Il taccuino inedito di Fantin riporta sulle vette del K2

Una mostra, un documentario in anteprima mondiale, il restauro di K2 da parte de L'Immagine Ritrovata: il 70mo TrentoFF omaggia Mario Fantin


TRENTO – Il K2 in una stanza. La Torre Mirana di Trento (dal 29 aprile al 14 maggio) ospita l’impresa e la vita di Mario Fantin, pioniere del cinema di montagna, con la mostra Senza posa. Italia K2 di Mario Fantin. Racconto di un’impresa

Ritrovato per caso in fondo ad un cassetto di famiglia, il taccuino originale e inedito su cui Fantin appuntò le riflessioni per il futuro film – durante l’ascesa al K2 a seguito della spedizione del ’54 verso i 6000 di quella cattedrale della Natura, seconda solo all’Everest – è il filo rosso dell’esposizione, moltiplicato in 6 versioni multimediali, con la riproduzione fedele della copertina che, sfogliabile, permette di visualizzare uno schermo digitale su cui s’incide la scrittura e s’impregna l’inchiostro, come dalla mano scrivente dello stesso Fantin. Uno scrigno, un taccuino come chiave narrativa, come accesso all’intimità, e un trade union tra il momento in cui veniva scritto e la fruizione presente, spiega il co-curatore, Mauro Bartoli: “Ci siamo concentrati su come allora l’operatore avesse deciso di raccontare l’impresa, concentrarci su quello che c’era nel ’54, le attrezzature dell’epoca, gli zaini pieni di pellicole, le macchine da presa a carica manuale, quelle fotografiche a rullino, con l’idea di girare immagini in situazioni incredibili ma alla cieca, scopribili cioè dopo settimane. L’impresa per noi doveva essere raccontata attraverso lo sguardo di Fantin e il titolo della mostra si basa proprio su questa idea: si può leggere come un lavoro instancabile di Fantin, che non si fermava nemmeno nelle situazioni più incredibili dal punto di vista atmosferico, con l’idea di non sapere se avrebbe mai avuto un’altra occasione; l’altra cosa sua tipica era di non metteva mai in posa nessuno, quindi le sue sono immagini colte nel momento in cui accadono. Questi due aspetti sono interessanti”.  

Da Bologna al Karakorum 2 (K2), tra Pakistan e Cina. Mario Fantin, dalla Pianura Padana, conquistato il diploma in Ragioneria, lascia da parte i numeri della matematica per inseguire quelli delle più strepitose altitudini montane del globo e scala con la sua 16mm, tanto da conquistarsi il soprannome di “cacciatore di immagini alpine”: accompagna la spedizione italiana guidata da Ardito Desio in ascesa verso un’impresa che ha fatto la Storia, di cui – in mostra – c’è anche esposta la tenda originale di Fantin, accuratamente “messa in scena” non come facile feticcio, bensì materia viva e testimone. 

“Di Mario Fantin abbiamo trovato una quantità pazzesca di materiale, ad esempio il racconto che lui fece delle sue esperienze in guerra, “1800 giorni di naja”, e lì troviamo già il Fantin che, in una situazione estrema, si concentra sulla documentazione, scrive, fotografa… a dimostrazione di un autore che cerca di testimoniare sempre qualcosa di straordinario, che è quello che abbiamo poi deciso di mettere anche nel mio film Il mondo in camera, che abbraccia tutto questo mondo che lui porta a casa con una macchina da presa” in cui è inclusa anche una parte biografica personale, non connessa alla montagna, infatti, “nel film raccontiamo la vicenda di un uomo che si concentra su due cose: narrare quello che si vive; e che il racconto diventi memoria collettiva. Fantin ha l’idea che se non racconti quello che avviene di importante tutto scompaia, quindi la sua domanda è: ‘cosa rimane dell’esperienza? Cosa rimane della vita di un uomo? E la sua risposta è raccogliere le informazioni – fotografare, riprendere, scrivere – per realizzare un archivio un domani collettivo. Nel film raccontiamo questa idea che lo accompagna sin da ragazzo e fino all’ultimo giorno, quando nella sua casa, trasformata in un enorme archivio, decide… di andarsene”, morendo suicida

La 70ma edizione del Trento Film Festival, “casa” per Fantin, che ha partecipato sin dalla prima edizione nel ’52, omaggia l’uomo, l’alpinista, il regista e il sognatore, e lo fa con un programma dedicato, in cui spiccano la mostra suddetta e la presentazione della prima assoluta del restauro di Italia K2 (1955), il film del Club Alpino Italiano, regia di Marcello Baldi, a cui Fantin partecipa curando la “documentazione cinematografica” della parte alpinistica. Il restauro in 4K è stato reso possibile dalla Cineteca di Bologna, presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata, in collaborazione con il Centro di Cinematografia e Cineteca del CAI e con il sostegno del Ministero della Cultura: il Club ha messo a disposizione il reversal – per le cui parti mancanti è stato realizzato un interpositivo – e il negativo colonna originali; per il grading è stata usata come riferimento una copia d’epoca 35mm, conservata dalla Fondazione. 

Come sono epiche e evocative le musiche di Teo Usuelli nel film del ‘55, con l’esecuzione dell’Orchestra Stabile dell’Accademia di Santa Cecilia, a portare indietro nel tempo e dentro nel mito, sul suo crinale, nel vedere e non vedere la roccia che fa capolino sotto il manto immacolato della neve lì baciata dal “ cielo d’azzurro fuso”, spruzzato qua e là dal verde di ciuffi d’erba, così anche il suono – insieme al taccuino – è il fil rouge della mostra, come spiega l’altro curatore, Claudio Ballestracci (Lab Film): “Fantin fa le riprese sul K2 ma non ha apparati per registrare l’audio, quindi tutti i suoni in mostra, ma anche nel film del ’55, sono stati riprodotti in studio, a seguire; tutti i suoni in mostra sono in parte tratti dal film originale, in parte creati da Marco Mantovani, musicista riminese. L’idea è quella di partire dalla documentazione del taccuino, dall’alba delle prime pagine, fino all’ultimo scrigno, che è un tramonto, creando un discorso legato al suono, connesso a una cronologia del tempo. L’idea è quella di creare una colonna sonora sulla lettura dei disegni, immagini originali e statiche, che si muovono solo nella formazione della calligrafia di Fantin”. 

È imperante e imponente il “superbo anfiteatro” del K2 sul grande schermo e in mostra, eppure quanto mai prossimo e accarezzabile, così ci illude l’occhio della cinepresa e il gioco del cinema di Fantin; fino alle cime del creato, con la “gioia di conquistare la montagna passo passo”, quelle “cattedrali, montagne che fanno pensare alle Dolomiti, ma sono di granito e superano i 6000 metri”, come recita un passaggio dell’antico film, lì dove sembra incredibile radersi il viso o ricevere una lettera, eppure, come mostrano altre immagini di Fantin, gli uomini della missione non perdono il contatto con la realtà nemmeno in queste lontanissime terre da primato. 

La Cineteca di Bologna, il FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano (proprietario del Fondo Monzino) e il Museo Nazionale della Montagna “Duca degli Abruzzi” – CAI Torino (proprietario dell’Archivio Fantin) hanno collaborato per un ampio restauro di più film realizzati da Fantin: 9 in particolare sono presentati a Trento 2022. 

“L’idea è che la mostra, da qui poi, giri: il ‘primo campo’ è qui a Trento, ma le sezioni del CAI – con cui nasce il progetto – che volessero ospitarla lo potranno fare, sperando anche possa viaggiare fuori dall’Italia. L’idea è che con la mostra e i film si possa parlare di un uomo che ha dedicato la vita per lasciare a noi la testimonianza di un mondo che oggi non esiste più e che possiamo trovare solo nelle sue immagini”, conclude Bartoli. 

29 Aprile 2022

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