La sala? Esperienza irrinunciabile

Nella giornata inaugurale del MIA, una platea affollata di addetti ai lavori ha preso parte ai lavori di A Film is a Film is a Film, panel coordinato dal produttore Riccardo Tozzi


Nella giornata inaugurale del MIA, una platea affollata di addetti ai lavori ha preso parte ai lavori di A Film is a Film is a Film, panel coordinato dal produttore Riccardo Tozzi. “MIA è un successo italiano”, ha esordito Tozzi. Per poi proseguire ricordando come il film abbia una identità precisa. “I film sono oggetti molto diversi l’uno dall’altro ma tutti rispondono a un archetipo strutturale ben preciso, quello di una narrazione che converge verso un finale dirimente, come nella tragedia greca. La serialità non ha un finale e discende piuttosto dai poemi omerici. Ma un fattore in comune è il pubblico, co-essenziale alla narrazione. Oggi gli operatori si trovano di fronte alla sfida della rivoluzione digitale, delle piattaforme e della ripartenza. Per questo cerchiamo di capire cos’è un film e come si comporta il pubblico di fronte al prodotto”.

Michele Casula (Ergo Research) ha illustrato i risultati di una ricerca aggiornata a giugno 2021 sotto l’etichetta, ormai viva da oltre dieci anni di “Sala e salotto”, ovvero l’analisi dei consumi di audiovisivo nei vari stili di fruizione, casalinghi o outdoor. Alcuni dati: il 94% degli italiani over 14 guarda almeno un film l’anno, mentre la serialità si ferma al 74%. 111 è il numero medio di film visti in un anno (+10% rispetto al 2020). Il PVOD ha soddisfatto in maniera marginale la domanda di novità, la willingness to pay si lega sia al prodotto che all’esperienza. I servizi BVOD (free) invece hanno volumi simili alla pay tv Sky. La pirateria assorbe il 13% degli atti di visione. 60% è la quota dell’easy watching su generaliste e canali tematici. Il record del 2019 con 105 milioni di ingressi in sala era ‘merito’ degli over 55, oggi più restii a tornare a sedersi nel buoi della sala in attesa di una terza dose di vaccino. Protagonisti delle riaperture sono invece i giovani nella fascia di età 15/34 anni. Il box office è concentrato su titoli e generi che vengono valorizzati dall’esperienza in sala, soffrono invece le commedie italiane, il family e l’animation, che vengono fruiti in salotto perché si tratta di prodotti che perdono meno nella visione domestica.

Per Nicola Maccanico, ad di Cinecittà SpA, “la sala non è mai stata così sotto attacco come oggi a causa della tecnologia e della facilità di accesso ai contenuti, della presenza di strutture distributive meno costose e più competitive sul mercato”. Ma questa criticità rappresenta anche una grande opportunità. “L’esperienza in sala – prosegue Maccanico – alza la qualità del prodotto. L’impatto è paragonabile a quello di Champions League e Serie A sul calcio, immaginate se non esistessero? Per questo un film prodotto da Netflix come quello di Paolo Sorrentino E’ stata la mano di Dio va prima nei cinema, perché c’è una percezione di assoluto valore. Ora proprio chi ha partecipato a indebolire la sala ha bisogno di tenerla in vita. La pandemia ha fatto decollare nuovi modelli che erano già partiti e in futuro ci sarà un rovesciamento di prospettiva, la stessa sala avrà bisogno delle piattaforme per restare in piedi. Oggi anche il modello narrativo del film sta tornando centrale. Il pubblico si è entusiasmato a vedere le storie espanse della serialità, ma adesso gli autori sentono l’esigenza di narrare storie più brevi e concluse”.

Lorenzo Mieli, ceo di The Apartment, sottolinea come il film di Sorrentino sia stato prodotto direttamente per la piattaforma per volere dello stesso regista. “Paolo ce lo ha portato già con questa idea, convinto che fosse una collocazione giusta”. Ma avverte: “Per noi è un problema non conoscere i numeri che facciamo sulle piattaforme, abbiamo solo delle tendenze, mentre per il cinema c’è il box office e per la le tv generalista c’è l’audience, queste super potenze, pur coraggiose per come sono entrate nel mercato, non divulgano i risultati. Mi stupisce che nessuno, né autori né produttori, abbia fatto una battaglia per questo. Le loro statistiche corrispondono ai click, quindi ai primi due minuti di visione. Dunque non sappiamo che pubblico c’è e cosa fa sulle piattaforme, la nostra è una scommessa al buio”. E sulla sala: “Resta un luogo centrale, che può attrarre nuovi pubblici. Perché non programmare Game of Thrones nei cinema?”.

Marta Donzelli (Vivo Film) sottolinea come gli autori consolidati abbiano incontrato il pubblico in un’altra epoca. “Ma allora come fanno i giovani registi a formarsi un pubblico? Quello attuale è un sistema che offre grandissime opportunità, fare il produttore oggi è più semplice rispetto a 15 anni fa, tuttavia per i giovani autori non è così semplice. Possono lavorare per le piattaforme, ma non hanno la stessa libertà di espressione del cinema indipendente, e neppure la libertà che può avere Sorrentino o Cuaron girando per Netflix. Il pubblico c’è ma va conquistato e ritrovato in tutti i passaggi della fruizione. La pandemia è stata una grande opportunità, ci ha insegnato a riscoprire la centralità di quella esperienza. Infatti i prodotti dove è evidente lo scarto dell’esperienza del cinema stanno andando bene in sala. Non parlo solo di Dune ma anche di tutti coloro che esplorano nuovi linguaggi“. Altro punto quello della distribuzione: “Per un certo segmento di cinema è molto difficile trovare i distributori giusti nel momento giusto e non lo si fa più dall’inizio del progetto”.

Interviene Matteo Rovere, regista, sceneggiatore e produttore: “Il rapporto tra la sala e il pubblico si sta evolvendo. È in crisi invece il modello finanziario. Stiamo sviluppando film più sperimentali e ambiziosi con Sky o Netflix, per esempio noi abbiamo fatto L’incredibile storia dell’Isola delle Rose. Concepire un film italiano esportabile era più complesso 15 anni fa”.

La seconda parte del panel ha dato la parola agli streamers e alle piattaforme. Sara Furio (Netflix): “I produttori vorrebbero sapere che cosa cerchiamo, la risposta è: storie. Non grandi o piccoli film, perché la grandezza la decide il tipo di storia. Produciamo commedie romantiche, biopic, generi diversi, ma partiamo sempre dal chiederci chi è il pubblico di riferimento”. Antonella D’Errico (Sky): “La sala è un’esperienza immersiva rispetto al salotto. La differenza è come tra il pregare in camera da letto o in chiesa. In chiesa, cioè nella sala, c’è la liturgia e la presenza degli altri spettatori. Per me non è dirimente che il film vada o no in sala, ma la sala resta un momento di grande amplificazione per un prodotto. Infatti con Vision, di cui siamo i principali azionisti, ci occupiamo della distribuzione”. Maria Pia Ammirati (Rai Fiction): “C’è una forma osmotica tra cinema e serialità che oggi è più che mai evidente. Ma il cinema fornisce le professionalità e la televisione ha sempre guardato al cinema, così come alla letteratura, anzi anche rubato. Il sistema audiovisivo è fluido e voglio ricordare che la Rai è la televisione per tutti, raggiunge dieci milioni di persone, con accessibilità gratuita. Tra questi ci sono persone che non potrebbero scaricare una App”.

Cristiana Paternò
13 Ottobre 2021

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