Zerocalcare: “Non ho venduto il mio mondo a Netflix”

Zerocalcare: “Non ho venduto il mio mondo a Netflix”


“Il progetto è iniziato un paio d’anni fa, quando m’è venuta voglia di provare a raccontare a cartoni animati, un linguaggio diretto e accessibile. L’animazione stabilisce un rapporto molto più immediato con lo spettatore. Poi, io sono un po’ maniaco del controllo, così intorno ai fumetti tendo a suggerire la musica da ascoltare quando si legge: chissà se mai un lettore l’abbia fatto, ma con la serie glielo puoi imporre! All’inizio ho pensato di fare tutto da solo, con Rebibbia Quarantine avevo preso un po’ le misure con le mie lacune ed è lì che ho incontrato Movimenti Production e i suoi professionisti, così ho potuto controllare tutto ma facendomi supportare dove non sapevo come procedere. Questa serie è stata, appunto, una maniera di prendere le misure, senza avventurarmi in territori troppo sconosciuti: una storia orizzontale con qualche segmento verticale; però mi si sono aperte delle possibilità, come l’uso della mia voce”, racconta Michele Rech, ovvero Zerocalcare, presentando alla Festa del Cinema di Roma i primi due episodi di Strappare lungo i bordi, la serie animata Netflix

Per chi ama il suo fumetto, l’Armadillo, Secco, Sarah, Zero stesso, la serie è lo specchio e – al contempo – la lente d’ingrandimento sul vocabolario e sul tratto dell’opera cartacea dell’autore romano: “La sfida era fare qualcosa che non tradisse la mia identità, ed è stata raggiunta, perché non ho venduto il mio mondo a Netflix. Uno dei motivi per cui s’è potuto fare il progetto con Netflix è la libertà che m’è stata data: anche nei fumetti uso molte parolacce, ma non contenuti omofobi o sessisti. Per esempio, c’è la prima puntata che parla dei cessi maschili: Netflix mi ha fatto notare la mancanza del tema riferito all’altra metà della popolazione, così mi sono informato con le femmine, e lì ho scoperto un mondo avventuroso e divertente da raccontare. Io ho un grosso senso di appartenenza tribale, al luogo in cui sono cresciuto e a cui tengo ancora: tutto ciò che ‘mi porta fuori’ – come una serie su Netflix – mi spaventa, perché temo l’incompatibilità, ma fino ad ora sono riuscito a tenere un equilibrio. La mia parte nerd è super contenta di essere su Netflix. Questo incontro con Netflix è stato più virtuoso che censorio”, continua Rech. 

“Quando Zerocalcare ci ha parlato del progetto ci siamo resi conto che la cosa più importante fosse proteggere la sua voce narrativa, con l’idea di far uscire ‘una nuova storia’, perché destinata ad un nuovo linguaggio. I cambiamenti editoriali sono stati migliorativi, fare il cartone è stato più semplice che fare i libri. È bello sapere che se fai bene il tuo lavoro da editore questo si possa ben tradurre anche su un altro medium”, le parole di Michele Foschini – BAO Publishing.

“Usciamo in 190 Paesi ma come Netflix Italia vogliamo uscire con storie di forte identità locale; abbiamo bravissimi traduttori che stanno doppiando, la serie sarà anche sottotitolata e, per l’universalità della storia, ci piacerebbe ne godessero anche in altri territori”, dice Ilaria Castiglioni di Netflix.

Zerocalcare ha scritto e diretto la serie, dal 17 novembre sulla piattaforma, e “la prima volta che ho incontrato Movimenti mi hanno chiesto delle reference: l’esempio che facevo era Les Lascars, striscia quotidiana di pischelli della banlieue francese, basica ma fatta molto bene. Il mio mondo narrativo, però, ha mille momenti onirici di cui non tenevo conto, così loro sono stati molto bravi a integrare questo aspetto. L’unica cosa che non volevo erano i violetti e i rosetti troppo infantili: i colori acidi danno un punto più adulto. Ho dovuto rinunciare in parte alla ruvidità del segno (del fumetto), perché l’animazione deve avere degli standard e quindi essere un po’ più pulita, perdendo un pochino il lato punk, ma con una soluzione finale che mi soddisfa. In aggiunta, ho potuto godere del colore, delle luci notturne che mai avrei potuto ripetere, e della gestualità, che un po’ si perde nel fumetto”. 

Zerocalcare uno nessuno e centomila per questa serie, perché inoltre presta la voce a tutti i personaggi, tranne all’Armadillo, la sua coscienza: “Valerio Mastandrea incarna l’Armadillo nella mia vita, a prescindere dal doppiaggio: era naturale lo facesse lui. Poi, Valerio ha una dimestichezza con il mio linguaggio e io inoltre non avevo idea di che voce potesse avere l’Armadillo, ed essendo anche la mia coscienza non potevo farlo, poi, appena ho visto l’Armadillo con la sua voce, mi è parso subito perfettissimo”, continua Zerocalcare, che invece, rispetto al suo intero doppiaggio ha spiegato di aver prestato le voci facendo “le vocette sceme che si fanno a scuola: volevo lo spettatore non vivesse l’effetto teatrino ma come se fosse accanto a qualcuno che racconta, come se si fosse intorno ad un tavolo”. 

Dalla voce del parlato a quella del cantato, perché la serie procede su una colonna musicale molto specifica, anche sorprendente in alcune sequenze, come quando Non abbiam bisogno di parole di Ron accompagna Zero e la sua combriccola: “Le musiche, le ho scelte sulla base di ciò che mi piace ascoltare e come immaginavo quel momento: mi piace la musica Anni ’80 e nella serie c’è il mio mondo musicale ma anche quello più generazionale, da Tiziano Ferro a Manu Chao. Il pezzo di Ron arriva dopo un brano di un cantautore che ci ha negato il proprio: così c’è stato un lungo momento in cui tutti s’era concentrati a cercarne uno che fosse conosciuto, popolare, romantico, e stridesse con il carattere punk del resto, e Ron s’è rivelato abbastanza perfetto!”. 

Nicole Bianchi
18 Ottobre 2021

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