Black light: da Locarno a Cinecittà

Dedicata alla questione nera nel cinema la retrospettiva di Locarno 2019. E nel cinema italiano, a partire dai primi anni '40 diversi attori di colore cominciano a varcare i cancelli di Cinecittà


LOCARNO. La prima volta in assoluto può essere datata 1943. In quell’anno, per la prima volta tanti uomini di colore varcano i cancelli di Cinecittà per interpretare un film, Harlem, che sarà il maggior incasso dell’anno nelle sale italiane. Lo dirige Carmine Gallone, regista specializzato in kolossal, e prevede una ricostruzione in grande stile di uno dei quartieri più tipici di New York. Si parla di pugilato (c’è anche Primo Carnera!), di immigrati italiani maltrattati e di una società americana corrotta e violenta: la guerra è in corso, e i film di propaganda sono un fenomeno diffuso in quel periodo. Se ne parlò moltissimo all’epoca, e Umberto Lenzi (uno dei maggiori registi italiani di film d’azione) ci ha anche ambientato un giallo, Terrore ad Harlem, che è uno dei suoi racconti più riusciti.

Come dicevamo, la grande novità sono i tanti attori di colore. L’Italia le colonie le aveva già perse da un bel po’, e quelle comparse erano prigionieri di guerra, inglesi e americani fatti convergere a Cinecittà da un campo di prigionia nella periferia di Roma. In questo modo avventuroso, e con l’arte d’arrangiarsi tipica del nostro cinema, gli attori di colore fanno così capolino nel nostro cinema. Visto che la retrospettiva di Locarno 2019, Black light, è proprio dedicata al cinema black e propone una selezione di film sulla questione nera nel cinema del XX secolo (dall’Europa al Nord America, passando per i Caraibi e l’America del Sud) abbiamo pensato di dedicare a questo argomento un piccolo approfondimento, perché la presenza degli attori di colore nel cinema italiano consente di raccontare aneddoti divertenti.

È divertente, ad esempio, la storia di John Kitzmiller. Lui, ingegnere di professione e ufficiale nella Quinta Armata, partecipò attivamente allo sbarco in Sicilia e, alla fine della guerra, decise di restare in Italia per fare l’ingegnere. Carlo Ponti lo incontra in un ristorante e gli chiede di fare il soldato americano in Vivere in pace di Luigi Zampa, che ha grande successo. Per Kitzmiller si apre una nuova strada, che lo porta in vent’anni a interpretare una cinquantina di film: quasi tutti esotico-avventurosi (compresi molti film in costume), ma anche produzioni internazionali come il primo James Bond, Agente 007 licenza di uccidere. E in Italia Kitzmiller si sposa ed è sepolto.

Nel cinema peplum sono molti gli attori di colore. Harry Baird e Serge Nubret sfruttano il loro fisico perfetto quando sono di moda i culturisti, e il secondo apre in Italia anche un buon numero di palestre che avranno un buon successo fino agli anni Novanta. Dalla canzone provengono Rocky Roberts e Lola Falana, che vediamo esibirsi anche con Al Bano e Franco e Ciccio. Nel cinema erotico primeggiano Zeudi Araya e Beryl Cunningham, mentre Pier Paolo Pasolini in Il fiore delle mille e una notte lancia Ines Pellegrini, che è probabilmente la prima italiana di colore a diventare una star del cinema interpretando negli anni Settanta una ventina di film.

E sempre negli anni Settanta famosi attori di colore hanno un’importante carriera italiana, da Woody Strode a Bobby Rhodes e Fred Williamson. In tempi più recenti si è visto esplodere il talento brillante di Salvatore Marino, c’è stata una miss Italia di colore e nel calcio sono esplosi i calciatori italiani di origine straniera, da Balotelli a Ogbonna. È quindi cambiato il costume, anche se resta la consapevolezza che esiste ancora nel nostro cinema una vera e propria blaxploitation. È una questione di cultura e di rispetto, certo, ma è anche la consapevolezza che il cinema più è colorato e più è ricco, diverso, multiculturale.

Caterina Taricano
08 Agosto 2019

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