Malattia, arte e politica: tutto il VR che non t’aspetti

Torna alla Mostra, per il terzo anno consecutivo, la sezione dedicata alla realtà virtuale con opere che spaziano dalla sfera sociale, alla politica a temi d'attualità


VENEZIA – Universi poco conosciuti o solo immaginabili, culture e identità lontane, limiti in apparenza invalicabili, scenografie fantasy. Sono solo alcuni degli scenari di cui è possibile diventare protagonisti fino al 7 settembre sull’Isola del Lazzaretto Vecchio, di fronte al Lido, dove è allestita per il terzo anno consecutivo la sezione Venice Virtual Reality della Mostra del Cinema di Venezia, che ha l’indiscutibile merito di essere stata pioniera nel dedicare un concorso internazionale a quella che oggi è  riconosciuta come un nuova forma artistica ed espressiva . 

Trentanove le opere presentate quest’anno, suddivise tra un Fuori concorso che presenta il meglio della produzione VR vista in altri festival e le opere di Biennale College VR, e Concorso: ‘Lineare’, per opere in cui lo spettatore può solo assistere, ‘Interattivo’ per film in cui il pubblico interagisce condizionando l’evolversi della trama. Come già l’anno scorso la presenza femminile è ben rappresentata (12 film per 14 registe), La maggior parte delle opere arrivano da USA e Regno Unito, varie le produzioni o coproduzioni orientali, rappresentati con un film anche Israele e Nigeria. Una sola la produzione italiana, VR Free (We are free) del documentarista di origini iraniane Milad Tangshir, prodotto da Valentina Noya e realizzato con il sostegno di Film Commission Torino Piemonte. Un racconto in prima persona di come si vive in carcere, che vuole fare riflettere sulla condizione e gli spazi di detenzione, attraverso le reazioni di alcuni detenuti cui sono stati mostrati video a 360° di situazioni temporaneamente loro precluse: una partita di serie A allo stadio, una festa in discoteca, un’immersione sottomarina, l’incontro con la propria famiglia in un parco.

Sfruttando tecnologie multisensoriali ed immersive, la realtà virtuale trasmette un forte senso di partecipazione negli spettatori e, proprio per questo, le tematiche prevalenti si concentrano sulla sfera sociale, la politica, l’attualità: la questione migratoria, la vita in carcere, l’impatto ambientale delle nostre scelte, la realtà della guerra. Si va da Battle Hymm sulla legge marziale a Taiwan negli Anni ’70, Daughters Of Chibok sul rapimento di oltre duecento ragazze nigeriane da parte del gruppo terroristico Boko Haram nel 2014, a These Sleepless Nights sul fenomeno degli sfratti in Usa e Traveling While Black sulla segregazione dei neri in America. Di particolare carica emotiva The Waiting Room di Victoria Mapplebeck, racconto in prima persona di come la regista ha affrontato il cancro che l’ha colpita, attraverso la messa in scena di una seduta di radioterapia durante la quale la protagonista ricorda la sua reazione alla malattia e quella di amici e parenti di cui sentono spezzoni di telefonate. 

Ma c’è anche molta fantascienza e stupefacenti immersioni nel mondo dell’arte. Da segnalare Le Cri, un’immersione nel lavoro e nelle ossessioni di  Munch a partire dal suo capolavoro impressionista, L’urlo, e INORI che permette di entrare nel mondo di Miwa Komats, artista giapponese che sin da  giovane può vedere creature mistiche da cui trae ispirazione per la maggior parte dei soggetti delle sue opere.

Ad assegnare i riconoscimenti “Gran Premio della Giuria per la migliore opera VR immersiva”, “Migliore esperienza VR immersiva per contenuto interattivo” e ‘Migliore storia VR immersiva per contenuto lineare’ la giuria composta da Francesco Carrozzini (in concorso l’anno scorso con X-ray Fashion), e dalla designer di esperienze immersive Alysha Naples. Presidente di giuria Laurie Anderson, artista poliedrica che nel 2017 ha vinto il premio come Best VR Experience per il suggestivo La camera insabbiata,  e che presenta quest’anno fuori competizione, un altro capolavoro del virtuale: To The Moon, percorso immaginario verso la luna, ricco di riferimenti culturali e mitologici, durante il quale prendono vita e scompaiono tra le stelle, costellazioni simili a forme di vita estinte e parole come ‘democrazia’ . Con lo spettatore che vola attraverso gli scheletri di dinosauri che si trasformano in cadillac, che può avvicinarsi alla rosa del Piccolo Principe o all’enorme montagna in cui può tuffarsi, omaggio alla tradizione pittorica cinese. 

Carmen Diotaiuti
29 Agosto 2019

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