L’Orso contro la censura. E Rasoulof si commuove al telefono

Il regista iraniano Mohammad Rasoulof non ha potuto ritirare il premio perché le autorità iraniane gli hanno negato il passaporto. Ma in conferenza stampa si è collegato via telefono


BERLINO – Non è la prima volta che un film arrivato all’ultimo giorno di festival rimette in discussione i premi. Accadde ad esempio con Rosetta a Cannes 2000, e accade ora con There is No Evil di Mohammad Rasoulof, ultimo titolo a scendere in concorso e Orso d’oro della 70esima Berlinale. Un premio meritatissimo per il film (che in Italia sarà distribuito da Satin) non solo per motivi squisitamente politici, ma anche per la qualità artistica del progetto, convincente in ogni suo aspetto dalla scrittura alla recitazione alle questioni etiche toccate dalla narrazione, un tratto tipico del miglior cinema iraniano contemporaneo che conferma il valore di questa cinematografia. Un film forte che ha immediatamente toccato la platea del festival e ha vinto, oltre all’Orso d’oro, anche il Premio della giuria ecumenica e il Guild Film Prize.  

Lo compongono quattro storie che pongono i personaggi di fronte al dilemma dell’obbedienza a un’autorità ingiusta – si parla in particolare di pena di morte – ma lo fanno con grande poesia e capacità narrativa e di scrittura. La scelta di girare quattro distinti cortometraggi è stata anche produttiva, per meglio aggirare il divieto imposto al cineasta, interdetto dal set così come impossibilitato a uscire dal suo paese.

Per Rasoulof, come in passato per Panahi, c’è stata una sedia vuota qui al festival perché le autorità non gli hanno concesso il passaporto sequestrato nel 2017 al ritorno Cannes dove aveva vinto Un Certain Regard con A Man of Integrity. Dunque il regista iraniano non ha potuto assistere alla lunga ovazione della sala, mentre a ritirare il riconoscimento è stata la figlia Baran, che recita nel film, e che sottolinea come sia un momento “felicissimo e allo stesso tempo molto triste” perché il padre non può essere qui con noi. Eppure durante la conferenza stampa, uno dei produttori riesce a collegarsi via telefono con Mohammad ed è un momento molto intenso, con il regista iraniano commosso dal lungo e caloroso applauso dei giornalisti. Una video chiamata breve in cui il cineasta riesce a dire solo poche frasi, parlando del senso del film, quell’invito forte e chiaro ad assumersi la responsabilità delle proprie azioni, a non obbedire ciecamente. “Non ci sono muri che possono fermare idee, convinzioni o amore”, rimarca il produttore Kaveh Farnam, che ha anche ringraziato tutto il cast e la troupe per aver messo in pericolo la propria vita nel progetto, aggiungendo: “Questo mio piccolo nuovo amico, l’Orso d’oro, viaggerà molto presto nel mio paese e dirà a Mohammad che non è solo”.

Cristiana Paternò
29 Febbraio 2020

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