Lumina, la scoperta delle immagini

Dopo Rotterdam, Lumina approda alla MINC. E' il secondo lungometraggio di Samuele Sestieri, il primo in solitaria dopo I racconti dell'orso in coppia con Olmo Amato


PESARO – Film onirico, sperimentale, spiazzante, avvolgente. Com’è nel dna della Mostra di Pesaro. Nuovo cinema per quanto è possibile nel nostro mondo terminale e sovraccarico di immagini (che è del resto uno dei temi anche di questo lavoro). Dopo il Festival Rotterdam – ma per la prima volta in presenza – Lumina approda alla MINC diretta da Pedro Armocida. E’ il secondo lungometraggio di Samuele Sestieri, il primo in solitaria dopo I racconti dell’orso in coppia con Olmo Amato.

Un film “avventuroso, autarchico”, nelle parole dello stesso regista, affiancato in una coppia artistica quanto personale da Carlotta Velda Mei, protagonista assoluta e co-autrice a tutti gli effetti. Lumina, con le musiche di Virginia Quaranta e una canzone ricorrente come Mr Lonely di Bobby Vinton, che “rievoca un immaginario del cinema americano anni ’50”, nasce con una lunga gestazione, una scrittura del soggetto che ha richiesto molto tempo, a cui ha lavorato insieme a Pietro Masciullo. La prima suggestione è stata quella dei paesaggi della Basilicata, “luoghi abbandonati e costruzioni incompiute” – vale la pena citare la scenografa Teresa Fano per la costruzione e decostruzione del paesaggio (location anche nel Lazio).

Da qui, e da tanto cinema visto e meditato, introiettato – Lynch, Tarkovskij, Von Trier – prende le mosse questa forte e inequivoca presa di posizione sul senso del cinema. “Soprattutto Assayas con il suo Personal Shopper – spiega Sestieri – è stato il nostro riferimento, per il rapporto corporale della protagonista con il telefono cellulare, una scintilla che si è fusa con richiami al cinema di genere, horror e post apocalittico”. Radio, schermi televisivi, telefoni sono come reperti di una civiltà scomparsa in cui si imbatte la giovane donna totalmente sola che vediamo sorgere come dal nulla, nuda e primigenia. E’ come se per la prima volta, attraverso di lei, prendesse corpo lo sguardo, la visione aurorale, l’invenzione del linguaggio. La luce, soprattutto. “Lumina – dice ancora Sestieri – è una luce piccola e fioca, la prima immagine del film. Le stelle, la ricerca della sua casa, la scoperta degli oggetti, il fuoco, un tunnel e la luce in fondo al tunnel”. 

Lumina – afferma Sestieri – per me ha sempre rappresentato una fiaba moderna sull’amore e sulle immagini. Inizia come un documentario di fantascienza per trasformarsi in un racconto di formazione molto intimo e personale. Alla base del film c’è la fede in un cinema povero e fieramente low budget che utilizza i fantasmi architettonici del nostro paese per inscenare il peso della perdita, dell’assenza e del vuoto. La protagonista tocca gli oggetti come fossero riattivatori di memoria, unici custodi di un passato dimenticato: ogni inquadratura vuole essere un atto d’amore nei suoi confronti, un tentativo di poter ricostruire il sentimento a partire da questi occhi che vedono per la prima volta. Lei è la fonte di energia che riporta luce a un mondo di rovine”.

Una donna senza nome e senza voce si muove in questo universo abbandonato a se stesso alla ricerca di un riparo, ma anche di una risonanza emotiva che trova in un telefono: le foto e i video riattivano la memoria o forse plasmano per la prima volta l’esperienza, fino all’incontro con un altro essere umano. “Il film – spiega Sestieri – è e vuole essere una storia d’amore, la protagonista si risveglia nuda su una spiaggia deserta e le immagini la educano, ma poi non le bastano più. Lei può ridare vita agli oggetti della tecnologia ma non alle persone. Se nei Racconti dell’orso c’era la cornice di un mondo ordinario in cui si inscrive lo straordinario, questo è un film in cui il mondo ordinario scatta di riflesso. Tutto è invaso dall’inquietudine perché la protagonista potrebbe sempre non farcela, la scena in cui si muove a fatica in un pantano è una sorta di punto di non ritorno”. 

La coppia che vediamo attraverso le immagini del cellulare – Leo e Arianna – crea una cortocircuito spazio-temporale e un varco a ritroso nella nostra contemporaneità ormai sparita, sommersa dal trionfo della natura sulla cultura, con visioni piranesiane. “Non avevamo indicazioni precise per le scene girate da noi stessi con il telefonino – spiega l’interprete Matteo Cecchi – Sestieri aveva dato spiegazioni separatamente a me e alla mia partner, Laura Sinceri, in modo che ci fosse poi un grosso margine di improvvisazione”.  

Lumina è prodotto dalla neonata Studio Ma.Ga. di Sestieri e Pietro Stori, in associazione con Il Varco di Andrea Gatopoulos e Marco Crispano e con Mario Cattaneo. Tuttora è in attesa di distribuzione e speriamo che Pesaro e il successivo passaggio a ShorTS di Trieste portino fortuna al progetto.    

Cristiana Paternò
25 Giugno 2021

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