Così Buñuel costruì Las Hurdes

Dal 5 marzo in sala con Draka Buñuel - Nel labirinto delle tartarughe di Salvador Simò, un film d'animazione per cinefili, making of del documentario Las Hurdes (Terra senza pane) di Luis Buñuel


Vincitore dell’European Film Award e del Goya come miglior lungometraggio d’animazione oltre ai premi della giuria e per la colonna sonora all’Annecy International Animated Film Festival, Buñuel – Nel labirinto delle tartarughe arriva in sala il 5 marzo con Draka. E’ un film d’animazione assai singolare, per adulti e cinefili, un documentario che racchiude un capitolo di storia del cinema e, in un certo senso, un raffinato making of di un documentario, quel Las Hurdes (poi intitolato Terra senza pane) in cui l’allora trentenne Luis Buñuel si discosta dall’amico e mentore Salvador Dalì, complice dei primi lavori surrealisti Un chien andalou e L’age d’or, per calarsi (benché a modo suo) dentro una realtà drammatica e urgente: i poverissimi villaggi dell’Estremadura, regione contadina al confine col Portogallo. Il documentario del 1932 – di cui nel film si vedono alcuni spezzoni – mostrava le disagiate condizioni della popolazione, a contrasto con la ricchezza vistosa dell’unica chiesa presente. Niente elettricità, niente strade, malattie endemiche come il gozzo e la malaria, nanismo e dissenteria.

Salvador Simò racconta la storia della genesi e realizzazione di quel film usando l’animazione 2D e traendo ispirazione dell’omonima graphic novel di Fermín Solís. Al centro della narrazione la grande amicizia tra Buñuel e lo scultore, pittore e scrittore anarchico Ramon Acin, che per aiutare il regista (rimasto senza finanziatori dopo le polemiche per le sue opere surrealiste con intervento persino delle alte sfere ecclesiastiche) produsse il documentario con i soldi che aveva vinto alla lotteria, 150mila pesetas. Acin morirà pochi anni dopo, nel 1936, durante la Guerra Civile Spagnola, fucilato dai fascisti, che riservarono lo stesso destino 17 giorni dopo anche a sua moglie. “Il film offre agli spettatori la possibilità di conoscere questo altro artista, una persona con un cuore davvero grande, come la sua terra natale, Huesca. Produttore per caso, poeta, pittore, scultore, uomo estremamente devoto agli altri”, afferma il regista.

“Qui non si tratta di cambiare le leggi ma il modo di pensare della gente. Si tratta di cambiare il mondo senza che il mondo se ne renda conto”. E’ una delle idee che spingono l’anticlericale Buñuel dentro al progetto. Riprendendo l’idea di Eli Lotar (che fu direttore della fotografia del film, lungo circa 30 minuti) il regista decide di mostrare al mondo la povertà di Las Hurdes, una delle regioni più arretrate della Spagna: zona montagnosa e contadina, a circa 100 km da Salamanca, composta da vari villaggi (i tetti bassi e ravvicinati ricordavano un labirinto e il guscio di una tartaruga, di qui il titolo). Il giovane Buñuel, ancora alla ricerca della propria identità artistica, si trova a riflettere sul suo passato, sulla severità del padre, sul conflitto con l’ingombrante figura di Dalì (che rifiutò di produrgli il documentario, perché una zingara gli aveva detto di non prestare soldi agli amici). Simò ha parlato a lungo con il nipote del cineasta, Juan Luis. “La cosa più importante che ho compreso nella mia ricerca su Buñuel era l’onestà e verità che infondeva nei suoi film e nelle sue storie – spiega ora -. Era onesto nel modo di parlare, nel modo in cui vedeva le cose. Tutto questo lo percepisci dalle sue opere: voleva che il pubblico pensasse, si ponesse delle domande”. 

Particolarmente interessanti sono le scene in cui vediamo il regista “costruire” il suo documentario indirizzando la realtà verso la propria narrazione anticonvenzionale e una poetica macabra: come nella caduta delle capre dal dirupo, nella scena dell’asino ucciso dalle api o nel funerale della bambina. 

Intanto Simò, che viene da una lunga esperienza internazionale (è stato, fra gli autori delle sequenze animate e di effetti speciali, fra gli altri, per The Jungle Book e Pirati dei Caraibi: La vendetta di Salazar), grazie al successo di Buñuel nel labirinto delle tartarughe ha dato il via a un altro grande progetto animato, stavolta in CGI, prodotto da Spagna e Cina: Dragonkeeper tratto dai racconti fantasy di Carole Wilkinson: protagonista una bimba schiava, Peng, che scopre i suoi grandi poteri quando parte in missione per salvare dall’estinzione i draghi.  

 

Cristiana Paternò
03 Marzo 2020

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