Elio Germano: “Adesso riapriamo le sale e basta con la paura”

Volevo nascondermi sarà presto in sala, nonostante l'emergenza virus, come anticipa il produttore Carlo Degli Esposti. Per Favolacce uscita prevista il 16 aprile con Vision


BERLINO – E’ una serata speciale per il cinema italiano, questa berlinese. Una felicità che sembra rompere l’incantesimo del coronavirus e portarci fuori dalla quarantena, come afferma anche il produttore Carlo Degli Esposti. Si festeggia il doppio premio a due film molto diversi tra loro come Volevo nascondermi e Favolacce ma uniti dalla forza, dall’originalità. E dalla presenza di un attore di straordinario trasformismo e coerenza come Elio Germano, che torna a vincere in un grande festival internazionale a dieci anni esatti dalla Palma di Cannes per La nostra vita di Daniele Luchetti. Stavolta è il suo ritratto di Antonio Ligabue a colpire al cuore una giuria. “Uno straordinario lavoro nel catturare sia la follia esteriore che la vita interiore dell’artista”, questa la motivazione della compagine guidata da Jeremy Irons, dove Luca Marinelli avrà certamente detto la sua.

Sul palco Elio Germano dedica il premio a tutti gli outsider, gli emarginati. “Lo voglio dedicare, questo premio, a tutti gli storti, tutti gli sbagliati, tutti i fuori casta e ad Antonio Ligabue e alla grande lezione che ci ha dato, che è ancora con noi, che quello che facciamo in vita rimane. Lui diceva sempre ‘Un giorno faranno un film su di me’ ed eccoci qui!”. E sotto la camicia dello smoking nasconde una t-shirt con la faccia del pittore che fa boccacce.

Due premi in due festival internazionali a distanza di tempo, era capitato a pochi altri, Mastroianni e Volontè, per dire. “A 30 anni ho vinto a Cannes, a 40 a Berlino, magari a 50 anni mi daranno la Coppa Volpi – scherza l’attore romano incontrando alcuni giornalisti – Quando i film passano in concorso in un festival internazionale come questo è già una vittoria. Spesso in Italia neanche ci arrivano, ed è doloroso rispetto al grande lavoro che c’è dietro. Importante quindi poterne parlare di più a casa nostra e all’estero”. Ha vinto tanti premi, tre David di Donatello (Mio fratello è figlio unico, La nostra vita e Il giovane favoloso). Il Nastro d’argento sempre per La nostra vita. “I premi sono sempre dati ai film – riflette – anche quando vanno agli attori. Giorgio Diritti mi ha dato questa grande possibilità: è stato un film molto duro in cui tutti hanno dato un contributo importante, il truccatore, il direttore della fotografia, tutti”.

La sua presenza alla Berlinale – la prima diretta da Carlo Chatrian, molto felice per il verdetto della giuria – è stata forte anche in Favolacce, dove ha un ruolo non da solista ma che lascia il segno. E Favolacce – in sala dal 16 aprile con Vision Distribution – ha vinto l’Orso d’argento per la sceneggiatura: “E’ un momento bellissimo per il cinema italiano. Nutro una stima enorme per i fratelli D’Innocenzo – prosegue Elio – Poi a Berlino ci dice bene, qui abbiamo vinto anche con La paranza dei bambini, con Fuocoammare, con Cesare deve morire. Il cinema italiano sta tornando a dire la sua. Non è il solito remake a cui sono abituati all’estero, è un cinema alternativo, sincero, diverso. C’è una nuova tradizione del cinema italiano, tanti film che non vedo l’ora di vedere”. C’è stato un ricambio generazionale con autori come Alice Rohrwacher, Jonas Carpignano, i gemelli D’Innocenzo? “Il concetto di giovane autore è relativo. Dovremmo far fare i film ai ventenni. I gemelli, che per noi sono giovanissimi, hanno 30 anni. Il cinema è un linguaggio libero che invece rischia di somigliare sempre a se stesso. Sono importanti tutte le voci diverse per età, per provenienza sociale, tutti devono avere la libertà di parlare. Per esempio gli immigrati di seconda generazione che stanno cominciando a raccontare il nostro paese, spero che nasca qualcosa che non sia solo la ricerca degli applausi o degli incassi, che non sia solo imitazione dell’esistente, ma la ricerca di una strada personale, e parlo da spettatore”.

E non manca un pensiero all’Italia nell’emergenza coronavirus. “Ero indeciso se dire qualcosa sul palco, sarebbe stato importante. Stiamo vivendo un contagio che sta facendo grandi danni, ma il vero virus è quello della paura, che si contagia anche con la mascherina, passa dalla tv e dai telefonini. Sta creando una psicosi devastante. Sulla paura ci hanno soffiato sopra in tanti, è uno strumento per controllare i popoli, il suo antidoto è la conoscenza e la cultura. Il cinema non deve solo distrarre, può anche aprire gli occhi. Dobbiamo ricominciare a spegnere tv e telefoni e accendere i cervelli, aprire musei e cinema. Quello che faccio è un inno alla vita”.

Così il produttore Carlo Degli Esposti promette un’uscita a breve di Volevo nascondermi: “Vogliamo essere i primi a rompere la paura che tiene le sale chiuse. Usiamo questo successo per riaprirle. Appena ci saranno i presupposti minimi, d’accordo con 01 e Rai Cinema, o questa o la prossima settimana, forse con uscite a scacchiera. Usciamo in una situazione postbellica ma ne saremo orgogliosi anche se sarà complicato riaffezionare il pubblico alle sale ma ce la metteremo tutta. Era un momento felice per il cinema italiano subito primo dell’emergenza e lo è perché siamo tornati a raccontare le storie che ci piacciono con sincerità”.

E’ uno show continuo quello dei gemelli D’Innocenzo, veri beniamini del festival. Sul palco e fuori si abbracciano, si accarezzano e giocano con l’Orso come se fosse un peso per fare i bicipiti oppure dandogli il microfono e aspettando che sia lui a parlare. Il premio per la scrittura sembra perfetto: “Abbiamo scritto questa sceneggiatura quando eravamo molto giovani, ma non l’abbiamo cambiata, è rimasta com’era. E’ il premio più simbolico perché parla di noi quando ancora dovevamo capire cosa fosse la vita e il nostro destino, è un premio poetico. L’avevamo già detto una settimana fa, ci aspettavamo di vincere esattamente questo premio che va a una scrittura innovativa, originale, per un film che parla a tutti, che vuole essere un meraviglioso romanzo. Una scrittura piena di rabbia e di voglia di emergere”. Nei ringraziamenti hanno citato anche i due attori del primo film La terra dell’abbastanza, Olivetti e Carpenzano: “Un film entra dentro l’altro, gli incontri che si fanno in questo percorso continuano. Con gli attori formiamo una piccola famiglia e per noi avere un rapporto di sangue è fondamentale. Col primo film non potevamo quasi permetterci di chiamarci registi, l’abbiamo fatto quasi in apnea, adesso però possiamo dirlo”. Quasi in simbiosi, condividono tutto. “Dalla prima colazione alle cose più importanti, ogni cosa viene abbracciata da entrambi nello stesso momento”. E rivelano: “Frequentiamo anche la malinconia, non solo la gioia. Adesso abbiamo voglia di tornare a casa e metterci a scrivere, scrivere. E continuare ad essere autentici e sinceri con noi stessi”. 

E c’è l’applauso del ministro della cultura Dario Franceschini, che sottolinea: “questi due prestigiosi riconoscimenti confermano la qualità, la vitalità e la contemporaneità del cinema italiano, capace di raccontare al mondo storie universali con eleganza ed originalità”. Esulta Paolo Del Brocco, ad di Rai Cinema. “Con questo prestigioso riconoscimento si va definendo sempre di più l’affermazione di una nuova generazione di autori, che Rai Cinema contribuisce a scoprire e far crescere, accompagnandoli fin dall’inizio nel proprio percorso artistico”. “Ai registi D’Innocenzo e Giorgio Diritti, ad Elio Germano e ai produttori di Pepito e Palomar con i quali abbiamo condiviso questo percorso, le nostre congratulazioni e i ringraziamenti per questo splendido traguardo”, aggiunge Nicola Claudio, presidente di Rai Cinema. “La maestria geniale di Elio Germano e l’innovativa esperienza dei fratelli D’Innocenzo confermano il momento d’oro per il cinema italiano, la sua qualità creativa e produttiva. Tanto più in un momento drammaticamente difficile per le nostre sale in tempi di coronavirus, i successi di Berlino ci inducono a reagire con orgoglio e spirito di comunità”, osserva il presidente dell’Anica Francesco Rutelli. Grande soddisfazione anche per Nicola Maccanico di Vision. 

Cristiana Paternò
29 Febbraio 2020

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