Benigni: “Nicoletta è la mia Gena Rowlands”

Leone alla carriera della 78ma Mostra, il regista e attore toscano ha espresso il desiderio di girare un giorno un film con la sua Nicoletta come ha fatto John Cassavetes con Gena Rowlands


VENEZIA – “Mia madre mi diceva: la cosa più importante è l’istruzione. Ma sbagliava. La più importante è il sentimento”. Roberto Benigni ha basato la sua vita e la sua carriera sulle emozioni. Lo ha dimostrato nel corso della cerimonia di apertura della 78esima Mostra di Venezia, ricevendo il Leone d’oro alla carriera che ha dedicato alla moglie Nicoletta Braschi con un lungo e sentito messaggio d’amore. E ne ha dato prova anche in una masterclass, di fronte a un pubblico di giovani che sognano di lavorare nel cinema e giornalisti, abbracciando (con la mascherina) una cronista straniera che gli ha raccontato di aver deciso di venire a vivere in Italia dopo aver visto La vita è bella.

“Mi ritengo una persona sensibile e l’emozione mi ha sempre travolto. Sin da giovane la facevo sfogare. Bisogna lasciarsi governare dalle emozioni”, ha detto il regista premio Oscar, che ha anche ricordato quali sono stati i suoi maestri. “Federico Fellini era un miracolo della natura, prodigioso, il più grande regista del Novecento. Tutto quello che ha fatto nel cinema sono state rivoluzioni copernicane. Lui ha sempre parlato del suo mondo interiore. La dolce vita è un Inferno travestito da Paradiso. Insieme a Luis Buñuel, Fellini ha saputo esprimere la sua arte attraverso il linguaggio del sogno. Buñuel era un poeta surrealista, che faceva film pieni di spiritualità. C’era tanta vita nel suo cinema e viceversa”.

Poi ha parlato del suo incontro con Jim Jarmusch, che ha scoperto la sua anima rock, e del suo legame con Giovanni Bertolucci. “Parte del Leone lo devo a lui, mi ha adottato quando sono arrivato a Roma. Si è innamorato delle miei radici e dei racconti che facevo così tragici e poetici. Con lui ho condiviso le emozioni più forti, perché erano le prime”. Di Charlie Chaplin ha detto che era “come Michelangelo. Miracoloso”.

L’ultimo film da regista di Benigni risale a ben sedici anni fa, La tigre e la neve del 2005. “Una volta sentivo che tante idee si muovevano intorno a me, oggi meno. Il tempo è padrone e signore della nostra psiche e bisogna assecondarlo. Ma se trovassi un’idea che mi piace la farei con grande entusiasmo”, ha detto, esprimendo il desiderio di girare un giorno un film con la sua Nicoletta come ha fatto John Cassavetes con Gena Rowlands.

“Sarebbe bello realizzare anche qualcosa su Dante, ma è irraggiungibile – ha aggiunto – Ci sono canti della Divina commedia che raccolgono tutto ciò che siamo”. Della regia ha aggiunto: “È la più grande fatica del mondo”, mentre della recitazione ha affermato: “Io lo considero un lavoro serio, non un gioco”. Pensando poi al mondo di oggi, ha detto: “C’era chi aveva teorizzato che un giorno avremmo avuto tutti la macchina da presa. E così è stato, da quando ci sono i telefonini. Oggi l’occhio è straziato di immagini, ha perso la sua purezza e il suo mistero”.

Ma se non avesse intrapreso questa carriera nel mondo dello spettacolo, chi sarebbe oggi Roberto Benigni? “Forse un bel pretino di campagna – ha risposto, sorridendo – Ho sempre avuto il desiderio così forte e inarrestabile nella mia vita di raccontare. Ho sentito che dovevo prendere quella direzione, quindi non ho mai pensato a un altro mestiere se non questo da quando avevo 13, 14 anni e improvvisavo le rime. In età più adulta mi sono divertito a comporle con Francesco Guccini e Umberto Eco”.

Ai giovani presenti ha dato, infine, un consiglio: “Oggi si dice sempre Be Angry!. Ma io penso si debba seguire il proprio fuoco, non il proprio demone”.

Giulia Bianconi
02 Settembre 2021

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