Frank Miller: il genio è servito

Frank Miller, classe 1957, disegnatore, sceneggiatore e regista statunitense, è considerato uno dei fumettisti americani più importanti e influenti dell'epoca contemporanea


Frank Miller, classe 1957, disegnatore, sceneggiatore e regista statunitense, è considerato uno dei fumettisti americani più importanti e influenti dell’epoca contemporanea. Dotato di uno stile molto vicino a quello dei film di genere noir, è creatore della serie Sin City da cui sono stati tratti dei film da lui in parte diretti, ed è noto anche per aver portato, insieme ad Alan Moore e al suo Watchmen, atmosfere cupe e tematiche adulte nello sfavillante mondo dei supereroi  delle origini. In questo senso sono fondamentali le sue storie su Daredevil, la creazione di Elektra per la Marvel Comics, e le storie Batmanː Anno uno, Batman: Il ritorno del Cavaliere Oscuro e Batman: Il cavaliere oscuro colpisce ancora, realizzate per la DC Comics, ma altrettanto memorabile è la sua rivisitazione del mondo classico con la battaglia delle Termopili rivista in 300 e nel successivo Xerses, anche questi fonte di ispirazione per il celebre film di Zack Snyder e il suo seguito 300 – L’alba di un impero.

Nell’Incontro Ravvicinato alla Festa del Cinema di Roma Miller parla della sua carriera e dello stretto rapporto che lega cinema e fumetti, introducendo il documentario Frank Miller – American Genius di Silenn Thomas, che ripercorre la sua lunga e onorata carriera, dagli inizi a Olney nel Vermont fino a Hollywood, dai fallimenti e dalle tendenze autodistruttive fino alla celebrità, analizzando l’influenza di Miller in ogni ambito, non solo artistico ma anche culturale e politico. Si ricordano ad esempio la sua graphin novel Holy Terror!, inizialmente pensata per Batman e poi diventata soggetto a sé, reazione piuttosto decisa e controversa agli attentati dell’11 settembre.

“Anche se non facciamo volutamente politica – dichiara Miller – la facciamo. Si tratta di usare le proprie conoscenze e la propria intelligenza per rendere i fumetti potenti, e non fare solo quello che tutti si aspettano che si faccia”. 

“Quando disegno sono in un mondo tutto mio, non ho bisogno di nessuno, ho il totale controllo artistico e stilistico del lavoro, ma evito tutti. Dirigere un film, invece, è un’esperienza di totale collaborazione, dove devi affidare la tua visione nelle mani di decine di persone, anche se alla fine quelli che renderanno vivi davvero i personaggi sono solo gli attori e la capacità di disegnare per loro quello che voglio che facciano mi facilita i rapporti regista/attore”, dice Miller in un’intervista a ‘Ciak’, raccontando anche il suo rapporto con il cinema: “quando mi chiamarono come consulente di RoboCop 2 e 3, è stata un’esperienza traumatica. Senza Robert Rodriguez suo compagno di regia in Sin City – non mi sarei più avvicinato al cinema. 300 di Snyder è un ottimo lavoro e Il Cavaliere Oscuro di Nolan è suggestivo ma, oltre ad aver scelto il titolo del mio fumetto, non ha molto a che fare con me. Forse avrebbero dovuto intitolarlo Joker, vista la grande performance di Heath Ledger”.

“Anche l’ultimo con Pattinson – ha aggiunto Miller in conferenza – dal trailer, sembra molto carino. E’ piuttosto serioso a anche Catwoman sembra grande. Penso che semplicemente andrò al cinema a vederlo sperando che sia buono. Se dovessi pensare a un interprete per il mio Batman anziano, mi piacerebbe che fosse un attore mai visto. Io gli facevo usare un sacco la voce, lo immaginavo un po’ come Arnold Schwarzenegger”.

A RoboCop Miller è molto legato. Se da un lato il primo film di Verhoeven è certamente molto ispirato al milleriano Cavaliere Oscuro, con la tv che interrompe incessantemente l’azione tra annunci improbabili e assurde pubblicità, Miller non solo ha fatto da consulente ai seguiti – senza particolare successo, soprattutto a causa di contrasti con il volere degli studios – ma ha ripreso il personaggio in una serie di fumetti ispirata alla sua originale idea per RoboCop 2 e soprattutto nel crossover che tutti avrebbero voluto vedere, ma non è mai arrivato su schermo: RoboCop Vs. Terminator.

Tra i suoi registi di riferimento cita “Stanley Kubrik, Federico Fellini, Fritz Lang, ma anche Frank Capra. Quello da cui però ho imparato tutto nella pratica quotidiana è stato Rodriguez, che per me è come un fratello ritrovato dopo essere stati separati alla nascita: Robert è in grado di seguire ogni passaggio: regia, riprese, effetti speciali, colonna sonora, montaggio, visto che fa tutto lui! Con The Spirit  – primo film da lui interamente diretto, tratto dai fumetti di Will Eisner – invece, ho scoperto che non riuscivo a dormire più di un paio d’ore al giorno: quando non giravamo, disegnavo continuamente, ma era bello. Il fatto che Eisner non fosse più vivo ha impedito che passassi tutto il tempo a discutere con lui su ogni passaggio, ma sentivo il suo spirito aleggiare intorno a me in ogni momento”.  

“Ci siamo incontrati sul set di 300 di cui ero produttrice esecutiva – racconta la regista in perfetto italiano – e mi ha sempre chiesto di lavorare insieme. Io vengo dal cinema e non leggevo i fumetti da piccola. I fan me lo chiedevano e Frank disse che se lo avessi fatto io avrebbe partecipato a un documentario. E’ stato fatto per chi lo conosce dai comics ma anche per gli altri. Ho fatto il documentario che avrei voluto vedere, proprio perché non conoscevo i fumetti e ho scoperto un mondo incredibile, una nuova forma d’arte e narrazione. Frank ha iniziato a lavorare con la Marvel a 19 anni e le opportunità hanno cominciato a moltiplicarsi, e piano piano Frank è diventato più audace, combinando scrittura e disegno per offrire qualcosa di nuovo nel mondo dei fumetti, guadagnando terreno e libertà. E’ un viaggio e affascinerebbe qualsiasi regista. Anche se non leggo fumetti era un’importante opportunità narrativa”. 

“Ho avuto un’ottima guida in Silenn per tutto il progetto – dice Miller – ci siamo consultati spesso ma lei aveva la sua storia da raccontare. Così parliamo del mio lavoro, se lavoro su Sin City è roba mia, ma se lavoro su Batman sono come un dipendente. Lavora per una compagnia. Però mi dicono ‘vediamo cosa sai fare con il nostro giocattolo'”. 

Si parla anche di una storia rimasta interrotta, ‘All Star Batman & Robin’: “Sono stato dietro a questi personaggi per un sacco di tempo, ma in quella storia ho cercato uno sguardo fresco, come se fossero appena nati. Mi sono chiesto perché un pazzo dovrebbe conciarsi proprio come un Jolly delle carte così orribile e fare cose così particolari. E perché un uomo tra i più intelligenti del mondo dovrebbe vestirsi da pipistrello? Come sarebbe la sua vita? Ho pensato che Batman, più intelligente di tutti, potesse essere fuori controllo. Nessuno poteva fermarlo. Era più veloce di tutti, li serviva qualcuno che preservasse la sua sanità e l’incontro con Robin ha questa funzione. Lo rende più responsabile e paterno”. 

Sulla questione femminile: “Per me non è una novità, nei fumetti. Quando ero ragazzino leggevo Superboy e la Legione dei Supereroi, dove c’erano un sacco di eroine femmine. Così come in Superman e Batman, ma ora possiamo rendere i personaggi femminili centrali. E soprattutto ci sono molte fumettiste donne, in particolare in Giappone”. 

Ma perché i fumetti sono ancora così vivi e seguiti? 

“I fumetti sono morti almeno due volte nel corso della mia vita. Sapete com’è… i lettori sono un po’ melodrammatici. Vedono ovunque la fine del mondo ma la fine del mondo è un argomento da fumetto. La prima volta è stata con l’arrivo della censura negli anni 50. Si bruciavano addirittura fumetti in pubblico, erano considerati istigatori di delinquenza. E poi nei 60, quando ci fu una crisi economica. Ma i fan trovano il modo di tenersi vivi, e i fumetti trovano i sistemi più inusuali per raggiungere il pubblico. C’è un sistema distributivo eccezionale”. 

Andrea Guglielmino
22 Ottobre 2021

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