Bruni Tedeschi: “‘La Fracture’ come una danza perfetta”

Bruni Tedeschi: "‘La Fracture’ come una danza perfetta"


CANNES – Novembre 2018, la Francia è scossa dal gigantesco movimento di proteste detto dei “gilet gialli”. Decine di migliaia di persone scendono in strada, settimana dopo settimana, per manifestare contro il governo di Macron, in un vortice di violenze che costa migliaia di feriti e milioni di euro di danni. È da questo contesto che scaturisce l’intreccio di La Fracture, film di Catherine Corsini in Concorso al 74simo Festival di Cannes.

In una notte scossa dalle lotte tra manifestanti e polizia, nello stesso ospedale arrivano Raf (Valeria Bruni Tedeschi), benestante illustratrice in crisi matrimoniale con Julie (Marina Foïs), con una grave frattura al braccio e Yann (Pio Marmaï), un camionista ferito a una gamba durante al manifestazione. Le loro vicende sanitarie e personali si intrecciano nella cornice di un ospedale sempre più in crisi per colpa dei numerosi feriti provenienti dagli scontri. In mezzo a questo scenario a tratti apocalittico, lottano senza sosta i sanitari dell’ospedale, tra i quali spicca la tenace dottoressa Kim (Aïssatou Diallo Sagna).

Molto apprezzata dal pubblico di Cannes, in particolare, la performance di Valeria Bruni Tedeschi, la cui irresistibile vena tragicomica riesce a strappare più di una risata, smorzando con efficacia il dramma che la circonda. La sua Raf è una donna nevrotica e in perenne stato di ansia e sofferenza, prima psichica, per l’incapacità di accettare la rottura con la moglie, e poi fisica, a causa di un’altra “rottura”, quella delle ossa del suo braccio. Eppure nel suo rapporto con il vulcanico Yann, per quanto antitetico per ragioni culturali e sociali, si intravede una sensibilità e una sincero interesse verso gli altri.

“Nei miei ruoli metto sempre qualcosa di me – dichiara l’attrice – di quello che ho sognato, che ho immaginato, delle persone che ho incontrato. I miei personaggi sono la reminiscenza delle mie esperienze, mi reinvento sulla base di quello che ho attraversato. Quando entro nei miei personaggi lascio il mio super-io in vacanza, lo faccio tornare solo dopo le riprese. E cosa è una persona senza il proprio super-io? Semplicemente sé stessa, è una sensazione meravigliosa”.

Ma la perfetta chimica che si percepisce sullo schermo è figlia di un set amalgamato alla perfezione, nonostante le difficoltà portate dal covid, che ha costretto la produzione a realizzare un finto ospedale da zero dove potere effettuare le riprese. “Quando tutto è giusto, il cast, la troupe, allora senti che qualcosa va oltre. – continua Valeria Bruni Tedeschi – Tutto funziona come in una danza che va da sé”.

Il tema portante del film è quello della “frattura sociale” che ha colpito la Francia negli ultimi anni. Un contrasto sempre maggiore tra i ricchi e i poveri, un divario all’apparenza insanabile tra i privilegiati come Raf e Julie, e i disperati come Yann e il corollario di personaggi secondari che abitano l’ospedale. Il tema politico rimane in sospeso, senza una vera risposta. La disperazione dei gilet gialli ne giustifica la violenza? In che modo queste persone possono far valere i propri diritti?

La regista Catherine Corsini, in tal senso, racconta la genesi del progetto: “Volevamo portare la frattura sociale che sta vivendo il nostro paese. Cercavo un argomento che mi parlasse del mondo di oggi e dei suoi problemi. A 18 anni ero un’attivista, credevo nella necessità di lottare per cambiare la società. L’idea è nata quando sono andata in ospedale per una frattura al braccio, ho visto i gilet gialli in tv e ho capito che era necessario parlare di questo argomento, seppure dal mio punto di vista di persona privilegiata. Il mio ruolo è stato interpretato magnificamente da Valeria, ma volevo che il personaggio avesse un cambiamento, che interagisse con persone che vengono da contesti sociali e da luoghi completamente diversi. Perché è quello che è successo quella notte in ospedale, vedevo entrare persone completamente diverse, accumunate solo dal fatto di avere bisogno di un’assistenza sanitaria urgente. Anche durante il covid c’è stata una situazione terribile, ma nessuno si è fermato”.

E qui entra in gioco il terzo personaggio chiave, la dottoressa Kim, guida di un reparto di primo soccorso che assume le sembianze di un gruppo di eroi dediti al sacrificio. A interpretarla è stata Aïssatou Diallo Sagna, donna afro-discendente che di mestiere fa principalmente la badante. “Come badante di professione, lavoro in ambito medico tutti i giorni. – dichiara – Ma sono dovuta uscire dalla mia comfort zone per recitare. Quando lavoravo come badante ero sempre stanca, poco considerata, ma noi dobbiamo fare il nostro lavoro per quanto sia difficile. Spero che questo film faccia passare il messaggio di quanto siano importanti i lavori come il mio”.

La scelta di un’attrice con il suo background professionale dà alla pellicola un senso di realismo ancora più pregnante: “Siamo tutti una squadra (le infermiere, le badanti, i dottori), e abbiamo bisogno di tutti gli elementi perché il meccanismo funzioni, questo nel film è evidente, è tutto molto fedele alla realtà. È un po’ come nel cinema, dove una troupe gigantesca deve lavorare all’unisono per realizzare un prodotto di qualità”.

La Fracture è un film estremamente intenso, che riesce a fondere il dramma di scenari al limite dell’apocalittico, con un realismo crudo e un’ironia tragica. Il discorso politico si consuma in un circolo vizioso che si autoalimenta, in cui, alla fine dei conti, la storia si ripete: i privilegiati tornano a ridere, i disperati continuano a morire e agli eroi non resta altro che piangere.

10 Luglio 2021

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