Rambo: eroe di confine

Asciutto, violentissimo, altamente drammatico, arriva in sala il 26 settembre con Notorius Picturse Rambo: Last Blood, in cui Sylvester Stallone riesce con successo a reinventare il suo eroe


Inizia lentamente, questo Rambo – Last Blood – in uscita il 26 settembre con Notorius Pictures – quinto non scontato capitolo della saga del veterano di guerra che, assieme alla controparte pugilistica Rocky, ha reso Sylvester Stallone la star – e l’autore, è più che mai ora di ammetterlo – che il pubblico conosce e apprezza. Non scontato perché più di una volta Sly aveva dichiarato che con Rambo aveva terminato, che non aveva più niente da raccontare su di lui se non, eventualmente, una morte epica ed eroica. Ma Stallone cambia spesso idea – lo fa anche con Rocky, del resto. E’ notizia recente che abbia deciso, parrebbe, di girare ancora un film con lui come protagonista, parallelo alla saga spin-off Creed – e per fortuna non sempre dice l’ultima parola.

Così, dopo il violentissimo John Rambo del 2008, che aveva ottenuto un buon successo, le idee sono fioccate. Ne abbiamo sentite di tutti i colori. Che la serie si sarebbe aperta alla fantascienza mettendo il soldato contro una creatura geneticamente modificata in stile Yeti. Poi si è parlato di un prequel, probabilmente televisivo, con Sly nel ruolo del narratore e un giovane attore a interpretare il soldato ai tempi del Vietnam, raccontando le origini del suo trauma, infine di un serial incentrato su suo figlio, ma nessuna di queste intuizioni sembrava portare da nessuna parte, complice il disinteresse di produttori e distributori che ritenevano il personaggio probabilmente troppo ancorato agli anno ’80 e all’iconografia da supereroe patriottico che Rambo aveva acquisito man mano che il suo successo e la sua popolarità crescevano. Parallelamente, a Bollywood è in lavorazione da diversi anni un remake del Rambo primigenio, con la star indiana Tiger Shroff nei panni del protagonista.

Ricordiamoci però da dove Rambo viene. All’origine di tutto c’è il drammatico romanzo di David Morrell, dal titolo ‘First Blood’, primo sangue, che era anche il titolo inglese della pellicola che ne venne tratta nel 1982, e che restava più simile a un film di guerra come Il cacciatore che a un action spaccamuscoli come quelli che l’avrebbero seguita. “Originariamente Rambo era solo una bella storia sull’alienazione – ha detto Stallone a presentando il tutto a Cannes qualche mese fa – poi mi sono reso conto del fatto che i veterani del Vietnam erano incredibilmente deteriorati, tra loro c’erano molti suicidi. C’è stata un’interpretazione politica del film ma io all’epoca non avevo mai nemmeno votato, non avevo nulla a che fare con la politica! Ho capito molte cose quando Reagan un giorno mi ha detto che amava molto Rambo… io ho pensato: ma è repubblicano!”

Questo nuovo film, diretto tecnicamente da Adrian Grunberg ma scritto e fortemente voluto da Sly, riprende parzialmente quell’approccio, riportando Rambo alle origini per poi discostarsene del tutto. Asciuttissimo sia per la semplicità della trama che per la durata, questo episodio non lascia spazio alla nostalgia, ed è uno dei suoi più grandi pregi. Il pubblico non ritroverà (se non per qualche breve accenno) il tema storico di Jerry Goldsmith, né la fascetta rossa, né i capelli lunghi e sudati, i muscoli lucidi e il petto nudo. Del Rambo che conosciamo, resta solo il cuore, anche se è destinato a spezzarsi molto presto.

E’ un Rambo invecchiato ed evoluto, un eroe eastwoodiano quello che troviamo nella sua tenuta in Arizona con il classico look da cowboy, a guadagnarsi la vita come ranger, tra alti e bassi, curando i cavalli e scavando tunnel al confine tra Stati Uniti e Messico per essere pronto ‘a qualsiasi evenienza’. Non ha messo la testa a posto. Per Rambo è impossibile. E’ ancora uno schizzato pieno di rabbia pronta a venir fuori alla prima occasione. Ma cerca di controllarsi e lo fa soprattutto per la sua figlia adottiva, Gabriela (Yvette Monreal. E’ da segnalare nel cast anche la presenza di Paz Vega), che ama più di qualsiasi altra cosa al mondo. Ma la ragazza cerca le sue origini e, contro la volontà di John, va alla ricerca del suo vero padre, un pericoloso criminale messicano. Succederà qualcosa di veramente brutto – il film è molto crudo, sia in termini di violenza grafica che di sviluppi drammatici della vicenda. L’eroe, insomma, stavolta può fallire, e questo è il secondo senso del ‘non scontato’ di cui parlavamo in apertura – e l’animale di guerra riemergerà dal profondo per ripristinare la giustizia.

Al film non manca una certa vena politica, ma non si schiera specificamente da nessuna parte. Certo, c’è lo stereotipo molto presente del criminale messicano, ma dal Messico viene anche il buono, ovvero Gabriela, il simbolo di un’innocenza che Rambo pensava di aver perduto tra le paludi vietnamite vedendo esplodere in mille pezzi i suoi commilitoni.

Si potrebbe dividere il plot in due sezioni nette – più l’epilogo, che è breve e iconico – la prima, come dicevamo, molto lenta e drammatica – e Stallone piazza un paio di prove d’attore encomiabili, che vanno a fare compagnia al pianto dirotto davanti al colonnello Trautman e alla decisione di Rocky di lottare contro il cancro in Creed – perfettamente funzionale al crescendo di tensione che poi troverà esplosione nella seconda parte, quando Rambo attira il plotone di criminali che gli ha fatto torto nella sua tana facendo fare la fine del topo a ciascuno di loro, nei modi più violenti e pittoreschi che si possano immaginare. Nella seconda parte, il film diventa quasi uno slasher e Rambo ha il ruolo del massacratore spietato – come Michael Myers, Jason Voorhes o, se vogliamo, lo Xenomorfo di Alien, con tanto di deriva claustrofobica dato che l’azione si svolge tutta nei lunghi cunicoli che Rambo ha scavato sotto il suo terreno – ma con una giusta causa, per cui si patteggia per lui, saltando sulla sedia, se si ha la giusta dose di ironia, ogni volta che un cattivo fa la fine che si merita. Funziona tutto meravigliosamente, ed è il lavoro migliore che si potesse fare sull’icona per adattarla ai nostri tempi.

Una popolare battuta, negli anni ’80, recitava ‘Rambo, togliti la fascetta!’, quando qualcuno esagerava un po’ con atteggiamenti da macho. Oggi sappiamo che quando Rambo si toglie la fascetta, può risultare ancora più pericoloso e letale.

Trailer:

Andrea Guglielmino
19 Settembre 2019

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