‘L’îlot’ di Tizian Büchi vince a Visions du Réel

La giuria del Concorso Internazionale Lungometraggi composta da Beatrice Fiorentino, Jessica Beshir e Jovan Marjanovic ha assegnato il Gran Premio a L’îlot, opera prima di Tizian Büchi


La prima edizione completamente in presenza dall’inizio della pandemia ha avuto una frequentazione al livello del 2019.

Nel 2020, nel bel mezzo del primo lockdown, Visions du Réel dovette spostare tutta la sua programmazione online, ampliando il suo bacino d’utenza su scala globale. Un anno dopo, la riapertura inaspettata delle sale a festival già iniziato portò a un evento ibrido un po’ improvvisato, con proiezioni fisiche aperte al pubblico negli ultimi giorni della manifestazione in parallelo all’offerta online (quest’ultima è rimasta anche quest’anno, ma con i film disponibili solo sul territorio elvetico, per venire incontro a chi risiede in Ticino e Svizzera tedesca e non poteva recarsi a Nyon).

Stando a un primo bilancio (i numeri definitivi arriveranno nei prossimi giorni), la 53ma edizione del festival documentario, tenutasi in presenza dal 7 al 17 aprile (con la sala online aperta ancora il 18 per gli ultimi recuperi), chiude con cifre paragonabili a quelle del 2019, l’ultimo anno prima della pandemia: circa 45.000 presenze in sala, tra accreditati, proiezioni per le scuole e pubblico pagante. Merito delle strategie di programmazione di Emilie Bujès e dei suoi collaboratori che, come da tradizione, hanno messo in piedi un programma variegato ed eclettico, che va incontro a tutti i gusti.

Un programma dove l’Italia ha avuto una posizione importante, a cominciare dal premio speciale assegnato a Marco Bellocchio, arrivato a Nyon con undici titoli, da I pugni in tasca a Marx può aspettare, passando per L’ora di religione e Vincere. Un programma che, come ci ha spiegato Emilie Bujès, puntava anche a rendere più nota l’opera del regista nelle regioni francofone della Svizzera, dove i suoi film sono meno visibili al di fuori di eventi speciali come la retrospettiva dedicatagli dalla Cinémathèque a Losanna nella primavera del 2011.

Dall’altro lato dello spettro della produzione di cinema del reale, nella sezione Latitudes che mette l’accento sulle forme contemporanee del documentario, c’era Yuri Ancarani con il suo Atlantide, uno dei grandi successi della stagione festivaliera 2021-2022 dopo l’esordio a Venezia lo scorso settembre. Gli avventori di Grand Angle, sezione dedicata al grande pubblico, hanno invece potuto scoprire in anteprima mondiale Il posto di Mattia Colombo e Gianluca Matarrese, ritratto dell’Italia ai tempi della crisi sanitaria.

Ma soprattutto c’è stata molta Italia nelle giurie, a partire da quella del Concorso Internazionale Lungometraggi dove la giornalista e programmatrice Beatrice Fiorentino era affiancata da Jessica Beshir, cineasta americana di origine etiope e messicana (il suo Faya Dayi vinse lo scorso anno), e Jovan Marjanovic, direttore del Festival di Sarajevo. Insieme hanno assegnato il Gran Premio a L’îlot, opera prima di Tizian Büchi, sulla vita nel quartiere di Faverges, a Losanna.

Massimo Lechi ha invece rappresentato l’Italia nella giuria FIPRESCI, insieme a Cristina Trezzini (Svizzera) e Inge Coolsaet (Belgio). La giuria dei critici, incaricata di premiare la migliore opera prima tra Concorso Internazionale Lungometraggi e competizione Burning Lights, ha scelto di ricompensare Steel Life di Manuel Bauer, sulle ingiustizie sociali in Perù ai giorni nostri.

Infine, lontano dalle serate di gala, s’è svolta tutta la parte Industry, con un’apposita giuria per valutare i migliori progetti, e tra i professionisti invitati per svolgere questa funzione c’era Carlo Chatrian, direttore artistico della Berlinale e profondo conoscitore di Visions du Réel, essendo stato selezionatore nei primi anni della gestione di Luciano Barisone. L’Industry, dal canto suo, ha chiuso con il 27% di partecipanti in più rispetto alla formula ibrida dello scorso anno, ribadendo la forza dell’elemento in presenza per gli eventi cinematografici.

Max Borg
19 Aprile 2022

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