo caso, determina il flusso narrativo”.

Per il regista sono tre i motivi che lo hanno spinto a narrare questa storia così poco cittadina. Innanzitutto l’esistenza di un modo di vita per noi lontano e anacronistico, in via di estinzione, condizionato dagli elementi naturali. Poi la tenacia e la volontà ferma di Roberta di difendere uno spazio vissuto come libertà, nonostante la precarietà economica. E infine l’ambiente naturale, così selvaggio e riottoso al dominio dell’uomo. Ce la farà alla fine Roberta a vincere la sfida, ritroverà il toro Ercolino, convincerà la madre a darle fiducia? Roberta è una testa dura e il fatto che non sia a Bologna perché impegnata con la campagna, la dice lunga.

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