Il mistero di Hong Sangsoo a Berlino

Il prolifico cineasta coreano torna in concorso a Berlino on The Woman Who Ran, un film misterioso, come lo è la vita, e come è la comunicazione tra gli esseri umani


BERLINO – Torna in Concorso a Berlino il prolifico autore coreano Hong Sangsoo, con The Woman Who Ran, suo ventiquattresimo film, che arriva al festival dopo On the Beach at Night Alone del 2017. Una pellicola delicata, lirica, con un approccio minimalista, avvolgente, con andamenti che si ripetono con lievi variazioni. Un film misterioso, come del resto lo è la vita, e come è la comunicazione tra gli esseri umani. Che rimane misterioso anche nel suo titolo. Chi è la donna che corre e da cosa scappa? “Non ho ancora deciso – risponde laconico il regista – stavo per farlo ma mi sono fermato un attimo prima. Corre forse dall’oppressione, dall’insoddisfazione. Ho scelto questo titolo, perché desidero che gli spettatori lo riempiano di senso dopo aver visto il film”.

Il film ruota intorno alla protagonista Gamhee, interpretata da Kim Minhee, che appare in molte pellicole di Hong Sangsoo. Di recente ha tagliato i capelli, suo marito è in viaggio d’affari e ha del tempo a disposizione, così incontra tre amiche, ripetendo a ciascuna di loro che è la prima volta negli ultimi cinque anni che trascorre del tempo lontana da suo marito. Visita le prime due nelle loro case, la terza la incrocia, invece, per caso in un cinema, ed è l’occasione attesa da molto tempo per scusarsi di un errore fatto in passato.

Nelle conversazioni tra le donne, amichevoli ma sempre misteriose, c’è molto di non detto. Come fossero interrogativi sulla vita lasciati aperti. “Quando ho iniziato a girare, non avevo un’idea completa e precisa sulla struttura narrativa del film”, ha rivelato il cineasta. “Volevo vedere cosa succedeva, cosa veniva fuori girando. Il mio approccio è stato quello del seguire l’onda, surfare sugli eventi, lasciare che il mio istinto mi portasse a qualcosa. Non parto mai da nessun tipo di generalizzazione riguardo ai miei soggetti. Anche qui ho iniziato a girare con del materiale che mi sembrava interessante, e quello che ne è venuto fuori non ha niente a che fare con le mie idee generali sulla società coreana”. Il film è , infatti, attraversato da un flusso che segue singoli elementi della vita umana:“Ho cercato di tagliare fuori dal film ogni forma di aspettativa e di generalizzazione. Ho scelto, ad esempio, di girare la scena delle galline nel cortile dopo averle viste, mi erano solo piaciute, ho lasciato che gli elementi mi arrivassero come pezzi senza significato”.

Tra le amiche incontrate, Seo Younghwa interpreta Youngsoon, una donna che ha divorziato da poco e celebrare la visita dell’amica bevendo un po’ troppo e mangiare molta carne. Insieme a lei vive Youngji (Lee Eunmi), che nutre i gatti randagi che vivono intorno alla loro casa come se fossero figli. Anche la scena con i gatti, di grande impatto estetico, è frutto di un evolversi di eventi, conferma il regista: “Dovevamo girare di sera, ho visto un gruppo di gatti e la scena è stata girata in una solo ciak”.

Rispetto all’eventuale processo di co-creazione sul set con gli interpreti, spesso abituali, interviene Seo Younghwa a spiegare il suo personale approccio con la sceneggiatura: “Mi focalizzo sulla mia parte, non su quello che fanno o che faranno gli altri interpreti, che in realtà ignoro. Mi affido al regista che sa come i singoli elementi si combineranno insieme. Non tutto, però, è scritto, molto avviene mentre giriamo, e questo è bello per un attore”.

Carmen Diotaiuti
25 Febbraio 2020

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