Johnny Depp e l’incubo senza fine di Minamata

Uno dei maggiori disastri ambientali del Giappone in Minamata di Andrew Levitas, con un Johnny Depp degno di nota nei panni del celebre fotogiornalista W.Eugene Smith, che realizzò il reportage sui co


BERLINO – Una donna tiene sua figlia gravemente deformata tra le braccia in una stanza da bagno giapponese. La guarda con grazia e delicatezza di madre, in una pietà contemporanea in bianco e nero diventata una delle foto simbolo del reportage “Minamata” realizzato per la rivista Life dal grande fotografo americano W.Eugene Smith, per attirare l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale sui tragici e devastanti effetti di un grave inquinamento da mercurio che colpì le delle acque di una cittadina costiera in Giappone, Minamata appunto, derivato dal sistematico e massiccio sversamento in mare delle acque reflue di un’industria chimica, la Chisso Corporation, dal 1932 al 1968. L’avvelenamento da mercurio provocò agli abitanti della zona, per primi i pescatori che lavoravano nella baia, una sindrome neurologica grave che provoca devastanti effetti sul coordinamento muscolare, paresi, disordine mentale, numerosi decessi e nascite di bambini con deformità fisiche importanti. Tutto questo nell’iniziale indifferenza sia del governo giapponese che negava la sindrome, che della Chisso, che smentiva l’utilizzo di mercurio nei propri impianti.

Una storia, purtroppo, attuale e non del tutto conclusa, tant’è che “ancora oggi ci sono molte persone a Minamata in quella situazione, che soffrono”, denuncia Aileen Mioko Smith, moglie del fotografo scomparso nel 1978, che insieme a lui si era immersa nella comunità giapponese documentandone gli sforzi per convivere con la malattia e la lotta per ottenere il riconoscimento del danno subito. A portare sullo schermo questa vicenda, tra le proiezioni speciali a Berlino, il giovane artista e regista Andrew Levitas in Minamata, con Johnny Depp nei panni del celebre e inquieto fotogiornalista, autore di immagini così intime e toccanti, che furono capaci di dare al disastro una dimensione umana straziante. Notevole prova d’attore per Depp, esaltata anche dalla ragguardevole somiglianza fisica in scena, frutto di quasi tre ore di trucco al giorno, unita a passione personale e conoscenza indiretta del personaggio.”Per molti anni ho provato una strana fascinazione per lui, prima per le sue foto, poi, quando ho letto della sua vita e di cosa aveva sacrificato per catturare quei momenti, sono rimasto affascinato da tutto ciò che rappresentava”, rivela l’attore da sempre appassionato anche di fotografia. “Conoscevo bene una fotografa che lo aveva incontrato, Mary Ellen Mark, e le avevo chiesto di lui perché ammiro le sue foto. Mi ha raccontato di come fosse una sorta di bohémien, arrogante ma al tempo stesso estremamente sensibile, un fotogiornalista di guerra incallito che aveva visto tutto”. 

“La cosa importante di questa storia è che riguarda l’umanità – continua Depp – spinge a interrogarsi su quanto ci lasciamo coinvolgere, su quanto siamo capaci di sentire profondamente. Quando ho letto la storia di quell’incubo, mi era quasi impossibile credere che qualcosa del genere potesse succedere, che si potesse arrivare a quel livello. Ma l’aspetto ancora più angosciante è che tutto questo avrebbe potuto e dovuto essere fermato sul nascere, molto tempo fa, ma non è accaduto. Leggere la storia di quello che è successo è stato scioccante, sapere che ancora ci sono degli effetti è ancora più scioccante. Credo che questa storia avesse bisogno di essere raccontata e il potere dei media o del cinema, o di ogni forma di arte in genere, debba essere usato per aprire gli occhi su quello che succede. Da artisti non si può che essere onorati di portare una storia come questa alla gente. Fare cinema e usare il potere che ne deriva per mandare messaggi, è un sogno personale che si avvera per tutti noi”.

Nei panni dell’editore della rivista Life che gli commissiona il reportage, Bill Nighy, che si dice particolarmente orgoglioso di essere stato coinvolto in un così importante progetto, che non riguarda solo il Giappone ma parla di qualcosa che avviene in America, in Canada, ovunque, come ha sottolineato anche il regista Andrew Levitas: “Non si tratta solo di Minamata, il film parla di quello che succede in tutto il mondo, ancora oggi. L’inquinamento, lo sfruttamento, la corruzione. Perciò era importante raccontare questa storia, affinché potesse mandare a tutti un messaggio forte e contemporaneo”.

Carmen Diotaiuti
21 Febbraio 2020

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