La memoria di Lucy

Una figura straordinaria, quella di Lucy Salani, è al centro dell'emozionante documentario C’è un soffio di vita soltanto, il primo realizzato dei registi Matteo Botrugno e Daniele Coluccini


TORINO – Una figura straordinaria, quella di Lucy Salani, è al centro dell’emozionante documentario C’è un soffio di vita soltanto, il primo realizzato dalla coppia di registi Matteo Botrugno e Daniele Coluccini (Et in terra pax, Il contagio), che trasferiscono in questa avventura il loro amore per i personaggi e le storie di vita. 

Presentato Fuori concorso al Torino Film Festival nella sezione ‘L’incanto del reale’, il film, realizzato quasi interamente durante la pandemia, è un primo piano vibrante di Luciano/Lucy, la donna transessuale più anziana d’Italia, oggi 97enne. Sopravvissuta al campo di concentramento di Dachau – dove venne internata in quanto disertore dopo l’8 settembre – è una testimone speciale del Novecento. Aveva già avuto modo di parlare alla macchina da presa nel film di Gianni Amelio Felice chi è diverso del 2014, ma in C’è un soffio di vita soltanto (da un verso della stessa Lucy) si prende tutta la scena. Anziana e provata nel fisico ma dallo spirito intatto, racconta con sincerità e al tempo stesso con pudore tante sue esperienze dolorose ed estreme anche di emarginazione e persecuzione: non solo Dachau, dove è costretta a trasportare cadaveri, ma le molestie subite da un prete quando era ancora un bambino, però anche la gioia dell’esibirsi in abiti femminili, i suoi molti rapporti di affezione, tra cui quello con una figlia adottiva purtroppo morta. Consapevole della complessità di costruire un’identità al di là delle etichette, Lucy afferma convinta “chi l’ha detto che una donna non può chiamarsi Luciano?”. Dunque non ha voluto rinunciare al nome ricevuto dai suoi genitori e trascritto all’anagrafe nel 1924, l’anno della sua nascita.

La macchina da presa di Botrugno e Coluccini fa un passo indietro, lasciando scorrere il suo tempo quotidiano, anche con le sue lentezze, alla ricerca di un’intimità totale dove l’ascolto è la virtù fondamentale. “Abbiamo visto Lucy in un’intervista su YouTube – racconta Daniele Coluccini – è ci ha subito colpiti. Così siamo andati a casa sua a Bologna a prendere un caffè e quindi abbiamo cominciato a intervistarla e lei via via ci ha aperto il suo cuore. Siamo partiti dalla storia di Dachau, ma abbiamo scoperto una persona speciale con tante vite e tante personalità. Lei racchiude in sé la Storia del secolo scorso, ha avuto una vita difficile ma piena di gioia. E’ una persona fragile, con i suoi momenti di solitudine, osservarla adesso, in un corpo anziano, è stato un privilegio”. Aggiunge Botrugno: “Non volevamo fare un documentario classico ma cercare di andare a fondo nei suoi ricordi e seguirla nella sua quotidianità, anche con i piccoli incontri con i suoi amici. L’identità è elastica, fluida e Lucy ne è la dimostrazione”.

Lucy Salani, raggiante qui al TFF, racconta come sia stato non scontato dare la sua fiducia ai due registi. “All’inizio ho pensato questi sono i soliti rompi, poi mi sono accorta che avevano delle qualità e alla fine ho capito che ne valeva la pena”.

Tra i tanti temi del film anche la vita dopo la morte. Spiega Coluccini: “Nell’ultima scena che abbiamo girato, a Dachau, lei esprime tutta la sua saggezza di non credente, quel momento è stato quasi un miracolo”. “Lei è quasi un alieno – aggiunge Botrugno – e questo aspetto è venuto fuori nel corso delle riprese. E’ intrigata da altre forme di vita, da altri pianeti, ama il cinema di fantascienza, film come Avatar o Independence Day. E allora invece di utilizzare le solite immagini della seconda guerra mondiale e del nazismo, abbiamo scelto di dare una chiave poetica a ciò che dice, quando afferma di voler andare a vedere altre forme di vita. Lei è arrivata sul nostro pianeta e noi ne approfittiamo”.

La conclusione spetta a Vladimir Luxuria, direttrice del Lovers FF. “Tra le tante vittime dei campi di concentramento ci sono almeno 15mila omosessuali – ricorda – che venivano internati perché non facendo figli non contribuivano a diffondere la razza ariana. Ricordarli è importante, anche dal punto di vista artistico”.

C’è un soffio di vita soltanto, prodotto da Simone Isola, sarà in sala come evento con Kimerafilm il 10, 11 e 12 gennaio, quindi in onda su Sky e sui canali Rai.  

Cristiana Paternò
29 Novembre 2021

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