Pietro Marcello: “Le vele scarlatte è un film-femmina”

Il suo terzo film di finzione in selezione alla Quinzaine: protagonista la promettente e debuttante Juliette Jouan, accanto a Raphael Thiery, Yolande Moreau e Louis Garrel. 01Distribution


CANNES – Una profezia: giungerà un giorno in cui le vele scarlatte arriveranno a portarla via dal suo villaggio. La destinataria di questo messaggio è Juliette (Juliette Jouan), bambina/ragazza che vive nel settentrione francese col suo papà, Raphaël (Raphael Thiery), che la cresce, solo, in una dimensione agreste: lui, uomo, padre e soldato, sopravvissuto alla Prima Guerra mondiale. 

“Ho una fascinazione per la letteratura russa, possiede autori tra i più elevati”, dice Pietro Marcello de Le vele scarlatte (L’envol), sua terza opera di finzione da regista, in selezione nella Quinzaine des Réalisateurs 2022, presentata presso l’Italian Pavilion a Cannes, dando così il via ufficiale alle attività che – fino alla fine della manifestazione francese – saranno quotidianamente ospitate dalla “casa del cinema italiano”. Nel romanzo di “Alexander Grin – da cui il film è adattato – c’è la figura del principe azzurro, noi l’abbiamo distrutto in favore di un film moderno: una sorta di Miracolo a Milano per una comunità allargata. Credo di essermi emancipato anche io con questo film: è un film profondamente femmina, per l’arrivo dell’uomo moderno, anche se il film è in costume”.

La musica, il canto, appassionano l’anima di Juliette, fanciulla solitaria, alla ricerca della magia della vita, che incontra, un’estate, quando sulla sua via dialoga con una vecchia e dolcissima maga (Yolande Moreau) dai bianchissimi, soffici e arruffati capelli, che le fa la promessa in cui lei non smetterà mai di credere: “…il re dei rospi… mi ha detto che in paese alla magia non credeva più nessuno. Non cantava più nessuno, a parte te. … Le vele sono magnifiche – le dice, restituendole, di mano in mano, la nave di legno costruita dal suo papà. Quando diventerai una bella ragazza, un giorno, vedrai in cielo delle vele scarlatte. Saranno venute per te. E volerai via con loro verso un paese lontano. Un paese magnifico. Ogni cosa che immaginiamo è possibile, piccola mia. I sogni… possono diventare realtà. Vedrai…”. 

Juliette è affamata di vita: la promettente interprete – seppur il tono della vicenda qui sia tutt’altro – pare aver l’eco della curiosità e dell’incanto della Dorothy cinematografica de Il mago di Oz (Victor Fleming, 1939), ma “mio unico riferimento per il personaggio di Juliette è stato il carattere della Juliette interprete. Il peggior provino ricevuto è stato proprio quello di Juliette, una ragazza annoiata che suonava il suo pianoforte: io sono rimasto colpito. Mi ha colpito la sua solidità e anche in scrittura l’ho riportata. Il binomio con (l’altro mio film) Martin Eden, che comincia con Louise Michel, c’è quando lei finisce trasponendo L’Hirondelle: non era cosa cercata in scrittura, ma avvenuta durante la lavorazione, una predisposizione che credo di portarmi dal documentario e che spero di non perdere mai; è un po’ l’aspetto alchemico del cinema”. Comunque, per il ruolo del padre e in generale: “Non credo di avere modelli”, afferma Marcello. “Raphael Thiery è stato scelto dopo cinque minuti, per la sua autorevolezza. Avevo bisogno di un papà solido per Juliette”. Personaggio, quest’ultimo, di cui la sua interprete racconta: “È la mia prima volta al cinema, il mio primo casting. Quindi, tutto nuovo per me, un’esperienza molto formativa. Quello che Pietro chiede a ciascuno è di adattarsi alla situazione e questo è alla base di quello che emerge dalla narrazione: ci siamo sentiti completamente liberi”. Come conferma Thiery, per cui: “È stato un lavoro nuovo grazie al modo unico di lavorare di Pietro, basato sull’istinto, sulla situazione in un determinato momento, con la storia in filigrana: per Pietro, girare significa cogliere lo stato degli attori in quel momento. Con questo suo modo, la consapevolezza dell’immagine trasmette qualcosa di unico. Sempre in un clima di quiete e tranquillità, senza fatica nel trovare la direzione del personaggio”. 

L’autore piega di aver “soggiornato in Francia per due anni, per motivi famigliari. Mi è stato proposto il romanzo di Grin, autore dissidente, morto in Crimea, e sono rimasto innamorato di questa novella. Così mi sono ritrovato a Parigi a prepararlo, è stato un percorso nuovo, una vera avventura: parlavo malissimo francese ma, dopo un Istant Movie, realizzato in un anno e mezzo, siamo a Cannes. In parallelo si sono svolti i casting, Juliette è stata scelta in un casting selvaggio, tra mille ragazze: venendo dal doc sono abituato all’imprevisto”. 

Ne Le vele scarlatte c’è fiaba e c’è dramma, c’è poesia narrativa e visiva – da notare, la suggestiva sequenza in cui Marcello infila sequenze di fiocchi di neve, ali di farfalla, rugiada, trucioli di legno, creati dallo scolpire il legno da parte del papà; come la pittorica e onirica scena in cui Juliette dialoga con “madame la pie”, la gazza, che si posa dinnanzi alla sua finestra -, e c’è tragedia, quella del suono della guerra appena alle spalle, quella del destino di orfana e vedovo, ma l’autore, con delicatissimo tocco, amalgama tutte le cromie della narrazione con sapienza, equilibrata discrezione, affascinante timidezza ma, altrettanto, con un affondo deciso e toccante per il destinatario, il pubblico: “Io sto in macchina, la amo, senza mi sento un nulla. Il metodo è stato lo stesso di Martin Eden ma qui c’è stata una danza con il direttore della fotografia, Marco Graziaplena, con cui ho lavorato in stato di grazia: mi ha seguito nel contrappunto della macchina a mano, voluta per non creare un film accademico”, chiosa Pietro Marcello, la cui opera si annuncia in uscita in Italia il prossimo autunno, distribuita da 01 Distribution

Nicole Bianchi
17 Maggio 2022

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