L’horror Della Casa

Boia, maschere e segreti: l’horror italiano degli anni Sessanta di Steve della Casa in Venezia Classici


VENEZIA – Locandina e titoli di testa optano per un lettering “di genere”. Il corpo delle singole lettere, bombato e soprattutto grondante di sangue, subito, e senza dubbi, dichiara l’horror e il momento storico – gli anni ’60 che il film indaga – scorrendo sulle musiche acide e acute, anch’esse direttamente mutuate dalle pellicole del genere e del periodo. 

“Il cinema popolare italiano è un universo ricco di fascino e spesso ancora non esplorato. Raccontare l’horror italiano degli anni Sessanta significa analizzare un percorso produttivo dove la ristrettezza di mezzi finanziari non era vissuta come un limite, ma come una possibilità di sperimentare grandi innovazioni sul piano estetico e anche nei contenuti”, dichiara Steve Della Casa, autore e regista di Boia, maschere e segreti: l’horror italiano degli anni Sessanta, nella sezione Venezia Classici.

“Negli anni Sessanta il cinema horror conosce una rinnovata stagione di grandi successi nel mondo. L’Italia produce piccoli film che hanno grande eco internazionale e che costituiscono un approccio nostrano al genere. “Il cinema italiano dell’orrore nasce perché hanno un grande successo – in tutto il mondo – produzioni di questo genere, ma soprattutto in Gran Bretagna, dove ci sono i film della Hammer diretti da Terence Fisher e interpretati da Christopher Lee e Peter Cushing; è in quel momento che in Italia si pensa di aprire una produzione di film a basso costo che erano però destinati al mercato internazionale”, spiega il regista. 

Il documentario di Steve Della Casa, che mette in scena anche se stesso nei panni di storico e critico di cinema, oltre a materiale d’archivio con interviste originali come quelle di Rai Teche a Mario Bava, con il contributo di maestri come Dario Argento e Pupi Avati, e di importanti critici francesi – Frédéric Bonnaud, Jean Gili, JeanFrançois Rauger, Bertrand Tavernier – ripercorre le peculiarità e i cardini di un approccio molto originale all’horror, in cui estetica pop e contenuti trasgressivi scrivono l’unicità della produzione italiana di quel decennio.

Della Casa, per il suo settimo film – e quarto presente alla Mostra del Cinema – usa 12 pellicole di repertorio di genere, scelte nella quarantina prodotte allora, tra cui capolavori come La morte ha fatto l’uovo (1968) di Giulio Questi e Sei donne per l’assassino( 1964) di Mario Bava: “Per sua esplicita ammissione, anche Dario Argento ne ha tratto beneficio per la  sua futura carriera”, racconta l’autore, a cui nel film dà conferma lo stesso maestro del brivido: “Sì, vidi Sei donne per l’assassino, e mi piacque moltissimo, mi piace ancora, e in parte influenzò forse il mio primo film, L’uccello dalle piume di cristallo, per lo stile, cosiddetto ‘anni Sessanta’”. Come continua Della Casa, “in questo cinema ci sono anche dei mostri, anche dei ragni giganti che oggi ci paiono ridicoli ma erano realizzati nientemeno che da Carlo Rambaldi, che si fece le sue ossa proprio a Cinecittà con questi mostri creati con bassi budget e poi andò a lavorare a Hollywood con i più grandi e ha vinto anche tre Oscar, con King Kong, Alien con E.T.”. 

Boia, maschere e segreti: l’horror italiano degli anni Sessanta è un progetto realizzato da Produzione Straordinaria e distribuito da Compass Film. 

Nicole Bianchi
05 Settembre 2019

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