Falling, radiografia di un padre macho

Due modi di essere maschi, diametralmente opposti, sono al centro di Falling - Storia di un padre, prezioso scavo psicologico scritto e diretto da Viggo Mortensen in sala dal 26 agosto con la BIM


Due modi di essere maschi, diametralmente opposti, sono al centro di Falling – Storia di un padre, prezioso scavo psicologico scritto e diretto da Viggo Mortensen in sala dal 26 agosto con la BIM.

Il celebre attore americano, danese da parte di padre, noto per titoli come La promessa dell’assassino, Captain Fantastic e Green Book, oltre che per il ruolo di Aragorn nella trilogia del Signore degli anelli, è un artista poliedrico che si è dedicato anche alla poesia, alla pittura e alla fotografia, è un editore indipendente e ora anche regista con questa opera prima dolente e intimista che, nella ricerca visiva, recupera le sue radici nordeuropee con l’osservazione della natura nelle sue variazioni climatiche ed emotive (tutta la parte ‘nordica’ è stata girata in Ontario). 

Il padre del titolo è Willis (il ruvido e rabbioso Lance Henriksen), un agricoltore tutto d’un pezzo che viene raccontato in diverse età della vita: giovane uomo sicuro di sé e spavaldo, uomo di mezza età incattivito dai rifiuti, anziano affetto da demenza senile con un’autoritarismo ormai alle stelle. Il figlio John (Viggo Mortensen), che vive a Los Angeles con il protettivo compagno Eric (Terry Chen) e la figlia adottiva Mónica (Gabby Velis), decide di portarlo via dalla fattoria, che il vecchio non riesce più a gestire. Ma già durante il viaggio in aereo, Willis dà in escandescenze, non accetta alcuna regola e non dà retta in nulla al figlio che considera uno sfigato e di cui non tollera l’omosessualità. Il conflitto tra i due è inevitabile, anche se John cerca di mitigarlo e mantenere il controllo senza cadere nelle continue provocazioni e sfide.

“L’idea di Falling – racconta Mortensen – mi è venuta in aereo mentre attraversavo l’Atlantico dopo il funerale di mia madre. Non riuscivo a dormire, la mia mente era invasa da echi e immagini di lei e della nostra famiglia in diverse fasi della nostra vita. Iniziai ad annotare una serie di incidenti e di frammenti di dialogo della mia infanzia. Più scrivevo di mia madre, più pensavo a mio padre. Al momento dell’atterraggio le impressioni che mi ero appuntato si erano evolute in un racconto fatto essenzialmente di conversazioni e di momenti che in realtà non erano mai avvenuti, di battute parallele e divergenti che in qualche modo suonavano giuste e che ampliavano la mia prospettiva dei ricordi reali della nostra famiglia. L’impressione era che quelle sequenze inventate mi permettessero di avvicinarmi alla verità dei miei sentimenti nei confronti di mia madre e di mio padre”.

Il film, che ha avuto anteprime sia a Cannes – nella selezione ufficiale 2020 – sia al Sundance, alterna i piani temporali in un montaggio a volte serrato a volte pacato. Il vecchio Willis confonde e sovrappone i ricordi delle sue due mogli, Gwen (Hannah Gross), la madre dei suoi due figli, e Jill (Bracken Burns). Verso le donne è animato da un’ estrema durezza, modi che hanno segnato profondamente la psicologia dei due ragazzi tanto che nel presente la seconda figlia (Laura Linney) non riesce più ad accettarlo e dialogare con lui, mentre John si sforza comunque di trovare un (impossibile) terreno comune.

Ma la loro contrapposizione è anche quella tra due volti dell’America: quella tradizionalista e retrograda dei redneck (siamo nel 2008: il padre vota convinto per il repubblicano McCain e odia Obama) e quella liberal e politically correct dei più giovani, fino ad arrivare alla terza generazione, i nipoti di Willis con piercing e capelli colorati e confini di identità sessuale aperti e fluidi. Lui è la quintessenza – e se vogliamo lo stereotipo – del macho che beve, fuma, dice parolacce, concupisce e desidera tutte le donne che incontra, è omofobo e sguaiato.

E’ la caccia la perfetta metafora di questa contrapposizione di visioni del mondo con l’episodio del piccolo John che uccide un’anatra sotto lo sguardo soddisfatto e complice del padre, che apre il film, mentre il John adolescente avrà tutt’altro atteggiamento. 

Da segnalare una comparsata di David Cronenberg – che ha diretto Mortensen sia in La promessa dell’assassino che in A Dangerous Method – nel ruolo del medico.  

Cristiana Paternò
22 Agosto 2021

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