Viva il nuovo Re, Timothée Chalamet

Timothée Chalamet protagonista di The King, film di Netflix e Fuori Concorso, interpretato anche da Joel Edgerton, Lily-Rose Depp, Robert Pattinson


Dramma storico shakespeariano della fine del ‘500, quello di Enrico V, per il The King diretto da David Michôd e per cui l’opera classica ha fatto da ispirazione, pur non essendo una pedissequa messa in scena: nel ruolo del re appena incoronato Timothée Chalamet, il ventiquattrenne attore franco-statunitense, solida colonna di un film sul potere, sulla visione del concetto di macismo, sull’efficacia della parità di genere, sull’intimità dell’animo umano. 

Hal (Timothée Chalamet), principe distante dalle prassi e dagli obblighi di corte, dalla passione scaturita dall’essere guerrafondaio e dall’amore per l’esercizio di potere, fino all’ultimo respiro del padre sfugge alla sua eredità di ruolo vivendo come e in mezzo al popolo d’Inghilterra, luogo d’elezione per celebrare anche il senso dell’amicizia sincera, quella con il più adulto John Falstaff (Joel Edgerton), suo mentore e cavaliere decaduto da glorie passate. 

Ma nemmeno un’anima ribelle come quella di Hal riesce a sfuggire al proprio destino e così, allo spirare del padre e del fratello Thomas, viene incoronato Enrico V, facendo culminare tutte le sfumature del proprio concetto di potere nella drammatica battaglia di Azincourt, roccaforte per la conquista della Francia, ma anche “terreno” per capire che ciò che appare non necessariamente corrispondere ad essere, soprattutto in materia di limpidezza umana: è infine Caterina di Valois (Lili-Rose Depp) ad aprire gli occhi al re Enrico. 

“Devi parlare al cuore dei tuoi soldati”, con questa citazione di se stesso nel film, Timothée Chalamet, che in The King dà una prova di altissimo profilo, restituisce perfettamente il senso del suo eroe non musacolare, che “non è un gladiatore, piuttosto uno che scende in campo e prende calci in culo in prima persona in un mondo di mascolinità tossica, per questo rimane interessante un ruolo così rispetto al concetto di potere. È importante la sua posizione umana, il fatto di essere incerto, perso, anche se sei re, perché ciò non toglie che si tratti di un problema umano: inoltre Enrico è giovane, cosa che lì fa paura, come succede oggi, quando qualcuno si ritrova in posizioni di potere senza sapere come muoversi”. Chalamet, che come talenti di riferimento del proprio essere attore ammira Heath Ledger e Joaquin Phoenix (anche se qui alla Mostra, presente per Joker, non l’ha nemmeno salutato per sbaglio quando si sono incrociati nell’ingresso del loro albergo, racconta sorridendo) ammette e spiega di non aver visto le interpretazione dei suoi due “predecessori” del ruolo di Enrico V, sir Kenneth  Branagh e Laurence Olivier, poiché “ho creduto di aver compreso l’arco del personaggio: Hal lotta con il peso della sua discendenza reale, penso che il film parli del suo essere giovane e del carico dell’eredità famigliare”.

Infatti “il film non è basato sull’opera teatrale, ha solo preso alcune pietre miliari della storia”, precisa il regista, David Michôd, che poi si sofferma su due aspetti del film, quello visivo e quello della monumentale e decisiva battaglia. “Non mi sono ispirato a pittori in particolare, perché l’arte del periodo medioevale è così basilare da non poter essere presa a spunto, ma nel film c’è la qualità della pittura a olio del Rinascimento: tutto questo ci ha dato la libertà di creare un mondo ‘alieno’, nel linguaggio, nella performance, nella musica. Per la battaglia è stato fondamentale scrivere i punti di vista: in tutti i film medievali si vedono confusione, ammucchiate, masse di soldati. Quando si entra dentro il combattimento, si vede il punto di vista di Falstaff, poi quello del re, poi lo si perde, e così via. Volevo tenermi su un piano umano, le riprese sono state un’esperienza tremenda, ma in montaggio mi sono ricreduto”, parole confermate da  Joel Edgerton, nel film Falstaff ma anche co-sceneggiatore, che conferma: “abbiamo discusso molto, perché volevamo mantenere una certa armonia, cosa possibile grazie al mestiere dei vari reparti, come costumi e scenografia. È stata particolare anche visivamente: volevamo si fosse quasi presenti nella battaglia, la si vivesse internamente, cosa consentita anche dalla tecnologia. Bisogna dire che non conosciamo storicamente gli eventi ordinati della battaglia reale: l’abbiamo girata in circa due settimane e mezzo, un enorme sforzo, che da attore mi ha dato la sensazione di affogare davvero nel fango, mi sono chiesto chi davvero l’avesse fatta con indosso quelle armature cosa possa aver vissuto”. 

Una sequenza cruciale per il racconto visivo, quella della battaglia, ma ancor più per la vicenda storica: è infatti questa l’occasione in cui viene ucciso il Delfino di Francia, interpretato da Robert Pattinson, e al tempo stesso il momento in cui Enrico V viene illuminato sulla verità delle cose, sull’inutilità di quello scontro violentissimo e sull’architettura strategica disegnata alle proprie spalle da chi sembrava suo più prossimo consigliere. La “luce rivelatrice” è femminile, infatti è proprio Caterina di Valois, interpretata da Lili-Rose Depp, ad aprire gli occhi e il cuore di Enrico e, rispetto al proprio ruolo, l’attrice ha dichiarato che proprio questo: “è quello che mi ha attratto del personaggio, una determinazione non comune per l’epoca: anche la madre di lei era una donna molto molto forte. Penso che sia molto bello far arrivare questo messaggio, cioè che quest’uomo abbia avuto i consigli più sinceri da una donna”. 

The King è il terzo film Netflix presente alla Mostra e sarà distribuito sulla piattaforma, e al cinema, nel mese di novembre. 

Nicole Bianchi
02 Settembre 2019

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