‘Fellini, Simenon’, un’affinità elettiva nel nome di Jung

‘Fellini, Simenon’, un’affinità elettiva nel nome di Jung


Carissimo Simenon Mon Cher Fellini: il carteggio tra i due autori ha “permesso di sentirsi come testimoni in presa diretta e di parlare dell’opera felliniana dall’angolazione dei dubbi e delle ansie” come il Maestro di Rimini scrive “al suo fratello d’arte”: con queste parole Giovanna Ventura, regista del documentario Fellini, Simenon – Con Profonda Simpatia e Sincera Gratitudine, spiega lo spunto che ha dato anima al film, realizzato con la collaborazione di Katia Nobbio e Gianluca Russo, prodotto da Rai Movie, che domani – domenica 24 ottobre – lo trasmette alle 13.05. 

“La visionarietà di Simenon su Fellini mi pareva il modo più giusto per omaggiare un genio del Novecento”, dichiara Cecilia Valmarana, responsabile del canale e vice direttore di Rai Gold. 

La dolce vita (1960) fu galeotta: Georges Simenon era infatti membro della Giuria a Cannes l’anno in cui il film di Fellini vinse la Palma d’Oro. “Un’opera di eccezionale vigore, che lascerà traccia. Ho scoperto un autore di straordinaria sensibilità. Fellini rappresenta rara sincerità, che non fa concessioni, fedele a se stesso. Per me Fellini ‘è’ il cinema”, commentò al tempo l’autore nato a Liegi – luogo in cui ha conosciuto e frequentato il circo e la sua magia, incanto che condivide con Federico -, come apprendiamo da una delle tante sequenze di repertorio che architettano la costruzione narrativa e visiva del documentario, che s’avvale anche di testimonianze contemporanee, in cui fil rouge è il poeta Valerio Magrelli, che parla di un comune “radicale anti-intellettualismo”, con entrambe le personalità predisposte “verso la magia del reale”. 

La prima missiva che il documentario sceglie è da Fellini a Simenon: era il 4 luglio 1960 quando il regista scrisse all’autore che sperava di incontrarlo all’imminente Mostra del Cinema di Venezia. E da qui il via all’andirivieni di penna tra due anime che si riconoscono fraterne, come scrive lo stesso Simenon in una pagina del carteggio: “…ritrovo le mie idee, non mi ero sbagliato circa le nostre affinità elettive”, continuando fino a scrivere che fosse certo di avere “un fratello da qualche parte”

Fellini, nel tempo, gli risponde ammettendo di sentire per la sua opera “soggezione e meraviglia” e di riconoscere, nella sua umanità, “un punto di riferimento che non delude”, così si rivolge apertamente al suo “maestro di vita e creatività”. Tra Fellini e Simenon – come s’apprende dallo scritto, e come il documentario con l’eloquenza delle immagini riesce a dar riverbero ulteriore all’eco delle parole sulla pagina cartacea – sussisteva un’ennesima affinità, la psicanalisi: il regista scrive allo scrittore che “ho saputo che anche lei ammira Jung”; l’autore gli risponde riferendo che aveva scoperto come il medico avesse tutti i suoi libri, riconoscendo anche come sapesse porre “al di sopra di tutto l’inconscio creatore”, che Simenon afferma di incontrare nella persona e nell’artista Fellini. 

Oltre a Magrelli, anche le testimonianze attuali di Carlo Verdone e Pupi Avati, e quelle d’archivio di Gigi Proietti – voce di Casanova, nel film -, Nino Rota, Ruggero Mastroianni, Peppino Rotunno e Nicola Piovani

Nicole Bianchi
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