Glassboy, ecco la favola che vince la malattia

Una strana coincidenza ha reso Glassboy - dal 1° febbraio in TVOD con Solaria in collaborazione con Minerva Pictures - un film che racconta la storia di tutti i ragazzini di oggi, costretti in casa


Una strana coincidenza ha reso Glassboy – dal 1° febbraio in TVOD con Solaria in collaborazione con Minerva Pictures – un film che racconta la storia di tutti i ragazzini di oggi, costretti a stare chiusi in casa e dietro un vetro da una malattia. Eppure la vicenda è basata su romanzo ambientato nell’Ottocento, Il bambino di vetro di Fabrizio Silei, vincitore del Premio Andersen, anche se attualizzato ai giorni nostri.

Pino (Andrea Arru) ha 11 anni e per una grave malattia ereditaria, l’emofilia, rischia la vita per ogni trauma anche piccolo che può provocargli emorragie interne insidiose e persino mortali. Cresce sotto una campana di vetro, coccolato dai genitori (Giorgia Wurth e David Paryla) e controllato dalla dispotica nonna (Loretta Goggi), ma anche tenuto lontano dai suoi coetanei che osserva dalla finestra del palazzo nobiliare dove vive. Vorrebbe far parte degli Snerd, uno sgangherato gruppo di amici (Mia Polemari è Mei Ming, Stefano Trapuzzano è Ciccio) che corre sulle bici, è attratto da Mavi (Ros Barbolini), la leader del gruppo, ragazzina maschiaccio dai capelli corti, anche lei con una sofferenza alle spalle. Ha un precettore pedante (Massimo De Lorenzo) e un medico affettuoso (Giorgio Colangeli) che lo seguono passo passo.

Samuele Rossi, alla sua opera seconda dopo La strada verso casa, ha chiaramente in testa riferimenti importanti da Stand by me a E.T. ai Goonies nell’imbastire questa favola che tocca i temi della diversità e del coraggio di stare al mondo. “La sfida – dice il regista – era unire questi due mondi: il cinema americano spettacolare e la sensibilità europea, raccontare tutto ad altezza di bambino e al contempo farlo attraverso uno specifico linguaggio di genere, nella direzione della fiaba e del realismo magico”.

Per il produttore Emanuele Nespeca è importante puntare sul film per ragazzi in Italia, paese meno attento di altri a questo genere. “Glassboy è un film italiano ma con un tono internazionale, grazie anche alle coproduzioni con Svizzera e Austria. Ha vinto festival come Tallinn e Giffoni”. Dimostrando il suo potenziale, riconosciuto del resto da una compagine produttiva ampia in cui figurano Creative Europe, Eurimages, Rai Cinema. Dolorosa la scelta di un’uscita solo su piattaforme, “ma l’incertezza della riapertura delle sale – prosegue Nespeca – mi ha convinto, speriamo di poter recuperare nel prossimo anno scolastico anche con le visioni nelle scuole”. 

La fase di scrittura è durata sei anni con un grande lavoro a cui hanno preso parte Iosella Porto e il cineasta svizzero Rolando Colla. “Abbiamo cercato di mantenere lo spirito del libro e il sapore della letteratura per l’infanzia, tipica di opere come I ragazzi della via Pal, Pippi Calzelunghe, Giamburrasca“, chiarisce il regista. Le riprese, con varie location, da Bracciano ad Albenga, da Monsummano Terme a Camigliatello Silano all’Austria per costruire un paese fiabesco e non riconoscibile, si sono concluse a febbraio del 2020. “Abbiamo finito poco prima che scoppiasse la pandemia, ma ci siamo ritrovati in una situazione simile, con un bambino costretto a guardare il mondo dalla finestra e che esulta quando può andare finalmente a scuola. Del resto il cinema che racconta l’infanzia è sempre legato al tema della fragilità e del suo superamento, della crescita spesso in condizioni difficili”. 

Nel cast Loretta Goggi, che sta vivendo un momento di popolarità al cinema con titoli come Burraco fatale e Ritorno al crimine: “Mi è piaciuto tornare a fare quello che facevo da giovanissima, La tv dei ragazzi. E mi sono trovata nel ruolo della nonna autoritaria, anche se molto diversa dai miei nonni che era dolci e accondiscendenti, ma ho puntato sulla forza interiore del personaggio”. 

Il giovanissimo Andrea Arru che nel film è Pino racconta come lui e i suoi coetanei stiano “soffrendo tanto nella pandemia e vorremmo tornare a scuola, sarebbe una svolta”. Nel film il suo personaggio, costretto in casa, cerca l’evasione nel mondo fantastico e nel disegno. “La passione di Pino per i supereroi e per i fumetti è il veicolo attraverso il quale lui si sente parte del mondo esterno – spiega Samuele Rossi – L’immaginazione e la fantasia diventano quindi gli unici modi attraverso cui proiettarsi altrove. Il fumetto che ha disegnato è il luogo dove finalmente per la prima volta vita e immaginazione si sovrappongono”. 

Tra i cambiamenti rispetto al romanzo, la scelta di mettere due bambine al centro della banda degli Snerd: Mavi e Mei Ming, quest’ultima di origine cinese e super tecnologica: “Nel romanzo i bambini erano tutti maschi, ma abbiamo aperto alla mescolanza sia dei sessi che delle culture, per me questo è anche un omaggio ai Goonies“, affrerma Rossi. E aggiunge che lo scrittore, nonostante i tradimenti, è entusiasta del film. 

Cristiana Paternò
19 Gennaio 2021

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