#FFFMilanoForWomen: occhi spalancati sul mondo

Il FFFMilano, Fuori Concorso, rinnova la sezione dedicata al talento femminile: focus con la tavola rotonda “Girls in Film – Filmmaking: Finding Your Visual Language”


Lo spirito della Sezione #FFFMilanoForWomenFuori Concorso del Fashion Film Festival Milano, è di promuovere e sostenere il talento femminile, dando spazio e voce a progetti sociali, registe, designer, imprenditrici e attiviste. 

Beatrix Blaiser, editor del collettivo “Girls in Film”, modera la tavola rotonda, che entra nel vivo con Stella Asia Consonni, regista e fotografa italiana, cittadina del mondo soprattutto tra Londra e New York: “attraverso la storia del mio soggetto sono riuscita a far uscire la depressione che avevo dentro: Love me non aveva niente a che fare con me, non era la mia storia, era la storia del mio soggetto. Penso che la fotografia, e anche la regia, per me siano un modo per affrontare la vita. Così Skate Rats Have Hearts era fondamentalmente un progetto sul come mostrare le tue emozioni e affrontare le tue emozioni come uomo, cosa che non ti rende meno uomo, semmai ti rende più umano: per sfidare l’idea della mascolinità, del macho. Io lavoro molto sui trattamenti: anche quando non è richiesto un trattamento, quando, ad esempio, è un mio progetto personale, mi aiuta davvero a pianificare la mia idea e a capire meglio cosa voglia dire. Immagino che fare trattamenti molto lunghi e dettagliati sia il mio modo per organizzare i pensieri e anche per portare l’idea originale un po’ oltre”. 

Le fa eco Sarah Babah, artista di origine palestinese, che spiega come: “All’inizio andavo ai festival cinematografici e scattavo mille foto, poi ho iniziato a mettermi alla prova. ‘E se potessi andare a un festival musicale e scattare solo una foto che riassuma l’intera esperienza?’. E così, più sfide mi sono data, più raffinato è diventato il mio lavoro: qualcosa che è accaduto in modo abbastanza naturale”.

Mentre, “ciò che voglio fare è osservare”, dice la regista britannica Jess Kohl. “Non voglio esprimere troppo la mia opinione sulle persone che sto riprendendo. Penso che alcuni dei momenti migliori, più naturali e autentici che sono stata in grado di catturare siano quelli in cui, armata di telecamera, diventavo amica dei miei soggetti. Penso che gli spazi, le comunità e le persone che mi interessano siano profondamente individualisti e autenticamente se stessi, ed è per questo che stanno lottando in qualche modo”. 

Così Babah spiega come “Ho cercato di integrare il mondo occidentale e il mondo arabo e mostrare che ci siano tanti di noi immigrati che non hanno uno spazio in cui inserirsi perché a casa non siamo abbastanza arabi per il mondo arabo, e poi a scuola e al college e negli spazi aperti non siamo abbastanza emancipati per il mondo occidentale. Quindi, quello che ho fatto nella mia serie 3eib-Shame, è stato integrare i due, cercando di dire: ‘se non riesci a trovare uno spazio a cui appartenere, creati il tuo’; mi ci sono voluti mesi per pubblicare la serie perché mi dicevo: ‘nessuno vuole vedermi, vogliono vedere tutti questi attori e modelli di Instagram e quant’altro’. Ma poi ho pensato: ‘no, al diavolo, questa è la mia storia, mi metto davanti alla telecamera’. E l’ho fatto, e alla fine è stato bellissimo”.

Infatti, riflette Kohl: “Proviene tutto da giovani che si ribellano a qualcosa e cercano di trovare la loro identità entrando in qualche modo in una tribù. La moda spesso deriva da sottoculture come il punk, gli skinhead o il grunge”. 

Tre identità differenti, con il comun denominatore dell’essere soggetto femminile, non per questo sinonimo di omologazione tra le protagoniste, ma certamente dato specifico che permette un discorso e una riflessione sfaccettata, in cui – al contempo – la molteplicità degli spiriti femminili globali possano rintracciare uno specchio, uno spunto, un’empatia: il talento di queste artiste attinge dall’interiorità personale e dagli occhi apertissimi sul mondo, propulsore – che sia quello interiore o quello esteriore – di creatività e dunque di dialogo, uno stimolo al dialogo sociale e non l’espressione artistica fine a se stessa, proprio nel nome di quell’esplorazione di territori culturali differenti ma attigui che il FFFMi cerca di stimolare. 

Nicole Bianchi
17 Gennaio 2021

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