Alberto Sordi e l’italiano medio furbo e vile

Nel centenario della nascita il documentario Siamo tutti Alberto Sordi? di Fabrizio Corallo, è un omaggio partecipato a un grande talento della commedia italiana


“Un artista che sapeva acchiappare rapinosamente i tratti, anche i più nocivi, del temperamento nazionale e di restituirli in forma comica”, dice con precisione il giornalista e scrittore Filippo Ceccarelli nel documentario Siamo tutti Alberto Sordi? Si tratta dell’omaggio firmato da Fabrizio Corallo, nel centenario della nascita del grande attore romano dalla carriera lunga 60 anni. Sono quasi 190 i film interpretati, di cui 19 anche diretti, nei quali spesso Sordi ha indossato i panni dell’italiano spietato con i deboli, ossequioso con i potenti, a volte opportunista e vigliacco.

Il docu-film, che andrà in onda il 12 aprile su SkyArte e il 10 giugno su LA7, segue Sordi (1920-2003) nell’arco della sua formazione: da quando affascinato da Ettore Petrolini sceglie di diventare attore nonostante a 16 anni venga bocciato all’Accademia d’Arte Drammatica di Milano. E allora gli inizi come comparsa a Cinecittà, la voce prestata al comico americano Ollio dopo aver vinto il concorso della MGM, il debutto nel varietà e nella rivista una volta scoperto da Aldo Fabrizi. E poi la radio con i famosi personaggi del Conte Claro e Mario Pio, il debutto finalmente da protagonista nella commedia Mamma mia, che impressione! (1951), un insuccesso che allontana i produttori. E’ Fellini a dargli fiducia e popolarità con le interpretazioni de Lo sceicco bianco (1952) – il film della svolta con il personaggio di un Don Giovanni da strapazzo – e de I vitelloni (1953). L’incontro con gli sceneggiatori Rodolfo Sonego, Age&Scarpelli e Ettore Scola arricchirà il suo personaggio di sfumature inedite e profonde, rafforzando sempre più il suo istinto attoriale.

“L’ho conosciuto poco, l’ho incontrato alcune volte per intervistarlo ma non c’è stata la stessa familiarità e vicinanza che avevo con Gassman, sono uno suo spettatore ammirato di sempre”, dice il regista Corallo che in passato ha narrato le vite di Dino Risi, Vittorio Gassman e Mariangela Melato. Per raccontare un grande della commedia all’italiana si è avvalso delle testimonianze di giornalisti, critici, attori, registi come: Carlo Verdone, Goffredo Fofi, Gloria Satta, Valerio Caprara,  Masolino D’Amico. Renzo Arbore, Paolo Mieli, Michele Serra, Pietrangelo Buttafuoco, Vincenzo Mollica, Maurizio Costanzo, Filippo Ceccarelli, Walter Veltroni, Luca Verdone, Enrico Vanzina, Marco Risi, Pierfrancesco Favino, Claudio Amendola, Anna Foglietta, Christian De Sica.

Siamo tutti Alberto Sordi? si compone di scene dei suoi film più significativi, nonché di brani tratti dalle sue tante apparizioni televisive e interviste. L’Archivio Luce ha messo a disposizione immagini di repertorio da set, festival e manifestazioni pubbliche. “Walter Veltroni, presidente onorario della Fondazione Museo Sordi, ci ha permesso di girare a lungo nella villa dell’artista e ci ha dato dei filmati inediti. Il vero ostacolo – spiega il regista – è stato sintetizzare una carriera ricchissima, data l’incredibile quantità di film, apparizioni televisive, materiali di repertorio, oltre alle 20 ore di nuove interviste realizzate. Ma la cosa che più mi stava a cuore era la questione di quanto Sordi fosse critico verso i personaggi e le situazioni che rappresentava o quanto invece compiaciuto. Così ho chiesto agli intervistati di esprimersi su questo tema”.

E Michele Serra lo dice benissimo, sottolineando come il prodigio artistico dell’attore romano sia “meravigliosamente ambiguo perché non si capisce quanto ci fosse di denuncia e quanto di compiacimento in quei personaggi”. Per Corallo c’è comunque l’intento di fustigare gli italiani anche se non è così esplicito, data la grande simpatia che fa identificare e in qualche modo autoassolvere gli spettatori. E tra le testimonianze del film era anche prevista quella di Nanni Moretti che proprio in Ecce Bombo, nel 1978, polemizzava (“Ma che siamo in un film di Alberto Sordi… Te lo meriti Alberto Sordi”) con la commedia italiana perché ritenuta qualunquista e ammiccante. “Posso sbagliarmi ma credo che con il tempo Nanni avrebbe smorzato questo tipo di polemica – dice Corallo – Era disponibile a chiarire oggi il suo punto di vista ma era impegnato nel montaggio del suo ultimo film”. 

Ma non c’è solo il racconto dell’uomo di spettacolo e del Sordi in pubblico estroverso, socievole, solare. Il documentario si sofferma anche su un Sordi nel privato austero e malinconico, “una sua parte più intima, più segreta, legata alla famiglia, alla tradizione e alla villa che costituiva il suo rifugio ed eremo”. E la leggenda sulla sua avarizia viene ridimensionata ricordando che fece beneficenza in segreto, aiutando gli orfanotrofi e creando una fondazione dedicata alla cura e all’assistenza qualificata delle persone anziane.

Infine il capitolo degli amori, quelli almeno conosciuti: la lunga relazione con l’attrice di teatro Andreina Pagnani, la presunta love story con Soraya, ex regina di Persia, la forte attrazione per Silvana Mangano e il matrimonio mancato con l’attrice austriaca Uta Franz. Si erano conosciuti sul set di Una parigina a Roma. Avevano deciso la data, ma l’Albertone nazionale mandò un suo segretario a comunicare alla famiglia la sua rinuncia. Il motivo? “Quest’anno non possiamo sposarci perché siamo molto occupati”.

Stefano Stefanutto Rosa
18 Febbraio 2020

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