‘L’Isola delle Rose’, l’utopia della libertà ha la forma di un’isola romagnola

‘L'Isola delle Rose’, l’utopia della libertà ha la forma di un’isola romagnola


“…cos’è questa fissazione di omologare tutto? … forse dovrei costruire un mondo tutto mio!“, afferma – nel film L’incredibile storia dell’Isola delle Rose – il personaggio di Elio Germano, che dà vita a Giorgio Rosa, ingegnere bolognese realmente esistito, creatore di una piattaforma artificiale nata dal suo immaginario, un’idea di spazio divenuta micronazione il 1º maggio 1968 e demolita nel febbraio del ‘69.

“L’idea nasce mentre stavamo scrivendo Smetto Quando Voglio 2 e 3, e sulla HomePage di Wikipedia, che stavamo usando, è uscito un link con scritto ‘micronazione’, lì ho iniziato a parlarne con Francesca Manieri” – con cui il film è sceneggiato, spiega il regista, Sydney Sibilia. “La mia esigenza principale era raccontare la forza di un singolo: il vero centro era affermare che ognuno di noi è potentissimo; mi piace che Rosa abbia fatto l’Isola il 1 maggio del ’68, quando scendevano in piazza e spaccavano tutto, mentre lui, ‘il mondo migliore’, se l’è costruito. Con Francesca ci siamo subito detti che non volevamo fare un film ‘ispirato a’, ma ‘tratto da’: le cose più assurde del film sono quelle reali, quelle che paiono più normali invece sono un po’ romanzate”. 

“Sydney ha un tema autoriale molto forte: la libertà individuale e il potere costituito. La storia ci sembrava particolarmente giusta per l’autore, aveva tanti rischi ma era anche interessante per chi scrive: siamo stati affascinati, stimolati, anche l’avere a che fare con i padri della Patria, tra l’altro. È una commedia, ma anche un film epico, storico, e stabilire il rapporto con libertà positiva e libertà negativa non era semplice”, riflette la sceneggiatrice.  

Sydney Sibilia dirige una storia vera, che – nel film – inizia in una Strasburgo copiosamente innevata, il 10 novembre ’68: Rosa ha portato lì un documento, che tiene moltissimo sia letto dal Consiglio d’Europa, per “salvare la mia isola …”, che emette monete, francobolli, passaporti… 

“Ho parlato con Giorgio Rosa in persona, nella sua casa di Bologna: quando entri a contatto con una storia, non sai se lì ci sia il film che vuoi fare, e – prima tra tutte le cose da chiedere – era ‘perché?’ e cosa ci fosse dietro a quell’isola. Molte cose che ci sono nel film – la tempesta, il mare con il plancton – sono proprio suoi racconti: sono stato convinto alla fine, quando gli ho chiesto se gli avesse fatto piacere un film su di lui, e lui ha detto di no, allora ho capito che in quella negazione c’era la risposta”, racconta il regista. 

Nella cronologia filmica, Rosa, un po’ di tempo prima da Strasburgo, festeggiava guasconamente l’esame di Stato da ingegnere, in una sera in cui casualmente reincontra la sua fidanzata storica, ormai del passato, Gabriella – Matilda De Angelis; è in questa nottata, di festa e di sorpresa, che scopriamo l’avveniristica automobile costruita da Rosa stesso, dapprima per i suoi studi e poi per raggiungere la Francia istituzionale: un veicolo per cui s’è concentrato sul motore, meno sugli interni, fatti con il sofà della nonna Margherita, morta. È strana, infatti salta all’occhio della polizia, che li ferma e li controlla, ma di certo affascinante, geniale, anche per lei, avvocato, associato in uno Studio di Diritto Internazionale, che però fatica un po’ a seguire il passo di Giorgio: “…nonostante tu pensi il contrario, tu non sei un genio! tu costruisci giocattoli…”, gli strilla addosso, dopo essere finiti in carcere per la vettura senza targa, ma il tempo può cambiare i punti di vista. “Gabriella è una donna all’avanguardia, insegna, studia, ha un’indipendenza ed è un po’ il motore di Rosa, almeno per come sono state romanzate le cose nel film. È una storia davvero sotterranea, e di lei mi piaceva l’idea di raccontare l’essere figlia del suo tempo e all’avanguardia, ma in modo inconsapevole o molto naturale: che vivesse questo contrasto interno tra il suo sogno di essere parte di quel mondo utopico, che comunque le appartiene, e dall’altra fosse una donna consapevole di uno status da rispettare; seguire il sogno di uno come Rosa era troppo, ma in questa dicotomia ha prevalso ‘ciò che è giusto’, sulle regole” dice l’attrice del suo personaggio. 

Giorgio Rosa è un Galileo del contemporaneo, un Filippo Tommaso Marinetti dell’immaginazione applicata: mentre il suo babbo s’interroga perché non riesca a “essere normale”, la sua incredibile storia comincia quando rimane incantato da un cartellone pubblicitario della Misano Petroli che promette… “piattaforme e libertà”; persuade Maurizio Orlandi – Leonardo Lidi, compagno di studi, a costruire un’isola di acciaio, una piattaforma di 400mq, da fare fuori dalle acque territoriali italiane – basta sia a 6miglia dalla costa – di fronte a Rimini, dove nessuno possa “rompere i coglioni”, dove non comandi più nessuno, e “siamo liberi!”. E quest’isola è davvero stata costruita da Rosa e Orlandi, causa dell’unica vera guerra d’invasione della Repubblica Italiana, opera a seguito di cui il Consiglio d’Europa ha poi spostato da 6 a 12 miglia le distanze per definire le acque internazionali.  

“Parlare adesso di libertà è difficile: oggi è declinata al ribasso, manca la libertà di accedere alle cure, all’istruzione, a delle dimore; si può parlare di libertà quando siamo tutti solo stesso livello. E un film così ci aiuta ad alleggerire, sicuramente. Una delle cose che mi ha colpito di più è che fosse un’epoca in cui si faceva un po’ a gara a chi la facesse più strana, m’ha molto colpito rispetto ad ora, in cui si tende all’omologazione; l’essere strano è stato il motore di Rosa: il personaggio m’è piaciuto molto nel suo aspetto nerd, qualcuno che è sempre a pensare qualcosa di altro, come in una sorta di assenza, con la testa nel prossimo progetto, o nella cura maniacale di quello che si sta facendo, caratteristiche interessanti per un personaggio”, afferma Elio Germano

L’attore, anche in questo film, conferma la propria confidenza a plasmare la sua recitazione su inflessioni regionali specifiche – recentemente, spesso settentrionali -, in questo caso bolognese/romagnola, un lavoro che non tradisce il certo sforzo dello studio, tanto è eccellente l’applicazione artistica, che rinnova anche nell’abilità naturale ad adattarsi camaleonticamente a differenti periodi della Storia, qui la fine dei Sessanta italiani.  

Con Giorgio, Gabriella e Orlandi, nell’incredibile storia anche il saldatore Pietro, primo cittadino dell’Isola, e Rudy Neumann – Tom Wlaschiha, apolide, disertore tedesco, che, vista la ballante spiaggia riminese negli Anni ’40, ha rilevato un Lido: “qui non interessa a nessuno chi sei, da dove vieni”, gli dice Giorgio dell’Isola, e con Neumann cambio tutto, la voce di uno Stato libero cominciò a diffondersi a macchia d’olio, arrivava gente da tutta Europa per vedere quello che pareva una specie di miracolo, in quell’annata che tutti ricordano solo per due cifre, 6 e 8. 

Poi, personaggi sofisticamente grotteschi, quanto reali storicamente, sono il Presidente della Repubblica Giovanni LeoneLuca Zingaretti, ansioso per la questione e amico del Vaticano, e Fabrizio Bentivoglio, il ministro Franco Restivo, che minimizza e si scoccia del progetto di Rosa: “…come Stato italiano non possiamo tollerare una piattaforma senza regole…”, ma si tratta pur sempre di cittadini italiani e quindi lo fa marcare stretto dal SID – Servizio informazioni difesa, che intima “basta” a “esperimento sociologico”. Bentivoglio spiega che: “Di Restivo si sapeva poco e non ho fatto una grandissima ricerca, ma ho letto una sua frasettina, che recita pressappoco: ‘Ogniqualvolta la democrazia viene minacciata, il Paese reagisce subito, d’istinto’, che mi sembra sintetizzi abbastanza bene il personaggio, qualcuno che ha anche scritto materialmente la nostra Costituzione”. 

L’Isola è il nostro primo vero film con Netflix, per lo sviluppo congiunto: Netflix ha una diffusione mondiale capillare, per gli autori un elemento di grande forza, facciamo il nostro lavoro perché possa arrivare a più persone possibili; abbiamo grande rispetto della sala, come Netflix, il film sarebbe uscito nei cinema”, dice Matteo Rovere, produttore per Grøenlandia, del film che esce sulla piattaforma il 9 dicembre. “Il progetto è nato qualche anno fa, abbiamo un po’ subìto il fascino di Giorgio Rosa, e della sua volontà di rendere concreto il pensiero di libertà. Era una storia un po’ folle ma radicata, e abbiamo trovato in Netflix un partner per costruirlo e immaginarlo in una dimensione internazionale”

Parole, queste sulla produzione, a cui fa eco Teresa Moneo di Netflix: “Pensiamo che le storie possano venire da qualsiasi luogo e possano viaggiare ovunque, e questa storia ha attratto molto la nostra attenzione: questa è una storia molto locale, italiana, ma al contempo contiene tantissimi elementi di identificazione per un pubblico internazionale”.  

Nicole Bianchi
27 Novembre 2020

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