Chiara Lubich, la sua fratellanza antidoto al coronavirus

Chiara Lubich L'amore vince tutto, in onda il 3 gennaio in prima serata su Raiuno, ripercorre gli anni giovanili della fondatrice del movimento dei focolarini


Non a caso tra coloro che ne hanno riconosciuto l’apostolato figurano, accanto a Papa Francesco e Giovanni Paolo II, anche il Rabbino David Rosen e il leader W. Deen Mohammed della Muslim American Society, come il Gran Maestro venerabile Phra Phrom Mongkol VI, esponente di spicco del buddhismo theravada.

Stiamo parlando di Silvia Lubich al secolo Chiara in onore di Santa Chiara, Premio Defender of Peace per il suo ruolo nel gettare semi di pace ed ecumenismo e Premio Unesco Educazione alla Pace, fondatrice del movimento dei Focolari, una delle figure più rappresentative del dialogo interreligioso e interculturale, una delle donne che nella Chiesa cattolica è riuscita a far sentire la propria voce in modo inequivocabile. Ora un tv movie, nel centenario della nascita (Trento, 1920 – Rocca di Papa, 2008) ne rievoca la figura per il grande pubblico, Chiara Lubich L’amore vince tutto, in onda il 3 gennaio in prima serata su Raiuno.

“Una donna di grande dolcezza e determinazione. E con una visione, anche politica, di unione e fratellanza, che forse servirebbe anche oggi”. Così ne parla Cristiana Capotondi che la interpreta nel film di Giacomo Campiotti, prodotto da Rai Fiction e da Luca Barbareschi per Eliseo Multimedia. Il film si apre proprio con le immagini di Chiara che entra in Vaticano per sottoporre alle autorità ecclesiastiche la sua “eresia” in un processo rigorosamente a porte chiuse. Scandaloso che una donna leggesse il Vangelo senza la guida di un prete, che vivesse il cristianesimo in prima persona attraverso un voto di castità ma senza entrare in un ordine religioso, che operasse per i poveri e i diseredati, quasi attuando un’utopia comunista. Il suo movimento, nato sotto le bombe della seconda guerra mondiale e con il fascismo ancora al potere, venne approvato nel ’64, dopo due anni di disamine, da Papa Paolo VI con il nome ufficiale di Opera di Maria, ma chiedendo a Chiara di rinunciare ad esserne la leader. Oggi i focolarini sono diffusi in oltre 180 paesi con più di 2 milioni di aderenti, non solo uomini e donne “votati” totalmente al Vangelo che convivono in piccole comunità, ma anche coppie sposate. Il messaggio è quello di cooperare alla costruzione di un mondo più unito “perché tutti siano una sola cosa” (Giovanni 17, 21) nel rispetto e nella valorizzazione delle diversità.

Il film – che ha nel cast anche Aurora Ruffino, Miriam Cappa, Greta Ferro, Eugenio Franceschin, Roberto Citran – ricostruisce la Trento del 1943 e si concentra sulla giovinezza di Chiara, giovane maestra di scuola elementare, figlia di una donna molto devota e di un socialista, sorella di un giovane partigiano. La sua vocazione, invisa ai preti, la scelta a 23 anni di “sposare” Dio con voto perpetuo di castità e povertà (ma forse non di obbedienza). Il fervore condiviso con le amiche che la affiancano al servizio dei poveri dando scandalo perché vivono insieme, senza mariti.

“Spero che Chiara Lubich – dice il produttore Barbareschi – sia una ‘vaccinazione’ per lo spirito di milioni di italiani. Una spinta che porti i giovani a costruire con nuova dignità e politica responsabile questo Paese”.

Accusata di essere “comunista” o “protestante”, Lubich ha contribuito al riavvicinamento della chiesa cattolica e ortodossa ed è stata la prima donna bianca non musulmana a parlare nella moschea di Harlem a New York. Per Campiotti, che ha avuto modo di confrontarsi con alcuni focolarini, è stato un “incontro” importante: “Studiando insieme agli altri sceneggiatori la vita di Chiara e il suo pensiero, via via mi sono reso conto di quanto fosse originale, unica, incredibilmente ‘avanti’. Quanto avesse ancora da dire, e quanto il suo essere leader carismatico donna rendesse ancora più significativo il raccontare la sua vita oggi…. Poi è arrivato il Covid… e ho pensato che la luce di Chiara fosse proprio necessaria e che forse questo film arriverà nelle case nel momento giusto. C’era comunque in me molta preoccupazione perché la vita di Chiara non ha nulla di straordinario, pochi elementi drammatici necessari alla costruzione di un film. C’è il sottile filo di un ideale che attraversa la sua vita e la fedeltà, la costanza nel metterlo in pratica, il magnetismo che questo ideale crea nelle altre persone. La sfida era quella di raccontare Chiara senza il bisogno di farne un ‘santino’. Abbiamo scelto di concentrarci sui primi momenti della sua opera, la scoperta della sua vocazione proprio in mezzo alle miserie della guerra, le prime scelte difficili, l’incontro con le amiche, l’emozione di condividere gli stessi ideali… e la conseguente opposizione della Chiesa, fino alla richiesta del Vaticano di farsi da parte”.

E prosegue: “Con Cristiana Capotondi siamo andati verso la semplicità, contro i rischi della retorica, raccontando una giovane donna allegra, profonda ma leggera, concreta e umile. Le ragazze sono il cuore del film, era importante che fossero diverse, non omologate, ma anche unite da un sentimento indicibile che lo spettatore fosse in grado di percepire. Un gruppo di ragazze che lasciano le famiglie e vanno a vivere insieme creando grande scandalo. Siamo negli anni anni ’40, non ai tempi dell’Erasmus! Ed ecco Aurora Ruffino (la mia Cris dei Braccialetti), Greta Ferro, Miriam Cappa, Valentina Guelfi e Sofia Panizzi”. 

”È stata un’esperienza spirituale e totalizzante: con il mio ruolo ho cercato di riprendere la dolcezza e la determinazione di questa donna”, ha aggiunto Cristiana Capotondi. ”Aprirci al dolore dell’altro, questa e nessun’altra era l’intenzione di Chiara”. L’attrice ha paragonato il periodo della seconda guerra mondiale ai nostri giorni segnati dall’epidemia da Covid, che ”ci ha resi tutti più simili, nonostante le differenze sociali o sanitarie”.

”Chiara è una figura che sa parlare a tutti – ha detto ancora – ed è un personaggio che è sempre restato giovane, aperto al dialogo senza paura e senza sovrastrutture che di solito ci sono con l’avanzare dell’età. Sono figlia di madre ebrea e di padre cattolico, ho una visione laica del mondo e una mia personale visione spirituale. Non è più possibile non considerare le diversità. La sorellanza o la fratellanza è fra le anime e la storia ci ha fatto capire quanto sia importante questo elemento. Chiara era materna nonostante non avesse avuto figli: era madre di tutti. Si donava dando cura e benessere agli altri”.  

“Questa è la storia di una donna che verrà beatificata, ma non è una santa come la pensiamo noi. I santi sono prima uomini e donne normali”, ha spiegato Maria Pia Ammirati, direttore di Rai Fiction. ”Ho conosciuto Chiara Lubich e una sua nipote: il film condensa senza retorica il messaggio di una donna che aveva incontrato Dio più nell’azione che nella mistica e nell’attività contemplativa”, ha sottolineato il direttore di Raiuno Stefano Coletta. ”La convinzione quasi politica di Chiara Lubich era che ogni incontro merita intelligenza e convinzione – aggiunge – Era una donna molto tenace, d’azione e pratica. Con il Covid è la prima volta che ci sentiamo tutti uguali e Raiuno trasmette un grande messaggio di vicinanza. Chiara ha interpretato la lettura cristiana del mettere in comunione le persone nel focolare. Spero che anche i giovani possano riscoprire la sua figura”.

Cristiana Paternò
28 Dicembre 2020

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