Riccardo Scamarcio: “L’ombra della censura”

Riccardo Scamarcio, insignito del Federico Fellini Platinum Award del Bif&st, è anche produttore de L'ombra del giorno di Giuseppe Piccioni, che interpreta insieme alla compagna Benedetta Porcaroli


BARI – Tutto esaurito al Teatro Petruzzelli di Bari per L’ombra del giorno, il film di Giuseppe Piccioni che racconta un incontro d’amore inconsueto e spiazzante tra una giovane donna che nasconde un segreto e un ristoratore conformista, reduce di guerra, claudicante per una ferita al fronte, un “cuore in inverno” chiuso in se stesso, ma anche capace di rimettersi in discussione grazie all’amore.

Siamo nel 1938, l’Italia è sempre più fascista e il baratro della guerra si avvicina pericolosamente. Anche in una cittadina tranquilla dove tutti si conoscono come Ascoli Piceno accadono fatti inquietanti, basta poco per essere accusati di antifascismo e finire in carcere, o peggio.

Piccioni, lui stesso marchigiano, è tornato nella sua città natale dove aveva girato il primo film Il grande Blek (1987), per realizzare un’opera che conferma la sua fama di autore sensibile, romantico e “fuori dal mondo” come dice il titolo di un suo celebre film con Margherita Buy. “Sono un regista inattuale – ha esordito parlando di fronte a una sala strapiena – parlare del passato per me è un modo per riflettere sul nostro mondo. Questa sceneggiatura è stata scritta prima della pandemia, poi ho trovato in quello che abbiamo vissuto ulteriori stimoli. Non è solo una storia d’amore e neanche solo un racconto sul fascismo”.

Riccardo Scamarcio, insignito del Federico Fellini Platinum Award del Bif&st, è anche produttore della pellicola che interpreta insieme alla compagna Benedetta Porcaroli (la scintilla è scoccata sul set). “Piccioni – esordisce l’attore pugliese – è il regista più giovane che io conosca, siamo amici, e ho trovato che questo copione contenesse un’idea politica bellissima. Abbiamo parlato di fascismo e di un’Italia sul piede di guerra, ma questo mi ha fatto pensare a una certa censura, alla latitanza degli intellettuali che esitano a prendere posizioni scomode nel nostro presente. Io stesso molto spesso non mi esprimo pubblicamente ma tengo certe opinioni per me, nel privato, un po’ carbonare. Oggi che ci sia una censura è piuttosto evidente, bisogna allinearsi. La discussione pubblica viene subito strumentalizzata”. E definisce L’ombra del giorno “un film politico e puro nella sua essenza”.

La giovanissima Porcaroli ha il ruolo di una donna in fuga, che trova lavoro nel ristorante di Luciano/Scamarcio. L’attrice sottolinea la grande umanità dei personaggi. “Spesso c’è semplificazione nel cinema italiano, ma qui invece sono raccontati conflitti profondi e molto complessi. Credo che il mio personaggio fosse stato scritto per una ragazza più grande di me, anche se nel 1938 a 23 eri già donna, chiamata a responsabilità grandi, a fare delle scelte”.

Sempre sui personaggi, aggiunge Scamarcio: “Hanno delle meschinità, dei difetti e dei limiti, ma l’autore è indulgente, li assolve. In questo Piccioni si muove nel solco di Ettore Scola, Fellini o Dino Risi”. A 42 anni e con 59 film al suo attivo, l’attore di Andria fa un bilancio positivo sia pure con qualche rimpianto. “Lavoro tantissimo, sono iperattivo. E mi piace produrre. Da quando faccio il produttore sono diventato un attore migliore”, afferma.

Piccioni approfondisce la costruzione del plot. “Come Velazquez mi piace avere un primo e un secondo piano, un dentro e un fuori. Così è come se vedessimo la propaganda e la rappresentazione del mondo in una vetrina, quella del ristorante. In Fuori dal mondo si parlava di scelte che hanno a che fare con l’eternità perché ormai viviamo in accampamenti provvisori. Nel mondo fascista anche l’ombra del dubbio era una colpa, mentre penso che il dubbio sia alla base della conoscenza e della democrazia. Chi la pensa diversamente da me rappresenta una garanzia di libertà”.

E il regista di Luce dei miei occhi ricorda come Ascoli sia medaglia d’oro della Resistenza. “Ho descritto l’entrata in guerra dell’Italia con una voce che arriva dall’alto e senza mostrare le adunate e le folle. Il fascismo in provincia non aveva le stesse caratteristiche che a Roma, la provincia dà maggior attenzione alla vita di tutti i giorni. Nel film assistiamo al consolidamento del regime che mostra le sue prime ombre e crepe, ed ecco perché il titolo”. 

“In questi anni – ha raccontato il regista, che è anche presidente della giuria del Bif&st – avevo sempre allontanato l’idea di tornare a girare nella mia città e questo un po’ per scaramanzia, poiché avendovi ambientato il primo film mi sembrava che avrei dovuto chiudere un cerchio e dunque la mia carriera di regista. Ma a dire la verità, la scelta di Ascoli è stata casuale. La prima sceneggiatura, infatti, era ambientata a Roma ma avevamo difficoltà a trovare la location adatta e poi Roma è una città difficile dove girare, per il rumore, il caos e anche per i costi produttivi. Poi un giorno mi trovavo ad Ascoli, seduto al Caffè Meletti, un locale dei primi del Novecento, e ho pensato che, per le sue caratteristiche, sarebbe stato perfetto per diventare il ristorante nel quale si svolge gran parte della vicenda narrata. Ho quindi chiamato Riccardo Scamarcio, che era subentrato a un precedente produttore, gli ho inviato delle foto, si è convinto e ha lasciato che rivedessi la sceneggiatura per adattarla al nuovo set. Penso che abbiamo fatto una scelta felice perché, con la provincia, la storia ha acquisito una dimensione più universale”.

E ancora Scamarcio, che per il personaggio di Luciano ha attinto a memorie di suo padre, parla delle sue scelte da produttore. “Riguardano e riguarderanno sempre e solo il cinema e più in particolare il cinema indipendente, artigianale, quello per cui non devo essere sottoposto ad alcun tipo di diktat. Non ho né la forza né le competenze per fare ‘il prodotto’ e non penso di voler produrre, ad esempio, per le piattaforme televisive”.

Cristiana Paternò
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